La Commissione europea avvia contro l’Italia una procedura d’infrazione per non aver garantito finora che l’Ilva di Taranto rispettasse le prescrizioni dell’Ue relative alle emissioni industriali, con gravi conseguenze per la salute umana e l’ambiente.
Il nostro Paese, inoltre, è inadempiente anche rispetto alla direttiva sulla responsabilità ambientale, che sancisce il principio del “chi inquina paga”. Le prescrizioni non rispettate (o rispettate solo parzialmente) erano contenute nell’autorizzazione integrata ambientale (Aia) che applica la direttiva Ue sulla prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento (“direttiva Ippc”) proveniente dalle attività industriali ad alto potenziale inquinante.
La Commissione ha agito in seguito a diverse denunce provenienti da cittadini e Ong, e in particolare Peace Link e il Fondo Antidiossina, che nel maggio scorso, incontrando il commissario all’Ambiente Janez Potocnik, avevano denunciato la non ottemperanza da parte dell’Ilva di 35 prescrizioni dell’Aia su 90.
Il governo italiano ha ora due mesi per rispondere a Bruxelles. Secondo la Commissione, “la maggior parte dei problemi deriva dalla mancata riduzione degli elevati livelli di emissioni non controllate generate durante il processo di produzione dell’acciaio”.
In un comunicato, l’Esecutivo Ue aggiunge che “le prove di laboratorio evidenziano un forte inquinamento dell’aria, del suolo, delle acque di superficie e delle falde acquifere, sia sul sito dell’Ilva, sia nelle zone abitate adiacenti della città di Taranto. In particolare, l’inquinamento del quartiere cittadino di Tamburi è riconducibile alle attività dell’acciaieria”.