Quanto ci costa l’Imu? Dopo mesi di polemiche e rinvii, ancora nessuno è in grado di rispondere con precisione a questa domanda. Ormai però il tempo stringe: entro il 17 dicembre dovremo pagare il saldo della nuova e odiatissima imposta sugli immobili. Una stangata che si prevede molto più pesante di quella arrivata con l’acconto di giugno, perché comprenderà il conguaglio. In sostanza, dovremo pagare anche la differenza fra quello che abbiamo pagato con l’acconto e quello che avremmo dovuto in base alle nuove aliquote stabilite dai Comuni.
I calcoli come sempre non saranno facili e stavolta andranno fatti anche di corsa. Le amministrazioni municipali hanno tempo fino a mercoledì prossimo per rendere definitive le loro decisioni. A quel punto saranno necessarie altre quattro settimane per la pubblicazione ufficiale e la trasmissione al ministero dell’Economia, che entro il 30 novembre si occuperà di render noti via web tutti i documenti indispensabili. Dopo di che arriverà il momento di metter mano al portafoglio.
Il rischio è che milioni di richieste d’aiuto sommergano in massa i Centri d’assistenza fiscale. Per questo la Consulta nazionale dei Caf ha scelto di lanciare un Sos preventivo: il presidente Valentino Canepari ha chiesto uno slittamento del termine al 31 dicembre, segnalando che fin qui appena 1.500 Comuni hanno comunicato tutti i dati utili per il calcolo dell’Imu.
“Non è possibile – ha risposto oggi il ministro del Tesoro, Vittorio Grilli – abbiamo bisogno di entrate quest’anno altrimenti sono a rischio gli obiettivi di deficit. Le scadenze sono quelle, lo Stato ha preso le sue decisioni”. Con buona pace di chi lavora nei Caf e soprattutto dei contribuenti, che in molti casi avranno bisogno di aspettare la tredicesima per riuscire a pagare l’imposta e quindi molto probabilmente si ridurranno all’ultimo secondo.
Ricordiamo che le aliquote standard sono fissate allo 0,4% per la prima casa e allo 0,76% per gli altri immobili (seconde case – comprese quelle all’estero -, case affittate, aree fabbricabili, terreni agricoli). Le oscillazioni a discrezione dei sindaci sono rispettivamente dello 0,2% e dello 0,3%. Sulla seconda abitazione, tuttavia, lo 0,38% andrà comunque allo Stato. E’ quindi ampiamente prevedibile che le amministrazioni locali alzeranno l’aliquota invece di abbassarla, in modo da ricavare un gettito consistente da tenere in cassa.
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