La polemica era già scoppiata un anno fa, quando alcuni siti avevano pubblicato dati secondo i quali in diversi Stati del Brasile i percettori del programma Bolsa Familia (l’equivalente del nostro reddito di cittadinanza) erano di più dei lavoratori con contratto regolare. Quella si rivelò una fake news, anche perché – come avviene da noi – si può essere allo stesso tempo beneficiario dei sussidi e impiegato, e dunque i dati si sovrappongono. È però assolutamente vero quanto ha rilevato il quotidiano Folha de Sao Paulo poche settimane fa, e cioè che in quasi un quarto dei Comuni brasiliani, per la precisione in 1.211 municipi, i percettori di Bolsa Familia superano di oltre il 10% la stima delle famiglie in condizione di povertà, stando ai dati ufficiali forniti dallo stesso governo Lula, giunto a metà mandato.
Bolsa Familia: dubbi sui numeri e squilibri nella distribuzione degli aiuti
In realtà i numeri assoluti quasi coinciderebbero: 20,6 milioni di famiglie con un reddito mensile di massimo 218 reais a persona (circa 50 euro), 20,5 milioni di beneficiari di Bolsa Familia. Ma andando a scavare città per città, ci sono delle incongruenze, determinate soprattutto – secondo l’inchiesta del quotidiano – dall’esplosione di famiglie registrate come unipersonali quando invece non lo sono. Questo significa che accade anche il contrario: porzioni di territorio in cui diverse famiglie povere non vengono intercettate e non ricevono gli aiuti stanziati dal Ministério do Desenvolvimento e Assistência Social, Família e Combate à Fome. Il programma Bolsa Familia ha da poco compiuto 20 anni: fu istituito da Lula in occasione del suo primo mandato, nel 2003, e oggi costa allo Stato circa 170 miliardi di reais l’anno, pari a quasi 30 miliardi di euro, per un assegno medio di 684 reais al mese a famiglia. Rispetto a prima della pandemia, il sussidio costa cinque volte di più e raggiunge 7 milioni di famiglie in più.
L’irregolarità degli aiuti pone un problema non solo etico ma sociale, visto che i soldi distribuiti potrebbero finire nelle mani di famiglie non così povere e che, in ogni caso, molto spesso non bastano nemmeno per raggiungere il salario minimo, che in Brasile nel 2025 è salito sopra i 1.500 reais al mese, meno di 300 euro. Il Paese sudamericano è tra quelli con le disuguaglianze economiche più accentuate nel mondo: secondo il Global Wealth Report della banca svizzera Ubs, continuano ad aumentare i super ricchi e ormai praticamente la metà, il 48%, della ricchezza complessiva è nelle mani dell’1% della popolazione.