Il focus pubblicato da Intesa Sanpaolo lo scorso gennaio sottolinea come l’interscambio commerciale vietnamita sia cresciuto di circa il 25% medio annuo nel quinquennio 2003-08, raggiungendo i 143 miliardi di dollari, a cui ha fatto seguito, nel 2009, una contrazione congiunturale dell’11%, a 127 miliardi di dollari, ritornando poi a crescere nel 2010-2011 ad una media del 29% medio annuo, fino a raggiungere circa 212 miliardi di dollari. Nel corso del 2012, mentre le importazioni hanno subito un lieve indebolimento (-1%), attestandosi a 113 miliardi di dollari, l’export ha visto un nuovo incremento di oltre il 17% su base annua, fino a raggiungere i 114,5 mld. Il deficit commerciale è andato crescendo nel tempo, passando da circa 4 miliardi di dollari del 2005 a poco meno di 17 miliardi di dollari nel 2011. Nel 2012 si è registrato un surplus di 1,3 miliardi di dollari, a causa del rallentamento della domanda interna che ha contenuto le importazioni. Il rapporto deficit commerciale/PIL, dopo aver raggiunto il picco negli anni 2007-2008, attestandosi attorno al 20%, è sceso progressivamente nei due anni successivi, per risalire a circa il 14% nel 2011.
Tra le esportazioni spiccano i prodotti di industria tessile e abbigliamento (30% sul totale), seguiti da macchinari (22%), prodotti agro-alimentari (16%), minerali (12%) e arredamento (5%). Per quanto riguarda i prodotti del comparto moda, dominano calzature e tessile-abbigliamento, in particolare indumenti da donna, mentre i macchinari sono rappresentati principalmente da quelli meccanici (stampanti, rubinetti e valvole) ed elettrici (telefonia e cavi). La produzione agricola consente di esportare rilevanti quote a livello globale di caffè, the, spezie, pesci e crostacei, molluschi. Tra i minerali, inoltre, spiccano quelli energetici, in particolare petrolio raffinato e carbone. Tra le importazioni assumono una quota rilevante i macchinari (27%), dove spiccano quelli elettrici (apparecchi per la telefonia, circuiti integrati), meccanici (processori e macchinari non specializzati) e quelli di precisione (ottico medicali). Il saldo netto è largamente positivo per i prodotti tessili e abbigliamento, mobili e macchinari elettrici. Risulta marginalmente positivo per i minerali, mentre è negativo per tutte le altre categorie merceologiche.
I maggiori fornitori nel 2010 sono stati i paesi asiatici, soprattutto Cina (24%), Corea del Sud (12%) e Giappone (11%). L’Europa si ritaglia quasi l’11% e tra le aree più importanti spicca l’UE con quasi l’8%, dove la Germania domina con il 2%, mentre l’Italia conta per poco meno dell’1%. In ogni caso, gli USA rimangono il principale cliente, con una quota di mercato pari a quasi il 20%. I mercati europei interessano quasi il 22% e l’UE poco meno del 16%, dove, in ogni caso, spiccano Germania (3%), Olanda e Regno Unito (2%). Il Vietnam importa dalla Cina principalmente macchinari elettrici, meccanici, prodotti del tessile e dell’abbigliamento; dalla Corea del Sud soprattutto metalli, tessile e abbigliamento, macchinari elettrici, plastica; dal Giappone metalli e macchinari meccanici. I flussi di export diretto verso gli USA riguarda per circa il 60% prodotti tessili e abbigliamento, cui seguono agro-alimentare e arredamento. In Cina vengono venduti minerali, gomma e plastica, prodotti dell’agro-alimentare. Il Giappone acquista dal Vietnam macchinari elettrici, abbigliamento e alimentari, mentre la Corea del Sud si approvvigiona di prodotti tessili e abbigliamento, minerali ed alimentari. L’Australia importa dal Vietnam minerali per il 70% del totale.
L’interscambio con l’Italia è andato crescendo negli anni 2003-2008 fino a raggiungere nel 2011 un totale di circa 1,8 miliardi di euro. Dopo aver segnato un tasso di crescita medio annuo nel periodo 2003-08 del 13%, fino a raggiungere 1,25 miliardi di euro, la crisi internazionale del 2009 ha dato luogo ad un sostanziale consolidamento di questo importo. Il 2010 ha visto un recupero degli scambi, la cui crescita ha continuato ad espandersi nei periodi successivi. I dati relativi ai primi nove mesi del 2012 vedono una decisa crescita dell’interscambio attorno a 1,7 miliardi di euro (+32%). Nel dettaglio però si nota una contrazione dell’export italiano (-8,6%), mentre le importazioni continuano a crescere (+49%). Il peso degli scambi con il Vietnam sulla bilancia commerciale italiana è andato aumentando, pur in quote contenute, portandosi dallo 0,1% nel 2005 a circa lo 0,23% nel 2011 (circa lo 0,3% nei primi nove mesi del 2012). Il saldo commerciale è nettamente negativo per l’Italia: nel corso del 2011 il deficit nei confronti del Vietnam è stato pari a 0,7 miliardi di euro, mentre si è già sfiorato il miliardo nei primi nove mesi del 2012. L’Italia ha importato nel 2011 in prevalenza calzature e pelletteria, abbigliamento, sia maglia che tessuti, computer e apparecchi elettronici, prodotti agro-alimentari, in particolare pesci, crostacei e molluschi, caffè, the e spezie. Nel dettaglio delle merci esportate si trovano soprattutto macchinari meccanici, pellami, cotone, filati e fibre, veicoli, prodotti chimici, tra cui prodotti farmaceutici, tinte e coloranti, prodotti chimici vari, computer e apparecchi elettrici ed elettronici.
Lo stock di IDE in Vietnam nel 2011 ammontava a circa 73 miliardi di dollari, poco più del 60% del PIL prodotto nell’anno. I maggiori paesi investitori sono asiatici, tra cui spiccano Taiwan (12%), Corea del Sud (11,5%), Singapore (11%) e Giappone (11%). Tra i principali paesi europei si ricordano Olanda (3%) e Francia (1,5%). Dal punto di vista settoriale, prevalgono manifattura (con una quota del 49% sullo stock 2009), a cui seguono finanza (25%), edilizia (6%), alberghi e ristorazione (6%), trasporti e telecomunicazioni (4%), energia (3%). In particolare, sono presenti sul territorio più di 200 zone speciali destinate allo sviluppo industriale e al commercio estero, poli tecnologici rivolti a produzione e studio di nuove tecnologie, in cui risultano investiti circa il 40% dello stock totale di IDE. Gli incentivi concessi dal Governo alle imprese che insediano i loro impianti produttivi in queste zone sono principalmente fiscali, sia societari che personali, facilitazioni nella concessione terriera, sostegni all’occupazione, sovente di elevato grado d’istruzione e a costi competitivi, snellimenti burocratici e migliore accesso alle infrastrutture. Tali zone sono dislocate sia in prossimità dei grandi centri che in aree disagiate che necessitano di un particolare incentivo alla crescita. Geograficamente si possono raggruppare in tre aree: nord, centro e sud. Le principali zone a nord sono quelle di Hanoi, Haiphong, Quang Ninh, Hai Duong, Hung Yen, Vinh Phuc e Bac Ninh. Nel centro le più rilevanti sono quelle di Danang, Thua Thien Hue, Quang Nam, Quan Ngai, e Binh Dinh. Al sud si ricordano Ho Chi Minh City, Dong Nai, Ba Ria-Vung Tau, Binh Duong, Tay Ninh, Binh Phuoc e Long An.
Secondo il Ministero per gli Affari Esteri erano presenti alla fine del 2011 complessivamente circa 41 imprese italiane, per investimenti pari a poco meno di 200 milioni di dollari. La maggior parte delle imprese si colloca nella manifattura, mentre la presenza italiana nei servizi è ancora limitata. I principali marchi industriali italiani presenti sul territorio sono Ariston (elettrodomestici), Bonfiglioli e Datalogic (elettromeccanica), Mapei (materiali edili), Oltremare (moda), Perfatti (agro- alimentare), Piaggio (mezzi di trasporto), Savino del Bene (trasporti). Tra le banche si segnalano Intesa Sanpaolo e UniCredit, con uffici di rappresentanza, mentre per i servizi assicurativi è presente Generali, anch’essa con un ufficio di rappresentanza.
Oltre a rappresentare un’importante piattaforma per l’export made in Italy nella regione, dati i profondi legami commerciali con i mercati statunitense e dell’Estremo Oriente come Cina, Giappone e Corea del Sud, si possono individuare alcuni importanti settori merceologici per i quali vi sono ampi spazi di crescita sia dal punto di vista commerciale sia di investimento per le imprese italiane. In questo modo, il mercato vietnamita può rappresentare un’interessante strategia dal duplice punto di vista di produzione e distribuzione. Il ricco sottosuolo e le vaste produzioni agro-alimentari (riso, caffè, pepe, anacardi, prodotti ittici) possono offrire interessanti opportunità sia per un impiego diretto nella lavorazione e nella trasformazione, nel confezionamento e nella conservazione di prodotti agricoli e minerari, senza dimenticare la produzione e vendita di macchinari specifici per svolgere tutte le fasi della lavorazione. Un altro settore è quello della distribuzione, ancor oggi ancorata alle vendite al dettaglio tramite piccoli negozi: solo infatti il 10% del commercio avviene attualmente tramite la grande distribuzione, concentrata nei pressi delle maggiori città. Si può inoltre segnalare la meccanica specialistica, vale a dire quella utilizzata per particolari lavorazioni come plastica e gomma, tessile e legname, cantieristica navale, alimentazione. Lo sviluppo delle infrastrutture, sia civili che commerciali, attuate anche tramite finanziamenti a progetto, potrebbe ulteriormente arricchire la gamma di possibilità di investimento nel paese nei settori di energia, trasporti, tutela ambientale e smaltimento dei rifiuti. Lo sviluppo urbanistico, in particolare lungo le coste e nelle aree più turistiche, con la complicità di un clima favorevole alle attività balneari nel corso dell’intero anno, consente infine ulteriori spazi di intervento per la creazione di strutture alberghiere e villaggi, senza dimenticare i numerosi siti di rilevanza storia, paesaggistica e archeologica.