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Imprese giovanili più ottimiste sul futuro: una su due prevede aumenti di fatturato nel 2023

Secondo l’indagine del Centro Studi Tagliacarne, le imprese giovanili però sono meno presenti all’estero e le scarse risorse economiche rischiano di frenarne la crescita

Imprese giovanili più ottimiste sul futuro: una su due prevede aumenti di fatturato nel 2023

Le imprese giovanili sono più ottimiste per il futuro rispetto alle loro colleghe “over 35”: fatturano, assumono e innovano di più, ma sono meno presenti all’estero e le barriere economiche rischiano di frenarne la crescita. È la fotografia scattata dal Centro Studi Tagliacarne che ha confrontato le loro aspettative di crescita per il 2023 e il 2024 tra le imprese guidate da giovani con quelle più “mature”.

Secondo l’indagine, – condotta su un campione di 4.000 imprese manifatturiere e dei servizi con una forza lavoro tra i 5-499 addetti – il 49% delle imprese under 35 prevede per quest’anno di aumentare il fatturato contro il 42% delle non giovanili. Anche per il 2024 le attese di crescita restano positive per il 43% delle imprese giovanili contro il 34% delle over 35. In aumento pure le previsioni occupazionali per il 31% delle imprese capitanate dai giovani per il 2023 (contro il 23%) e per il 23% del campione nel 2024 (contro il 18%). Anche perché sarà necessario dotarsi di personale qualificato per sfruttare al meglio gli investimenti in programma nella duplice transizione: tra il 2023 e il 2025, il 36% delle imprese under 35 intende investire contemporaneamente in digitale e green, contro il 28% delle colleghe più “anziane”.

Imprese giovanili meno presenti all’estero

Tuttavia, in termini di export le imprese giovanili mostrano un ritardo rispetto alle loro colleghe over 35: il 38% delle aziende under 35 esporterà nel 2023 a fronte del 45% delle non giovanili. E per il prossimo anno, pur se la presenza degli imprenditori giovani sui mercati stranieri è prevista in aumento, il gap “generazionale” all’estero resterà inalterata di 7 punti percentuali quando ad esportare sarà il 40% delle imprese giovanili contro il 47% delle altre. Ma al Sud la presenza delle imprese under 35 sui mercati esteri è ancora più bassa: nel 2023 esporterà solo il 26% e nel 2024 il 27%.

“La scelta imprenditoriale per i giovani è sempre più selettiva rispetto al passato e meno legata all’autoimpiego, come dimostra il calo di circa il 13% delle imprese under 35 registrato nell’ultimo decennio al netto dell’andamento demografico”. È quanto evidenziato da Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro Studi Tagliacarne, “anche per questo l’imprenditoria giovanile si proietta con maggior fiducia sul mercato. Tuttavia, queste imprese scontano assetti meno strutturati, e questo spiega anche la loro minore presenza all’estero che deve, invece, essere sostenuta perché pure per gli imprenditori giovani l’internazionalizzazione è una leva strategica indispensabile per crescere”.

Gli under 35 più positivi sulle vendite oltreconfine

Nonostante la minore presenza sui mercati stranieri, le imprese giovanili che esportano sembrano però avere una marcia in più: per il 2023 il 44% prevede aumenti delle vendite all’estero contro il 33% delle non giovanili mentre per il 2024 incrementi sono stimati dal 42% del campione (contro il 31%). Nel complesso, per aumentare le vendite oltreconfine, le imprese giovanili contano di utilizzare principalmente strategie improntate sulla qualità dei prodotti (42%) e investimenti in comunicazione e branding (24%).

Barriere economiche minano la doppia transizione

Saranno le imprese giovanili a investire di più delle altre nella transizione verde e digitale. Tra 2023 e il 2025, il 53% delle imprese giovanili investirà in green e il 48% in digitale (contro rispettivamente il 45% e il 41% delle over 35). Mentre il 36% delle imprese under 35 ha in programma di investire contemporaneamente in digitale e green.

C’è qualche ombra. Le risorse economiche insufficienti all’interno dell’azienda e i tassi di interesse elevati per l’accesso al credito rischiano di intralciare il loro cammino verso la transizione. Le barriere economiche sono un problema, infatti, per il 39% delle imprese giovanili che non intendono investire nella sostenibilità (contro il 31% delle non giovanili) e per il 45% che prevede di non fare investimenti 4.0 (contro 29% delle altre).

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