Il Senato è alle prese con un marchio collettivo, di proprietà dello Stato italiano, registrato e volontario di cui potranno dotarsi le imprese italiane. E’ il cosiddetto “Italian Quality”, previsto da un disegno di legge a prima firma della vicepresidente del Senato, Valeria Fedeli (Pd), e sottoscritto da oltre 30 senatori di diversi gruppi, tra cui Fi-Pdl e Lega. Gli obiettivi sono: il rilancio dell’export, la tutela dei prodotti italiani e dei consumatori.
Il disegno sarà assegnato alla commissione Industria che procederà con un metodo di consultazione e provvederà, come spiegato da Fedeli, anche a “uno studio di impatto per capire il valore aggiunto che il marchio potrà dare al sistema manifatturiero”. La gestione del marchio, nella proposta, sarà affidata al ministero dello Sviluppo economico.
Ad un usufruire dell’ ‘Italian Quality’ potranno essere professionisti, artigiani e imprese che rispetteranno una serie di caratteristiche di produzione in Italia definite in appositi disciplinari di settore. Inoltre, come specificato da Fedeli, che abbiano il “domicilio fiscale in Italia”. Previsto anche un sistema di controlli e sanzioni.
Il co-firmatario e presidente della commissione Industria di Palazzo Madama, Massimo Mucchetti (Pd), ha assicurato “l’impegno della Commissione a procedere in tempi rapidi ma ascoltando davvero tutti. Il Ddl costituisce la base di ragionamento del provvedimento finale”. Il varo del provvedimento dovrebbe arrivare entro fine 2014, secondo quanto affermato dalla vicepresidente della commissione Industria e co-firmataria del Ddl, Paola Pelino (Fi-Pdl).
“Si tratta di un progetto estremamente sfidante, il rischio è però nella sua implentazione”, ha avvertito il viceministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda. E’ necessaria, sempre secondo Calenda, la più ampia consultazione e la più ampia valutazione.
Pensiero espresso anche dalla presidente del Comitato tecnico per la tutela del ‘Made in’ di Confindustria, Lisa Ferrarini, che ha evidenziato il rischio di costi e appesantimento degli oneri burocratici sulle imprese. Ferrarini ha poi avvertito che servono molte risorse, soprattutto per promuovere la comunicazione sul marchio nel tempo ed ha invitato a fare una valutazione del “rischio di impatto, in maniera approfondita e a 360 gradi”.
Il portavoce di Rete Imprese Italia, Luca Marco Rinfreschi, ha sottolineato anche lui la necessità di un “cammino abbastanza studiato” per arrivare ad un marchio di qualità che possa servire soprattutto alla filiera delle piccole e medie imprese ed ha invitato a prevedere tra i requisiti anche quelli relativi al mondo del lavoro per far “emergere le imprese sane di questo Paese”.