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Il testamento artistico: la vanità e la fondazione

Il testamento artistico: la vanità e la fondazione

L’opera dell’artista dopo la sua morte si interrompe e, come affermato, in un precedente articolo l’estro e la creatività, in quanto tali, non si possono ereditare. Però, come ben sappiamo, l’opera artistica prodotta può continuare nel tempo tramite la diffusione e la promozione delle opere e del pensiero. Sulla continuità delle opere degli artisti ci sono magnifici esempi di prosecuzioni che rendono le opere, l’autore e il suo messaggio disponibili per le generazioni future. Ma mi sono chiesto: l’artista che cosa direbbe di queste prosecuzioni? quale sarebbe il suo commento su queste attività? avrebbe voluto fare qualcosa di diverso? Fondazioni museali e artistiche fanno un lavoro strepitoso, ma purtroppo solo poche di esse posseggono un testamento dell’artista redatto in vita: sicuramente la fondazione è la struttura che può garantire una maggior lunga vita (eternità) all’opera artistica in quanto viene investita dello scopo tramite lo statuto e il conferimento di un patrimonio tangibile e/o intangibile. Fin qui niente di nuovo, e per rispondere alle domande poste non basta la prospettiva tecnico-giuridica ma bisogna fare un ragionamento squisitamente strategico.

Purtroppo molte volte queste fondazioni vengono create dopo la prematura morte dell’artista e, gli aventi diritto (gli eredi naturali e/o eletti) si trovano a dover costruire la struttura senza particolari indicazioni e specifiche dall’artista. Il suggerimento pragmatico per l’artista è di formulare il suo testamento includendo anche la sua idea di continuità della sua opera prima del malaugurato evento: conoscere la sua idea, la sua intenzione servirà per definire meglio la vocazione e lo scopo della fondazione e delle azioni da mettere (o non mettere) in campo. L’altra opzione è definire e istituire tutto prima. Questo suggerimento deve portare con sé una componente emozionale di vanità. Il sentimento della vanità in questo senso deve essere visto come immaginare l’opera dopo senza l’artista, la sua immagine, il suo nuovo ruolo. 

Oltre alla componente emozionale ci vuole anche la componente razionale e realistica (fondi permettendo) e quindi, oltre allo scopo protettivo e di autentica, bisognerebbe identificare anche le azioni e le attività per continuare l’opera secondo altre modalità, manifestazioni e direttrici. Comprenderete che i temi, i contesti e le opzioni sono molto vaste e avere delle indicazioni dall’artista, potrebbe essere molto utile per costruire i giusti progetti. Ecco che dovrebbe prendere forma il testamento artistico scritto in vita che delinei le volontà e le aspirazioni per la fase dopo. Questo testamento dovrebbe cogliere sia la vanità artistica che la ragione sostanziale in una logica di continuità, di lungimiranza e di sedimentazione. Ci sono due punti rilevanti che questo testamento dovrebbe coprire: cosa fare del patrimonio e come evolvere l’opera. 

A parte la vanità, l’artista per stendere questo testamento dovrebbe iniziare a vivere la sua opera come spossessata e come ricchezza e patrimonio per il mondo. Le vere motivazioni sono quindi poter tramandare ai posteri i suoi significati, secolarizzare il suo pensiero per le generazioni future, vivere anche nel futuro, restituire alla società, tentare l’eternità: il diritto di successione si trasforma in dovere di responsabilità secondo il principio originario che l’ereditàdiventi pubblica pro-artistica, pro-culturale e pro-sociale. “Si può esistere senza arte, ma senza di essa non si può Vivere.” Oscar Wilde

All the Best!

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