Come stanno le imprese italiane dopo un anno di pandemia? La fotografia scattata dall’Istat è preoccupante, con quasi un’impresa su due a rischio. La “mappa della solidità ” delle imprese prodotta dall’Istituto Nazionale di Statistica indica infatti che “circa il 45% di esse è strutturalmente a rischio”, il che significa che ”esposte a una crisi esogena, subirebbero conseguenze tali da metterne a repentaglio l’operatività”. Non solo, lo scorso novembre “quasi un terzo delle imprese considerava a rischio la propria sopravvivenza, oltre il 60% prevedeva ricavi in diminuzione e solo una su cinque riteneva di non avere subito conseguenze o di aver tratto beneficio dalla crisi”.
Questo quanto emerge dal Rapporto 2021 sulla competitività dei settori produttivi dell’Istat, che analizza anche gli effetti della crisi sanitaria sulle aziende.
Tra le imprese maggiormente in pericolo, spiega l’Istituto nel report, la maggior parte è attiva nei settori a basso contenuto tecnologico e di conoscenza. Sul fronte opposto, “solo l’11% risulta solido, ma spiega quasi la metà dell’occupazione e oltre due terzi del valore aggiunto complessivi”.
Ogni comparto ha reagito alla crisi in maniera diversa. Nel dettaglio, lo scorso anno il valore aggiunto è sceso dell’11,1% nell’industria in senso stretto, dell’8,1% nei servizi, del 6,3% nelle costruzioni e del 6% nell’agricoltura.
Per quanto riguarda il comparto servizi, le percentuali del calo sono a doppia cifra: -16% per commercio, trasporti, alberghi e ristorazione . A fare ancora peggio, nella manifattura, è il comparto del tessile, abbigliamento e calzature (-23%), seguito dai macchinari e mezzi di trasporto (-15%). In positivo invece gli alimentari (+2%) e il farmaceutico (+3,5%) rispettivamente).
La crisi indotta dal Covid ha “prodotto divisioni sul territorio, anche a causa dell’applicazione delle misure di contenimento su base regionale”, rileva ancora Istat, segnalando che risultano colpite tutte le Regioni, ma l’impatto più forte è al Centro-Sud con Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania e Sardegna ad “alto rischio combinato”. Le sei regioni considerate invece a rischio basso sono tutte al Nord: Piemonte, Liguria, Lombardia, Emilia-Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Provincia autonoma di Trento.