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Imbroglio spread o imbroglio Berlusconi?

Perchè il Cavaliere sbaglia quando ironizza sul differenziale tra Btp e Bund – Le tre ragioni che destano allarme se lo spread sale oltre i livelli fisiologici – Com’è andato lo spread durante il governo Berlusconi e durante il governo Monti e perchè lo spread è tornato a salire dopo l’annuncio di dimissioni del governo attuale a seguito della spallata Pdl

Imbroglio spread o imbroglio Berlusconi?

Nel predisporsi all’agone di nuove elezioni in cui, purtroppo, dice lui, saremo costretti a votare ancora col Porcellum (per inciso: e chi le doveva cambiare le regole elettorali se non il partito di maggioranza di cui lui è padrone?”) Silvio Berlusconi si è lanciato l’altro giorno a dire che dello spread non ce ne importa proprio niente.

È davvero così? Certamente no. Si può a cuor leggero lasciare andare e passare oltre? Neanche questo. Occorre fare chiarezza ricordando qual è la posta in gioco.

Ebbene, quando supera livelli fisiologici molto piccoli lo spread è un grave problema per tre motivi.

Primo perché innalza il costo per interessi e rende più difficile raggiungere la sostenibilità del debito pubblico, es. stabilizzalo in rapporto al Pil.

Secondo perché l’innalzamento dei tassi sul debito pubblico italiano – se in teoria lo spread si innalza sia quando cala il tasso di interesse tedesco rispetto a quello italiano, sia quando sale il tasso italiano rispetto a quello tedesco, di fatto è il secondo meccanismo a guidare le danze – si innerva nell’intera economia nazionale mettendo all’angolo come pugili suonati i risparmi delle famiglie, i bilanci delle banche e la competitività delle imprese. Ogni qual volta salga il tasso sui Btp, le famiglie accusano perdite sui propri investimenti in titoli di stato italiani, perché ne cala il prezzo. Tali perdite patrimoniali si riverberano pesantemente anche sui conti delle banche, le quali hanno sottoscritto molti titoli del nostro debito pubblico. Inoltre, l’aumento del tasso sui Btp fa salire anche il costo che le banche italiane debbono pagare per la propria raccolta all’ingrosso. Infine, le imprese italiane si vedono innalzare il costo del credito e perdono ulteriormente competitività rispetto a quelle tedesche (si pensi, come rimarcava Marchionne, ai finanziamenti a tasso zero che costano poco alle case automobilistiche tedesche ma costano tanto a quelle italiane).

Terzo perché stiamo parlando dello spread con la Germania e, avendo la stessa moneta, abbiamo la stessa politica monetaria e lo stesso tasso di cambio. Da questo punto di vista, alcuni osservano che tra il 1990 e il 1995 lo spread Btp-Bund era mediamente a 500 punti base (cioè il 5%) e l’Italia sopravvisse lo stesso. Quegli osservatori dimenticano però di dire che in quel periodo il tasso di cambio della lira italiana si svalutò nei confronti del marco tedesco di circa il 54% (cioè in media del 9% all’anno), più che compensando lo svantaggio competitivo prodotto da tassi di interesse così penalizzanti nel confronto Italia-Germania. Oggi quella compensazione è preclusa dalla condivisione dell’euro con la Germania.

Dunque, Signor Berlusconi non è proprio il caso di scherzare col fuoco, altrimenti si dà l’impressione di prendere in giro gli italiani. Lo spread che sale ci impoverisce e lei lo dovrebbe sapere meglio dell’uomo della strada. Non è etico da parte sua cercare di confondere le carte blandendo il problema.

Già che ci siamo, si può osservare che in Europa sono in molti a temere che la sua ennesima ricandidatura sia fonte di instabilità. In particolare, nei giorni scorsi si sono lamentati gli spagnoli, i quali temono che l’eventuale instabilità italiana li trascini nel gorgo. Vale la pena di ricordare che tra Italia e Spagna vi è stata una rincorsa degli spread nei confronti della Germania. Se fino all’estate del 2011 la Spagna era avanti, nell’autunno dell’anno scorso l’Italia effettuò il nefasto sorpasso: si ricordi che le dimissioni di Berlusconi da premier e il subentro del governo Monti nella prima decade di novembre dipesero in ampia misura proprio da questo. Il contributo del governo Monti a riconquistare la fiducia dei mercati lo si vede bene dalla Figura 1. Essa mostra che dai primi di marzo lo spread italiano cala sotto a quello spagnolo e rimane stabilmente sotto da allora. A fine ottobre lo spread della Spagna superava quello dell’Italia di 64 pb.

Che cosa è successo, dalla settimana scorsa, con l’annuncio della ricandidatura di Berlusconi? Tale annuncio avviene giovedì 6 dicembre. Il 5 dicembre il divario Spagna-Italia è sui 90 pb. Nei giorni successivi ambedue gli spread si innalzano – in particolare lunedì 10, quando salgono di quasi 30 p.b. – e alla chiusura di mercato il divario si è assottigliato a 75 pb. Ancor più interessante è osservare la dinamica infragiornaliera dei due spread. In particolare, si possono identificare tre fasi di rialzo degli spread: la prima giovedì 6 è quella racchiusa tra le due linee verticali rosse; la seconda venerdì 7 è quella tra le due linee blu; la terza lunedì 10 è quella tra le due linee verdi. Ebbene, come si riesce a vedere anche a occhio nudo, in tutti e tre i casi è lo spread italiano che sale per primo e pare trascinarsi dietro quello spagnolo. Perciò, sembra che i timori spagnoli siano in qualche misura legittimi.


Signor Berlusconi, è ancora in tempo, ci ripensi! Dubito che la sua corte di consiglieri le rappresenti i rischi del corso che sta intraprendendo. Posso però riferirle che nella trattoria sotto casa ieri i camerieri e l’oste stavano scherzando tra di loro sulle candidature, che le vengono attribuite, di personaggi del jet set ironizzando che forse candiderà anche Qui, Quo e Qua. Non mi è dato sapere il parere di Paperino, ma ho sentito che l’oste diceva sottovoce: stavolta non ci facciamo fregare. Anche per lo spread, si ricordi di non fare i conti senza l’oste.

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