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Ilva Taranto a rischio chiusura: Arcelor se ne va? Summit M5S

FIRSTonline

L’autogol del Governo nel Decreto Crescita con la incredibile revoca delle norme sulla non punibilità dei vertici di Arcelor Mittal per reati connessi prima del loro arrivo a Taranto è l’anticamera della clamorosa chiusura del grande impianto pugliese dell’Ilva? Le premesse ci sono tutte e il caos degli ordini del giorno contrapposti votati alla Camera dopo lo scivolone sulle norme del Decreto Crescita non contribuisce di sicuro ad abbassare la tensione attorno all’Ilva di Taranto.

Le parole con cui , subito dopo il voto della Camera, l’ad di Arcelor Mittal Italia, Matthieu Jehl, aveva commentato il pasticciaccio brutto provocato dai Cinque Stelle, che hanno sempre visto con scarsa simpatia l’arrivo della multinazionale dell’acciaio a Taranto e la continuità produttiva dell’impianto pugliese, sono un avvertimento molto chiaro: “Non possiamo essere ritenuti responsabili per problemi che non abbiamo creato noi“. Giusto, ma quali saranno le conseguenze pratiche del voto della Camera e del voltafaccia del Governo che, sospinto dai Cinque Stelle, s’è rimangiato davanti alla comunità internazionale gli impegni che aveva assunto al momento dell’arrivo a Taranto di Arcelor Mittal? La multinazionale se ne andrà e l’impianto di Taranto farà la fine dell’Italsider di Bagnoli andando incontro a un’ingloriosa chiusura che metterebbe in ginocchio non solo una città e una regione ma l’intera manifattura italiana che acquista acciaio dall’Ilva? Ce lo diranno le prossime ore.

Per lunedì 24 giugno i Cinque Stelle – che non sanno come recuperare consensi dopo il voltafaccia sull’Ilva rispetto alle promesse elettorali che ipotizzavano la chiusura dell’impianto siderurgico – hanno convocato alla Prefettura di Taranto un tavolo istituzionale al quale parteciperanno non solo il vicepremier e ministro dello Sviluppo economico e del Welfare, Luigi Di Maio, ma altri cinque ministri pentastellati. Hanno in programma di presentare un ambiguo piano sulla “riconversione economica” di Taranto e dell’Ilva che assomiglia molto a un sipario che cala sull’impianto pugliese e che apre la strada alla sua definitiva chiusura.

La Lega per ora tace e aspetta che Di Maio e i suoi vadano a sbattere contro la fuga di Arcelor Mittal da Taranto che scandalizzerebbe l’intera comunità internazionale e la indurrebbe a pensare che in Italia c’è davvero un clima sfavorevole all’ìindustria – come ha dichiarato il vicepresidente della Confindustria Maurizio Stirpe a FIRSTonline – e che immaginare di attrarre investimenti esteri nel nostro Paese diventa sempre più illusorio se facciamo di tutto per mettere in fuga anche quelli che hanno dato fiducia all’Italia con investimenti colossali come Arcelor Mittal.

La multinazionale dell’acciaio aspetta evidentemente di capire in che cosa realmente consista il piano pentastellato di “riconvesrione economica” per Taranto – ed è quello che tutti si domandano – ma non ci vuole molto a capire che è sul piede di guerra e che si senta doppiamente beffata dai Cinque Stelle e dal Governo italiano, senza parlare delle infinite conseguenze legali che uno strappo italiano al contratto con Arcelor Mittal finirebbe per avere.

“Se Arcelor dovesse mollare – ha detto sabato il presidente di Confindustria Taranto, Vincenzo Cesareo – non vedo chi potrebbe portare avanti il progetto” di bonifica e rilancio dell’Ilva. E ha aggiunto: “Vogliamo nazionalizzare di nuovo l’Ilva come si vuol fare con Alitalia?“. Di danni il Governo gialloverde ne ha già fatti abbastanza, soprattutto in campo industriale, ma provocare la chiusura dell’Ilva di Taranto sarebbe davvero il colmo. Però il rischio purtroppo c’è ed è molto forte e solo un miracolo potrebbe nelle prossime ore schiarire un cielo che su Taranto e sull’acciaio italiano s’è fatto molto cupo.

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Categories: Economia e Imprese

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