A Jolanda di Savoia, tre metri e mezzo sotto il livello del mare, vivono poco meno di 3.000 anime. “Fino a quando c’erano le mondine che lavoravano in risaia – racconta l’ingegnere Adriano Zanella, presidente del Consorzio di tutela del riso del Delta del Po IGP – c’erano 9.000 abitanti. Da quando per la coltivazione del riso sono state introdotte le mietitrici gli abitanti sono scesi a 3.000 e di mondine non se ne vedono più.
Abbandonato, nel 1911, il vecchio nome di Le Venezie dopo una visita della principessa Jolanda, figlia del re Vittorio Emanuele III, il comune si estende fra Emilia-Romagna e Veneto, nelle province di Ferrara e Rovigo. Più pianura padana di così non si può, fra zanzare, nebbie, anguille, zucche. E riso.
È in questo territorio che viene coltivato il riso del Delta del Po IGP (Indicazione geografica tipica), eccellenza gastronomica la cui produzione si è impennata negli ultimi decenni. I numeri parlano chiaro. Negli anni Novanta, gli ettari di risaia IGP erano 65 per una produzione di 3 mila quintali; oggi sono arrivati a poco meno di 1.600 ettari per 78 mila quintali. L’area di produzione si estende su 9 comuni in provincia di Ferrara e 8 nella provincia di Rovigo.
Due gli ordini di fattori di questo incremento. Da una parte, un territorio unico al mondo, sia perché le terre sono “giovani” visto che sono emerse dopo le bonifiche del secolo scorso; sia perché ricche di proprietà organolettiche e nutrizionali non riscontrabili altrove; sia perché lontane da fonti di inquinamento (poche fabbriche e poco traffico veicolare). Dall’altra parte, il lavoro fondamentale del Consorzio di tutela del riso del Delta del Po IGP che proprio in questi giorni festeggia, a Jolanda di Savoia, i dieci anni dell’ottenimento del marchio di certificazione protetta. Era il 2006, infatti, quando un gruppo di agricoltori avvia le pratiche per il riconoscimento IGP, arrivato poi nel novembre 2009 con l’ottenimento definitivo del contrassegno europeo di qualità.
Oggi il Consorzio, che tutela valorizza e promuove il riso del Delta del Po, conta 37 aziende agricole, tutte impegnate nella filiera del riso, dalla semina passando per la raccolta e l’essicazione fino al confezionamento e alla distribuzione. Esiste un severissimo Disciplinare di produzione che il marchio IGP impone dal quale i produttori, ovviamente, non possono sgarrare.
Ma la sfida del futuro è il biologico. Come già avviene in molti ambiti è il biologico cui il Consorzio guarda, “non per moda – chiude Zanella – ma per avviare linee di prodotto diversificato a basso impatto ambientale, quindi più sostenibili poiché non vi è ricorso a pesticidi e diserbanti di sintesi”. Il progetto, messo a punto assieme all’Università di Ferrara, ha l’obiettivo di incentivare l’innovazione e la diversificazione del Riso del Delta del Po IGP in funzione di richieste dei mercati per migliorare la sostenibilità economica e ambientale delle produzioni della zona. Lo scopo finale sarà l’iscrizione del riso biologico del Delta del Po al marchio IGP.