Vi è mai capitato di parlare con un amico di una marca d’abbigliamento, navigare con il telefono e ritrovarvi davanti il banner di quella stessa marca? Spesso non ci facciamo caso, tanto siamo abituati alla pubblicità personalizzata e ai “cookies”, i file che tracciano l’attività online per scoprire i nostri interessi. Ma il punto è che ormai, per essere spiati, non è necessario fare una ricerca manuale: basta la parola.
Il meccanismo è semplice. Molte applicazioni che scarichiamo sullo smartphone chiedono l’autorizzazione per accedere al microfono. La maggior parte delle persone clicca su “consenti” senza pensarci troppo, magari nella convinzione che l’accesso sarà consentito soltanto quando l’app è in uso.
La notizia è che spesso le cose non stanno così. Quando diamo il consenso, le app attaccano il loro orecchio virtuale al nostro microfono e non lo staccano più. Dopo di che, quando ci sentono parlare di un certo paio di scarpe o di un orologio, piazzano esattamente quei prodotti nei loro banner pubblicitari.
È l’apoteosi del marketing intrusivo, che permette alle aziende di mostrarsi solo (o soprattutto) ai consumatori che sono effettivamente interessati ai loro prodotti. Ma forse è anche una violazione della privacy, perché quasi nessuno sa di essere ascoltato dal proprio telefono. E infatti di solito, davanti a un banner fatto evidentemente su misura per noi, rimaniamo confusi: “Ma quando l’ho cercato online? Non ricordo di averlo fatto…”.
La questione è tanto seria che il Garante per la Privacy ha avviato un’indagine in collaborazione con il Nucleo speciale privacy e frodi tecnologiche della Guardia di Finanza. Nel corso dell’istruttoria, saranno esaminate diverse app tra le più scaricate per verificarne la trasparenza, ossia se gli utenti sono informati in modo corretto sull’utilizzo che viene fatto del loro microfono.
Ma mentre aspettiamo il Garante, teniamo presente che esiste una soluzione fai da te. Basta andare sulle impostazioni dello smarphone, aprire la cartella delle app e controllarle una per una, verificando quali e quante autorizzazioni abbiamo concesso. In alcuni casi leggeremo la precisazione “consentito solo mentre usi l’app”, in altri no. E forse quello è il momento di intervenire spuntando la casella “rifiuta”.