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Il voto in Georgia innervosisce le Borse ma Mps vola

L’attesa per il risultato del voto in Georgia, da cui dipende il controllo del Senato americano, tiene in ansia le Borse che preferirebbero una soluzione equilibrata tra Dem e repubblicani in modo da favorire una politica economica senza strappi – Piazza Affari in rosso malgrado lo slancio dei titoli petroliferi e l’exploit di Mps

Il voto in Georgia innervosisce le Borse ma Mps vola

Il ballottaggio in Georgia e i lockdown in Europa tengono ancora banco sui listini e mantengono alto il tasso d’irrequietezza. Una spinta positiva viene però dagli acquisti sul petrolio e dai titoli del settore nella prospettiva che l’Opec+ abbia trovato una mediazione per una produzione invariata a febbraio rispetto ai livelli di gennaio e un aumento di 500mila barili al giorno a partire da marzo.

In questo contesto le piazze europee chiudono contrastate: Milano perde lo 0,52%, a 22.200 punti; Francoforte -0,55%; Parigi -0,44%; Madrid -0,05%. In controtendenza Londra, +0,64%, grazie alle major petrolifere e a un pacchetto di sostegno da 4,6 miliardi di sterline per le imprese per attenuare la recessione indotta dalla terza fase di blocco a causa dell’esplosione dei contagi di Covid-19. Oggi il record è di 60mila nuovi positivi in un giorno.

La volatilità abita anche a Wall Street, partita in calo e poi passata in rialzo, quindi contrastata e ora nuovamente in verde. L’attenzione degli investitori è rivolta alla Georgia dove si gioca la partita per il controllo del Senato. Al momento i Repubblicani hanno già 50 parlamentari su 100, i democratici 48 e in palio ci sono gli ultimi due posti che potrebbero offrire a Biden un appoggio pieno (con il voto in più della presidente della Camera alta) oppure due camere divise. Probabilmente è quest’ultimo lo scenario preferibile per i mercati.

Nell’eventualità invece che i democratici conquistino anche il Senato gli analisti statunitensi fanno due ipotesi per la Borsa: una correzione robusta, compresa fra il 6 e il 10%, dovuta al fatto che il presidente eletto sarebbe facilitato nell’applicazione della sua agenda legislativa e nella prospettivaun gradito aumento dello stimolo fiscale possa essere accompagnato da uno sgradito incremento delle tasse; oppure si potrà verificare un’importante rotazione degli acquisti su titoli favoriti dal programma di Biden, in settori come l’energia alternativa a scapito dell’hi tech. 

Per quanto riguarda l’andamento odierno delle azioni, si segnala il rally dei titoli di China Telecom, China Unicom e China Mobile, dopo che il New York Stock Exchange (Nyse) ha deciso di mantenere le tre società cinesi sul listino. Pochi giorni fa il Nyse aveva annunciato invece il delisting in applicazione di un ordine esecutivo firmato dal presidente Donald Trump per contrastare le società controllate dal celeste impero, poi ha cambiato idea “alla luce di ulteriori consultazioni con le autorità di regolamentazione”.

Sul mercato valutario il dollaro perde ancora terreno nei confronti di un paniere di divise dopo che la Cina ha alzato il tasso di cambio ufficiale dello yuan del livello più alto dal 2005, favorendo la richiesta di altre valute. L’euro si apprezza leggermente, ma resta sotto quota 1,23. Piatto il cambio euro-sterlina.

Fra le commodity l’oro si prende una pausa di riflessione, mentre il petrolio festeggia le indiscrezioni sul possibile compromesso in seno all’Opec+. Dopo la scontro di ieri, con la Russia che chiedeva un immediato aumento della produzione e l’Arabia Saudita contraria, il punto mediano si sarebbe trovato nell’ipotesi di provvedere all’aumento nel mese di marzo, anche se l’accordo va ancora sancito in via definitiva. Il Brent, marzo 2021, scambia in rialzo del 3,5% a 52,88 dollari al barile.

Gli effetti si fanno sentire anche in Piazza Affari dove Saipem +4,13% guida la classifica delle blue chip. Brillante Eni con un incremento giornaliero del 3,71%. Reuters, citando due fonti vicine alla situazione, conferma inoltre l’indiscrezione di MF, secondo cui la major ha congelato la vendita degli asset australiani valutati circa 1 miliardo di dollari, poiché ritiene che le condizioni non siano favorevoli. Nel settore Tenaris +3,58%. Fra gli industriali rimbalza Leonardo +2,47%. Banche in ordine sparso: positiva Bper +0,82%, in calo Intesa -1,09% e Unicredit -1,09%. Fuori dal paniere principale gli acquisti premiano Mps, +6,09%, dopo le indiscrezioni del Messaggero.

Secondo il quotidiano romano sarebbe allo studio un progetto di separazione degli asset di Mps quali filiali e sede storica, creando quella che è stata definita una ‘mini-Mps’, permettendo così la conservazione del brand in caso di fusione con Unicredit. Si tratterebbe di un’ipotesi ideata per dare risposta alle istituzioni politiche locali, continua Il Messaggero, protagoniste di sempre maggiori richieste di garanzia per territorio e occupazione dell’operazione con la banca milanese. Oltre che rendere più semplice la fusione, secondo il giornale questa ipotesi permetterebbe a Mps di arrivare a un accordo per neutralizzare l’azione di responsabilità da 3,8 miliardi di euro promossa verso la banca senese.

In evidenza Fincantieri +1,26%, dopo che Il Sole 24 Ore ha riportato della prossima finalizzazione di un contratto da 2,3 miliardi di euro con la Marina militare per la costruzione di quattro sottomarini.

Sul Ftse Mib registrano i maggiori ribassi Moncler -2,76%; Nexi -2,6%; Campari -2,69%; Hera -2,56%. Fra i peggiori Pirelli, -1,63%, che soffre la bocciatura di JP Morgan dopo la retrocessione del titolo a ‘underweight’ da ‘neutral’, con prezzo obiettivo a 4 euro da 4,1 euro.

Seduta poco mossa per il secondario, con lo spread che scende a 110 punti base (-1,36%) e il tasso del Btp a +0,52%.

Intanto parte bene l’anno per i titoli emessi dal Tesoro italiano. Il Mef ha chiuso con successo un’operazione che prevede il collocamento di un nuovo Btp a 15 anni per 10 miliardi di euro. Le domande di investitori istituzionali (ai quali era rivolta l’emissione, fatta attraverso un sindacato di banche) sono state di oltre 105 miliardi, vicino al record assoluto registrato in asta per il decennale a giugno (108 miliardi, a fronte di un’offerta di 14 miliardi).

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