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Imprese e imprenditori in Italia: cos’è cambiato dopo la crisi

FOCUS BNL – Tra il 2008 e il 2015 le imprese italiane sono diminuite del 4,3%, soprattutto per il calo di quelle edili ed industriali, e restano mediamente più piccole di quelle francesi, tedesche e spagnole – Più di una nuova attività su due è senza dipendenti e la maggior parte dei nuovi imprenditori ha più di 35 anni

Imprese e imprenditori in Italia: cos’è cambiato dopo la crisi

Il consolidarsi della ripresa è un’occasione utile per valutare i danni e i cambiamenti che i lunghi anni di crisi hanno lasciato in eredità. In particolare, è interessante osservare lo stato del sistema delle imprese produttive in termini sia di struttura, sia di performance. Secondo l’Istat tra il 2008 e il 2015 (ultimo dato disponibile) il numero delle imprese in Italia è diminuito del 4,3% (-192.911 unità), in gran parte a causa del calo nel comparto delle costruzioni (-123.583 unità) e dell’industria (-61.651 unità).

I cambiamenti registrati negli anni della crisi non hanno determinato variazioni sostanziali nel peso delle singole classi dimensionali, né in termini numerici, né di contributo all’occupazione e al valore aggiunto complessivo. Nel confronto con gli altri paesi europei le imprese italiane risultano più piccole: a fronte di una dimensione media di 3,7 addetti nel nostro paese, se ne contano 4,5 in Spagna, 5 in Francia e 11,7 in Germania.

I dati del 2015 confermano una strutturale minore produttività delle imprese di piccola dimensione in tutti i comparti, e in particolare nell’industria. Il passaggio a classi dimensionali maggiori si associa a più elevati livelli di produttività (misurata come valore aggiunto per addetto), sebbene i divari tendano a ridursi (pur rimanendo considerevoli) tra medie e grandi imprese. Nella manifattura tra unità micro (1-9 addetti) e la fascia minore delle piccole (10-19 addetti) il valore aggiunto per addetto cresce del 65% circa. Nel passaggio dalla dimensione media alla grande la crescita della produttività si colloca intorno al 15%.

La dimensione continua a influenzare in modo rilevante sia la propensione a investire sia quella a esportare. Nel 2015 gli investimenti per addetto nelle imprese italiane sono saliti del 2% su base annua. La crescita si è avuta però solo grazie al contributo delle imprese medie e grandi. L’orientamento verso i mercati esteri si associa a un salto importante in termini di produttività: tra le esportatrici ogni classe dimensionale realizza un valore aggiunto per addetto del 40-55% superiore alle omologhe non esportatrici. Il divario maggiore si osserva tra le microimprese.

Nel 2015 375mila individui hanno avviato nuove imprese; nel 55,8% dei casi si è trattato di attività senza dipendenti. La maggior parte dei nuovi imprenditori ha un’età superiore ai 35 anni: uno su tre di quelli alla guida di nuove unità produttive con dipendenti ha oltre 50 anni.

Focus BNL dicembre 2017 (PDF)

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