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Il Trunzo, un epiteto che nasconde un patrimonio Slow Food

Per anni più che usarlo a tavola i catanesi lo hanno adoperato come epiteto canzonatorio – ma sarebbe più giusto dire denigratorio – nei confronti degli abitanti di Acireale: “Aci babbana civitas tronzorum cavolorumque magna mater est” ovvero “Acireale città sciocca è la grande madre dei cavoli trunzi”, un ritornello ricorrente nelle dispute campanilistiche dove Trunzo, derivato dallo spagnolo, per torsolo, sta per testardo, duro di comprendonio.

In altre parti d’Italia, si è sempre ricorsi al un più modesto “testa di rapa” e la rapa è stata presa a … unità di misura per mettere in evidenza le scarse capacità di comprendonio di una persona, da cui il detto “non si cava sangue da una rapa”.  A Catania, città dalle influenze barocche, hanno fatto le cose in modo più originale, una rapa sembrava poco colorita come espressione e per questo hanno tirato in ballo il povero Cavolo Trunzo un cavolo rapa (Brassica oleracea var. gongylodes) coltivato da sempre nel catanese, in particolare negli orti di Acireale e delle località vicine, e, riferendosi alla durezza della sua testa, l’hanno applicata al comprendonio dei vituperati acesi.

A dispetto dell’uso che si è fatto del suo nome, in realtà il tanto denigrato Cavolo Trunzo è tutt’altro che privo di qualità. Fino alla prima metà del novecento era molto appetito per il suo sapore sui banchi dei mercati ortofrutticoli della vicina città capoluogo, la richiesta era alta. Poi le condizioni sono mutate. Negli anni Quaranta la coltivazione del cavolo Trunzo è andata progressivamente diminuendo, soppiantata da produzioni più redditizie. Contemporaneamente nel secondo dopoguerra le aree coltivate vicino alla città di Catania in generale si sono rarefatte, la città si è allargata a dismisura e si sono moltiplicati i centri commerciali che hanno offerto produzioni di verdure massive. E gli agricoltori, quelli che non sono emigrati al nord oppure in America, hanno invece preferito trasferire l’attività nel ragusano dove le produzioni di verdure e ortaggi bio hanno avuto una vera e propria, redditizia, impennata.

E il povero Cavolo Trunzo ha finito quasi per rischiare l’estinzione. Basti solo un dato: a tutt’oggi si deve ancora parlare di produzioni limitate a livello di piccoli agricoltori e di piccoli orti. Nessun produttore arriva all’estensione di un ettaro. E’ tutto dire. Sul mercato locale arrivano non più di 1000 piante a produttore che, secondo tradizione, si vendono a mazzetti composti da 2 ceppi.

Il cavolo trunzo ‘autentico’ si produce in due cicli, da maggio a giugno e da ottobre e novembre, è di piccole dimensioni ed riconoscibile in particolare perché la parte edule, presenta striature violacee, comune a molti ortaggi coltivati in questa area della Sicilia in quanto è proprio il terreno lavico ricco di elementi minerali, che gli conferisce il tipico colore violaceo, e influenza il gusto del prodotto.

Come tutte le crucifere o brassicacee (cavoli, ravanelli, broccoletti, ecc.) il Trunzo contiene molti sali minerali e vitamine. In particolar modo la vitamina  B6, essenziale per l’integrità e il buon funzionamento del sistema nervoso centrale e periferico e per la normale funzionalità del sistema immunitario: Ma contribuisce anche alla riduzione di stanchezza e fatica, alla regolazione dell’attività di molti ormoni e supporta la formazione dei globuli rossi. Altra vitamina di cui è ricco è la C9 che ha una forte azione detossificante importante per prevenire l’insorgere di forme tumorali. Da non trascurare inoltre il fatto che il cavolo Trunzo per il basso apporto calorico (100 g di prodotto contengono solo 27 Kcal) offre un concreto contributo a chi vuole mantenersi in forma, ed è un ottimo alleato per combattere la cellulite estetica. Insomma un concentrato di benessere.

Quanto al sapore si può immaginare come questo ortaggio venga esaltato dai terreni di particolare qualità e dell’ambiente in cui viene coltivato.

Si può mangiare crudo, in insalata, condito con l’olio extravergine di oliva, sale, pepe e l’aceto o, in alternativa, succo di limone, ma anche che cotto, stufato (stufateddu), oppure utilizzato per insaporire un tipo di pasta con le sarde. E’ anche usato per accompagnare in genere la salsiccia e le carni succulente cotte alla brace.

Un patrimonio alimentare così gustoso non poteva scomparire. Fortunatamente in soccorso del Cavolo Trunzo negli anni scorsi è arrivato Slow Food che lo ha inserito nell’elenco dei presidi da salvaguardare e promuovere.

Intanto come prima cosa è stato rigorosamente definito il territorio di coltivazione del Presidio circoscritto a tutte le città che portano il prefisso ‘Aci’ nel nome, sono quelle storicamente legate a questo ortaggio e quindi i Comuni di Acireale, Aci Sant’Antonio, Aci San Filippo, Aci Catena, Aci Bonaccorsi, Acitrezza, Aci Castello (provincia di Catania).

Referente del Presidio è Enzo Pennisi produttore biologico che ha già aggregato altri due produttori ai principi della coltivazione biologica e a basso impatto ambientale e sta cercando di aggregarne altri nell’area storica, disponibili a seguire regole di coltivazione improntate alla sostenibilità e salubrità. L’obiettivo è costituire un’associazione e presentarsi sul mercato spuntando un prezzo migliore rispetto a quello odierno che non rende giustizia alla bontà di questo ortaggio. Del Trunzo nella cucina catanese si mangia tutto e in mille modi, anche le foglie sono buone.

Il prodotto viene venduto singolarmente o a mazzetti, ben avvolto nelle lunghe foglie che ne preservano la freschezza, prevalentemente dai produttori direttamente in azienda o presso i mercatini dei paesi etnei, una piccola parte della produzione viene venduta nei mercati all’ingrosso. Il Presidio Slow Food sta cercando di riportare questo ortaggio buonissimo e dalle indubbie proprietà benefiche agli antichi splendori. Alcuni ristoranti e alcune pizzerie hanno iniziato a inserirlo nel loro menù, alcune friggitorie lo hanno sposato addirittura con il più tradizionale dei prodotti siciliani, l’arancina.  Si cominciano anche ad azzardare i primi tentativi di trasformazione, da cui è uscito un Trunzo in agrodolce da usare con gli arrosti o con i formaggi. E le nuove generazioni agricole cominciano a intravvedere una possibilità di guadagno.  Il prezzo del Trunzo ordinario si attesta per il consumatore su 0,80, 1 euro a mazzetto. Quello biologico spunta 1,50. Osservando le risposte dei consumatori ci sono tutte le premesse perché lo si ritrovi protagonista sui banchi alimentari.

La ricetta:

Pasta con il cavolo rapa trunzu violetto di JACI, Acireale

Ingredienti:

2 cavoli rapa

250 gr pomodorini ciliegino pachino

1/2 di cipolla

2 patate

40 gr pecorino siciliano DOP, a pezzetti

olio extravergine d’oliva q.b.

sale e pepe q.b.

peperoncino q.b.

aglio q.b.

250 gr pennette rigate.

Tempi di elaborazione: 35 minuti  circa

Elaborazione :

Eliminare le foglie più esterne;

Lavare e tagliare la rapa e le foglie a tocchetti ( se si vuole, lasciarne qualcuna non tagliata a tocchetti) per la decorazione;

Eliminare  la parte esterna della radice, molto dure da cucinare

Pelare le patate e tagliarle a dadini ;

Sbucciare la cipolla e tagliarla in sottili striscioline;

I pomodorini, vanno utilizzati tagliati .

In una padella, fare rosolare la cipolla con l’olio extravergine d’oliva ed appena sarà dorata,aggiungere le patate, i pomodorini tagliati, il peperoncino, e fare cuocere per qualche minuto;

Nel frattempo, in una pentola, mettere a cuocere il cavolo rapa a pezzetti, le foglie e i gambi e conservare l’acqua di cottura ;

Cuocere le pennette rigate, per circa 20 minuti, nell’acqua di cottura dei cavoli , che avevate messo da parte, dopo aver aggiunto il sale;

Aggiungere infine la pasta e farla saltare nella padella* con le verdure già cotte, e cospargere il pecorino siciliano DOP a pezzetti e farlo leggermente fondere ;

Servire calda..

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