Torna a crescere, nel secondo trimestre del 2014, la corsa delle imprese di immigrati. Dopo un biennio in lieve diminuzione, il saldo tra iscrizioni e cessazioni è infatti tornato a salire superando le 7mila unità, pari al 44% del saldo complessivo delle imprese individuali nel periodo aprile-giugno (+16.103 unità). Considerando che le imprese individuali di immigrati rappresentano il 9,96% dello stock di tutte le imprese individuali operanti in Italia, il loro peso – più che quadruplo – sul saldo trimestrale ne fa capire l’importanza per garantire il necessario ricambio alla base imprenditoriale del paese.
Questa, in sintesi, la mappa aggiornata alla fine di giugno dell’imprenditoria di immigrati proveniente da paesi extra UE sulla base di Movimprese, l’indagine trimestrale condotta da Unioncamere e InfoCamere sui dati del Registro delle imprese delle Camere di commercio. Oltre alla componente data dall’imprenditoria extra-UE, il rimbalzo positivo del saldo del secondo trimestre 2014 si spiega grazie al rientro in scena delle imprese individuali condotte da italiani. Se nel 2013 il loro contributo al saldo si era ridotto a sole 761 imprese – appena l’11,2% dell’intero bilancio del secondo trimestre – tra aprile e giugno di quest’anno il bilancio delle micro imprese italiane è tornato ai livelli consueti: +8.160 unità, pari al 50,7% del saldo complessivo.
Il recupero è frutto di una robusta frenata delle chiusure (“solo” 39.345 contro le 50.165 del 2013, il 21,6% in meno rispetto allo stesso trimestre di un anno fa) che ha compensato la moderata contrazione delle iscrizioni (diminuite di 3.421 unità, il 6,7% in meno rispetto al 2013). La geografia delle imprenditoria immigrata continua ad indicare nel Marocco il paese in assoluto più prolifico di titolari di provenienza extraUE (62.676, pari al 19,3% di tutti gli imprenditori individuali immigrati operanti alla fine di giugno). Seguono più staccate la Cina (46.136, il 14,2% del totale), l’Albania (30.564, il 9,4%) e il Bangladesh (23.004, il 7,1%).
In particolare, gli imprenditori marocchini sono leader nel commercio e nei trasporti, dove rappresentano rispettivamente il 31,9 e il 15,8% delle imprese con titolare immigrato. Ai cinesi va la “Palma d’oro” in tre settori: attività manifatturiere (57,9%), alloggio e ristorazione (31,3%) e altre attività di servizi (27,1%), mentre gli albanesi dominano nel settore delle costruzioni (31,6%). I nati in Bangladesh, infine, sono gli imprenditori immigrati più presenti nelle attività di noleggio, agenzie di viaggio e servizi alle imprese (il 24,1% delle imprese di immigrati nel settore) e nei servizi di informazione e comunicazione (16,6%).
Da segnalare come la leadership degli imprenditori marocchini è il risultato di una diffusa presenza sul territorio nazionale. Infatti, sono i più numerosi tra gli imprenditori extra-UE in ben 11 regioni su 20, prime fra tutte la Calabria (dove sono il 55% di tutte le imprese di immigrati con sede nella regione) e la Valle d’Aosta (dove rappresentano il 35,3% dell’imprenditoria individuale extraUE). Nella classifica dell’attrattività regionale, la Sardegna si segnala per la prevalente presenza di imprenditori originari del Senegal (il 32,6%), il Lazio per quelli del Bangladesh (29,6%), la Toscana per i cinesi, (29,1%) la Liguria per gli albanesi (22,9%), il Friuli Venezia-Giulia per i vicini della Serbia-Montenegro (17,8%), la Lombardia per quelli originari dell’Egitto (15,3%). Unica regione a registrare la prevalenza di cittadini “figli” dell’emigrazione nostrana è l’Abruzzo, dove il primo paese di provenienza di imprenditori immigrati è la Svizzera (15,7%).