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Il rispetto per l’Ambiente: unico ponte per una nuova libertà dell’uomo

Claude Monet

In questi giorni che un nemico sconosciuto e invisibile ci ha costretto all’isolamento verso i nostri simili, basta osservare dalla finestra e vedere che la natura non si è fermata, anzi! La primavera è riapparsa come in ogni stagione, il canto di gioia degli uccelli è un concerto nel grande silenzio, altri animali corrono liberi senza paura, il cielo lampeggia di riflessi, la luna ha assunto un forte colore bianco smeriglio. È ancora una volta la “Natura” si rivolge a noi onestamente, non pretende nulla, non vanta nulla e ci regala ancora un po’ di aria sè usciamo per quei pochi minuti concessi. Mentre l’uomo alla finestra, fragile come mai, indifeso come mai, non può fare altro che pensare che rivedere tante cose, perché dovrà cambiare il suo modo di essere. E soprattutto, dovrà imparare a non sopraffare su tutto con arroganza e per superbia. Questa è una storia incancellabile che va presa come un grande esempio per non sbagliare più.

Vi è un ciclo di vita in ogni cosa vivente, ciò che è importante è che avvenga naturalmente. Ciò che invece sa creare l’avidita dell’uomo può generare solo distruzione. La natura è il suo ciclio vitale non si interrompe mai se non interrotto dalla prepotenza umana.

Milioni di anni fa, prima dell’evvento delle ere glaciali, il nostro pianeta godeva di un’estate senza fine e le sue terre giacevano quasi fino ai Poli sotto il mantello d’una foresta di verde perenne. A differenza delle conifere sempreverdi che popolano i boschi della zona temperata di oggi, quegli antichi alberi hanno foglie e fiori esotici dai colori sgargianti. La foresta che forma si estende nella sua magnificenza a Nord e a Sud dal suo centro originario all’equatore.

Questa è la vera foresta di primavera: la foresta delle piogge. Ricoprendo milioni di estensione nelle umide pianure equatoriali, la foresta sempreverde si estende per lo più di un decimo della superificie totale delle terre del pianeta e oltre la metà della supericie totale coperta da foreste della terra. Ecco che la sua volta sconfinata era formata dalle vette degli alberi e dagli strati di rami e di foglie intrecciati che filtravano i raggi del sole, creando al disotto una luce crepuscolare incerta e tenebrosa che oscura il fondo della foresta e sopprime altra vegetazione, all’infuori di un sottobosco sparso di cespugli e di arbusti. Nelle vaste e cupe navate che corrono in mezzo ai tronchi e senza rami degli alberi giganteschi il terreno è relativamente scoperto, rivestito soltanto da un sottile tappeto di foglie che scendono a terra volteggiando in una specie di autunno dolce e continuo che dura tutto l’anno.

Ecco qui in un mondo dalla vita complessa, più ricco di piante e di animali che non qualunque altro ambiente della natura, se si eccettua forse il mare.

I veri aborigini della foresta tropicale, più antiche della foresta stessa, sono i rettili e gli anfibi di sangue freddo: tartarughe, testuggini, rospi e legioni di lucertole che nessuno è mai riuscito ad estinguere. Gli uccelli riempiono le navate della foresta. Mille volte più numerosi di tutte le classi sono gli insetti e i ragni, che vivono in ogni creapa e in ogni fessura, dal piano della foresta alla cima dell’albero più alto: le loro specie si concentrano a centinaia di migliaia.

In mezzo a questo carnevale gli uccelli portano i loro colori vivaci e la loro musica rumorosa: pappagalli e Macao dalle piume sgargianti; tucani e tucanetti dal grosso becco; pigliamosche e rigagnoli giganti.

E sopra la volta della foresta, ecco giardini pensili bagnati da una calda luce, gli ondeggianti altipiani di foglie creano un parco incantato le cui cupole verdi sono ghirlandate tutto l’anno da fiori profumati, che l’uomo non sarà mai capace di riprodurre fedelmente per vendere.

Le piante rampicanti o liane lottano vigorosamente con gli stessi alberi per la luce e lo spazio senza però che nessuno sopprima l’altro.

A ripulire la foresta dai rifiuti ci sono i collaboratori dei funghi come diversi insetti come le formiche bianche che divorano il legno che ha cessato la sua vita strappato dal vento e non dalle mani dell’uomo. La decomposizione che darà nuova vita senza toglierla volontariamente con la forza – come spesso l’uomo si comporta su gli altri – avanza pari passo con la pioggia di foglie sul terreno perché hanno ceduto a quelle più giovani.

Fino a tempi recenti, la foresta era disabitata, se si escludono gli indigeni dediti alla caccia, che ben poco sapevano che il loro terroso poteva produrre monete sonanti, mentre oggi il tessuto della foresta è stato sconvolto dalla demolizione di vaste zone in cui sono state iniziate vere e proprie attività al solo fine commerciale.

Proprio come le foreste vergini d’Europa e dell’America del Nord furono devastate dalla imprevidenza dell’uomo, così ora quelle dei tropici stanno per scomparire.

Ma l’uomo con la sua presunzione è così cieca che non ha ancora compreso che la vera perdita economica è quella dell’ossigeno che concede allo stesso la vita. Perché è l’uomo e non la natura, che alla fine è responsabile della sua distruzione.

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