Il bisnonno Ray Woolley, veterano della seconda guerra mondiale (come radiotelegrafista per navi), ha stabilito il nuovo record di anzianità per un sub ricreativo. Ha battuto se stesso per la terza volta, fissando la profondità massima a 42,4 metri, la permanenza in acqua totale a 48 minuti e l’età a 96 anni.
Ma perché è un’impresa epica? I non addetti ai lavori potranno fare spallucce, pensando che si tratti solo di avere il coraggio di respirare sott’acqua e di vincere il senso di claustrofobia. E invece, chi va sott’acqua sa benissimo che la prima impresa è…mettersi la muta. Soffrono i giovani in questa fase, figuriamoci una persona di 96 anni! Ray Woolley ha scelto una muta umida, ovvero uno di quei rivestimenti, fatti di 5 millimetri di neoprene, che non scorrono sulla pelle, se non con tanta, tanta pazienza. Sì, perché a -42 metri, soprattutto nel Mediterraneo, il freddo ti toglie il respiro oltre i 20 metri.
C’è da dire che si tratta di una immersione ricreativa, cioè senza decompressione. Una toccata e fuga a quella profondità che tanto basta per poter dichiarare il limite massimo raggiunto. Anche perché, la tabella dei sub, che calcola il tempo limite di permanenza a quella profondità senza incorrere nel rischio di Patologia Da Decompressione, è di 8 minuti, non di più. Insomma, l’immersione è stata fatta a quote inferiori per tutto il resto del tempo. Una considerazione che nulla toglie all’impresa del signore inglese in funzione anche del rischio dovuto proprio alla sua età.
Ma cos’è la malattia da decompressione e perché un uomo anziano rischia di più di uno giovane immergendosi? E’ tutta una questione di fisica. La legge di Henry, infatti, stabilisce che la solubilità di un gas in un liquido è direttamente proporzionale alla pressione esercitata sul gas e sul liquido. Pertanto, la quantità di gas inerte (come ad esempio l’azoto contenuto nell’aria che respira un sub) che viene a trovarsi disciolto nel sangue e nei tessuti del subacqueo, aumenta all’aumentare della pressione. Più è elevata la profondità tanto maggiore sarà la pressione (a 40 metri la pressione è 5 volte quella che si trova sul livello del mare).
Durante la risalita, quando la pressione esterna diminuisce, si possono formare delle bolle di azoto in funzione di quanto è rapida la risalita. Queste bolle si possono formare in qualsiasi tessuto dell’organismo umano e causare sintomi locali, oppure il sangue può convogliare tali bolle fino ad organi importanti come il cuore, i polmoni o il cervello. Le bolle causano i sintomi della patologia da decompressione ostruendo meccanicamente i vasi, rompendo o comprimendo i tessuti o attivando la coagulazione del sangue e il meccanismo dell’infiammazione.
Insieme alla bassa temperatura, la disidratazione, l’eccessivo esercizio fisico, l’obesità e il forame ovale pervio, l’età è uno dei fattori che espongono maggiormente alla patologia da decompressione. Questo perchè le immersioni innescano reazioni fisiche come: spostamento dei fluidi verso gli organi vitali/centrali del corpo, vasocostrizione cutanea e aumento della produzione e rilascio di urina. Conseguenza inevitabile è una notevole perdita di liquidi. Negli anziani la disidratazione può svilupparsi rapidamente, soprattutto d’estate e causare gravi incidenti subacquei. Il “sangue denso” non riesce infatti a contribuire efficacemente alla rimozione dell’azoto.
Ray Woolley ha messo in conto tutte queste eventualità e si è preparato adeguatamente per il suo record. Non ha utilizzato attrezzatura tecnica particolare, anzi, l’equipaggiamento è vistosamente datato (a parte la muta). Il suo computer subacqueo è uno dei primi messi in commercio, il suo erogatore ha fatto la storia delle attività subacquee. Non ha ridondanza nel sistema di respirazione (equipaggiamento di scorta), nè sistemi riservati ai “tecnici”. Insomma, il bello dell’impresa dell’inglese è che l’ha compiuta con l’attrezzatura che chiunque potrebbe utilizzare per andare sott’acqua.