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Imprese pubbliche, quanto guadagnano i manager

Sono a capo di grandi aziende che hanno ancora un padrone pubblico: grandi imprese di Stato tra le quali big come Enel, Eni e Finmeccanica. E per le responsabilità che hanno possono arrivare a percepire anche stipendi a sei zeri. E alcuni di loro sono gli ultimi fortunati quanto a consistenza degli emolumenti, a ruota li seguono una serie di amministratori di società a maggioranza pubblica che, non figurando nel listino di Piazza Affari o non avendo emesso obbligazioni, sono rimaste bloccate nella tagliola delle norme stabilite da Renzi che ha fissato, nel 2014, lo stipendio massimo percepibile da chi le guida a soli 240 mila euro. Ecco il quadro di quanto i manager pubblici abbiano effettivamente guadagnato nel 2015 e, in qualche caso quanto dovrebbero prendere quest’anno, consultando i dati dei bilanci e quelli che, per la legge sulla trasparenza, sono disponibili al pubblico. I più ricchi come ovvio sono gli amministratori delegati delle grandi aziende come Enel (l’ad Starace ha incassato lo scorso anno 2,72 milioni).

All’Eni, invece, l’ad Claudio Descalzi si è portato a casa tra fisso e variabile 2,43 milioni, mentre a Mauro Moretti capo della Finmeccanica (oggi Leonardo) sono andati 1,67 milioni. A seguire nella classifica l’ad di Poste Italiane, Francesco Caio che, nell’anno della quotazione, ha aggiunto alla parte fissa un compenso variabile per un totale di 1,44 milioni di euro. Anche Roberta Neri, nominata ad di Enav per seguire lo sbarco a Piazza Affari, ha cumulato alla remunerazione fissa di 410 mila euro un transaction bonus pari al 75% del fisso, suddiviso in due tranche uguali da assegnarsi la prima all’avvenuta quotazione (conclusa a fine luglio) e la seconda all’approvazione del bilancio 2016. Eventi che porterebbero i suoi emolumenti abbondantemente sopra i 500 mila euro.

Tra i più ricchi dirigenti d’Italia va menzionato anche il direttore generale della Rai, Antonio Campo dall’Orto, che quest’anno avrà una retribuzione lorda di 650 mila euro. In questo caso la possibilità di sforare il tetto dei 240 mila euro è legata al fatto che la società televisiva pubblica ha emesso bond. Anche Giuseppe Bono, ad di Fincantieri, quotata nel 2014, è da mettere nell’elenco dei fortunati con 735 mila euro di compenso fisso a cui sono da aggiungere altri 450 mila euro di incentivazione di produttività relativa al 2014. In totale dunque 1,185 milioni di euro.

Un assegno annuale di 607 mila euro è invece il compenso fisso per la carica e le deleghe di Fabio Gallia (amministratore delegato della Cassa Depositi e Prestiti). Un importo al quale andrebbero aggiunti circa 215 mila euro messi in bilancio sotto forma di retribuzione variabile.

Tutti gli altri sono sotto la fatidica soglia di 240 mila euro. Con qualche malumore. Domenico Arcuri, ad di Invitalia, ha chiesto più volte al Tesoro di poter emettere obbligazioni ma finora le sue richieste non sono state esaudite e il suo compenso annuo si ferma sotto il tetto dei 240mila euro.

Da segnalare tra le curiosità Vieri Ceriani nominato ad della Sose, società che si occupa degli studi di settore, e che svolge l’incarico a titolo gratuito. E l’ad di Ferrovie, Renato Mazzoncini, il cui stipendio non è rintracciabile né sul bilancio né sul sito.

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