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Imprese pubbliche locali, Nord vs Sud: nel Mezzogiorno sono più piccole, meno capitalizzate e investono meno

Imagoeconomica

Nelle ultime settimane, a causa del via libera all’Autonomia differenziata, si susseguono i confronti da Nord e Sud allo scopo di capire se la nuova legge amplierà davvero i divari già esistenti o se, come sostiene la maggioranza, “non cambierà nulla”.

In questo contesto potrebbe essere utile un report pubblicato dalla Banca d’Italia la settimana scorsa dal titolo “Le imprese partecipate dalle amministrazioni locali un confronto tra Mezzogiorno e Centro Nord”.

Il rapporto di Bankitalia mette nero su bianco che “le partecipate con sede nel Meridione sono mediamente di dimensioni più ridotte e hanno un numero di enti partecipanti inferiore a quelle del Centro Nord. Dall’analisi dei bilanci emerge inoltre che sono caratterizzate da una minore capitalizzazione, risultati reddituali inferiori e una più bassa propensione all’investimento”.

Tutti i numeri delle imprese partecipate locali

Nel 2019 in Italia erano presenti 7.374 imprese pubbliche locali, 5.469 al Centro Nord, 1.915 al Sud e nelle Isole. “Quelle con sede nel Mezzogiorno, circa un quarto del totale, risultavano inattive in più di un terzo dei casi”, sottolinea via Nazionale.

Dall’analisi condotta dalla Banca d’Italia si evince che le imprese localizzate nel Mezzogiorno sono più frequentemente di piccole dimensioni (oltre il 50 per cento) e molto raramente di grandissime (meno dell’un per cento), con l’eccezione del settore idrico. Delle 29 imprese nazionali con attività superiori al miliardo di euro solo tre sono meridionali, delle 18 quotate in mercati regolamentati solo una. Il divario dimensionale tra Centro Nord e Mezzogiorno è più marcato nelle utilities, ed in particolar modo nelle multiutilities, il cui valore della produzione medio al Centro Nord supera i 100 milioni mentre al Sud e Isole si ferma a 14.

Sotto il profilo economico-patrimoniale la profittabilità netta delle imprese meridionali è significativamente inferiore a quella del resto del Paese (4,5 rispetto a 7,5). Il divario negativo tra le due aree è dovuto principalmente alla peggiore efficienza operativa: l’incidenza del costo del lavoro sul valore della produzione è oltre il doppio rispetto al Centro Nord, compensato in parte dal minore costo per addetto.

“Gli indicatori di profittabilità e redditività peggiorano all’aumentare della quota di proprietà pubblica. In particolare, le imprese interamente pubbliche, molto presenti nel Mezzogiorno (68 per cento del valore di produzione) mostrano in entrambe le aree un’incidenza particolarmente elevata del costo del lavoro sul valore di produzione e minore patrimonializzazione. La quota pubblica di maggioranza connota al Centro Nord le imprese meno redditizie, mentre nel Mezzogiorno le controllate, solo nel comparto residuale sono più redditizie delle altre imprese partecipate)”, spiega la Banca d’Italia.

I dipendenti e gli investimenti 

Nel 2019 le imprese pubbliche locali attive partecipate da almeno un ente territoriale occupavano circa 340 mila dipendenti, che si aggiungevano ai circa 489 mila dipendenti degli enti territoriali. Mentre il numero di addetti afferenti alle amministrazioni meridionali è pari a poco meno della metà di quello nazionale, le IPL (imprese pubbliche locali ndr.)meridionali ne impiegano circa un quinto, facendo sì che nel complesso il Sud e Isole pesino circa un terzo dell’occupazione riferibile a livello nazionale al settore pubblico locale allargato.

Passando invece agli investimenti il divario è netto: “la spesa delle IPL è stata di gran lunga superiore nell’Italia centro-settentrionale rispetto al Mezzogiorno”, spiega Bankitalia, secondo cui “per quanto attiene al settore pubblico locale infatti, le erogazioni in conto capitale delle Amministrazioni risultano mediamente simili – pari complessivamente a poco meno di 230 euro pro capite nella media del periodo 2011-19”. Se invece si guarda alla spesa per investimenti erogata nei territori attraverso il comparto delle società a partecipazione pubblica locale “risulta invece significativamente differente tra le due macro aree: nelle regioni meridionali le IPL hanno investito risorse pari mediamente a 35 euro per abitante (720 milioni in termini assoluti), un valore di molto inferiore rispetto ai 185 euro pro capite del Centro Nord (dieci volte superiore in valore assoluto, a 7,3 miliardi). 

Le conclusioni di Bankitalia

Le analisi condotte, in sintesi, hanno mostrato che “oltre un terzo delle imprese partecipate da un’Amministrazione locale non è attiva, in quanto in liquidazione o cessata. Quelle attive sono di dimensioni più ridotte e meno presenti nei settori a redditività più elevata, come l’energia”, riassume Bankitalia. Non solo: “l’analisi dei bilanci ha evidenziato una minore capitalizzazione delle imprese meridionali, connotate da minore redditività e profittabilità, e peggiori risultati economici. Un’impresa in perdita o con limitati margini reddituali può avere difficoltà nel garantire la necessaria continuità operativa nonché l’economicità della gestione ordinaria, determinando spesso anche una minore qualità dei servizi erogati; inoltre, richiede un intervento finanziario da parte delle Amministrazioni partecipanti a copertura delle perdite o di ricapitalizzazione. La maggior presenza nel Sud e Isole di patrimoni insufficienti a coprire le perdite si combina con una maggior quota di Amministrazioni locali scarsamente in grado di intervenire finanziariamente a sostegno dell’impresa, in quanto presentano con maggior frequenza esse stesse situazioni di criticità finanziaria”, continua via Nazionale.

Se infine si confrontano due imprese di pari dimensioni, settore di attività e grado di patrimonializzazione, si scopre che quelle attive nel Mezzogiorno “sono meno produttive, anche perché maggiormente labor intensive, delle loro omologhe situate nel Centro Nord in tutti i settori analizzati, con la sola eccezione dell’energia, mentre hanno una minore redditività della gestione caratteristica nei settori energetico, dell’igiene, delle multiutilites e nei servizi non di rete. Inoltre, la spesa per investimenti erogata nei territori attraverso il settore pubblico allargato locale presenta “una situazione molto più sfavorevole nel Mezzogiorno, in ragione principalmente del diverso contributo fornito dalle IPL. A fronte, infatti, di una spesa delle Amministrazioni locali sostanzialmente simile, nelle regioni meridionali le partecipate hanno investito risorse pari a meno di un quinto delle loro omologhe del Centro Nord. La loro capacità di investimento è fortemente condizionata in negativo dalla minore dimensione e redditività. Ciò rappresenta un ostacolo alla crescita e allo sviluppo del territorio nel suo insieme”.

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Categories: Economia e Imprese