Il termine deriva dal francese da ragoûter, cioè “risvegliare l’appetito”, e originariamente indicava piatti di carne stufata con abbondante condimento, usato per accompagnare altre pietanze. Nato come piatto a base di carne nella Francia rinascimentale, la ricetta del Ragù ha viaggiato fino alla corte borbonica napoletana per poi diffondersi fra le cucine nobili di tutta la penisola e successivamente anche fra quelle popolari. In Italia, divenne l’accompagnamento tradizionale per la pasta nei giorni di festa. Chiamato ragoût in Francia, adottato in Italia come ragù, termine che poco piacque al fascismo che tentò con scarsa fortuna di italianizzarlo nell’orribile “Ragutto”, il Ragù è arrivato fino ad oggi attraversando storie e mode culinarie fino a diventare un patrimonio gastronomico tricolore.
Portato dalla Francia in Italia alla corte dei Borbone
Gli ingredienti variano a seconda delle regioni, ma è comunque sempre presente la carne, quasi sempre il pomodoro, il vino bianco o rosso, e alcuni o tutti gli odori del soffritto base: sedano, carote e cipolla. Recentemente si sono diffusi anche ragù di pesce.
Se parliamo di ragù due sono le regioni di riferimento, l’Emilia-Romagna e la Campania quest’ultima erede dei monsù che operavano nelle cucine della corte borbonica napoletana che lo importarono in Italia, c’è poi da citare anche il potentino ndrupp’c (in italiano intoppo o inciampo) che si cucina a Potenza. Ma in realtà è diffuso pressocché a tutte le altre latitudini.
Nel 1773 Vincenzo Corrado nel suo “Il cuoco galante” aveva descritto per la prima volta un piatto che può essere definito l’antenato del Ragù, ma gli ingredienti non sono ancora quelli che conosciamo oggi (vitello, animelle, gamberi o uova) e la cottura si fa ancora in brodo con ortaggi ed erbe aromatiche. Solo successivamente arriva l’accoppiata con la pasta o il pomodoro.
Nell’800 arriva l’utilizzo della carne di maiale, e l’abbinamento con i tipi di pasta locale
Senza ombra di dubbio il Ragù bolognese è il più conosciute e imitato al mondo, diffuso all’estero dagli emigranti italiani che rievocavano in terra straniera i sapori della propria terra. Nell’800 arriva l’utilizzo della carne di maiale, la preparazione di piccole polpette (come nella tradizione napoletana e abruzzese) e l’abbinamento con i tipi di pasta locale, come la sfoglia in Emilia.
Ma per una sua definitiva identità dobbiamo arrivare al 1982 quando la Delegazione di Bologna dell’Accademia Italiana della Cucina deposita alla Camera di Commercio di Bologna la ricetta madre
Non poteva quindi che svolgersi a Modena la prima verticale di ragù, un originale excursus storico gastronomico ideato da uno storico dell’alimentazione Luca Cesari autore di diversi libri di cucina fra cui una Storia della pasta in dieci piatti pubblicata con il Saggiatore (vincitore del premio Bancarella della cucina e del Prix de la littérature gastronomique), tradotto in otto paesi e un grande chef stellato, Luca Marchini presidente dell’associazione JRE Italia, formatosi alla corte del pluristellato concittadino, Massimo Bottura che ha fatto del suo ristorante L’Erba del Re a Modena un laboratorio di esaltazione del territorio e dei suoi patrimoni gastronomici storici. L’appuntamento è per il 20 febbraio per una degustazione cucinata in diretta nella trattoria La Pomposa che partirà dal1600 per arrivare ai giorni nostri. Sei ricette che attraversano la storia della gastronomia emiliana.
Il 20 febbraio sei ricette che coprono 400 anni cucinate in diretta nel ristorante La Pomposa di Modena
Si parte con le “pollastre” in ragù, uno dei primi esempi di questo tipo di preparazione (da una ricetta del 1600 del grande cuoco francese François Pierre de la Varenne. Si prosegue poi con un ragù di uova di Vincenzo Corrado, il più famoso cuoco napoletano del Settecento alla corte dei Borbone cui fa seguito il ragù di fegatini di Francesco Leonardi, autore dell’Apicio moderno del 1790. L’abbinamento con la pasta arriva quindi con la ricetta dello stufato di Ippolito Cavalcanti attivo a Napoli nella prima metà dell’Ottocento con il sugo per condire i maccheroni. L’excursus storico termina con i maccheroni alla bolognese di Pellegrino Artusi che descrive la prima tipologia di ragù bolognese (senza pomodoro, tirato con il brodo). Per concludere: le tagliatelle al ragù classiche dell’osteria della Pomposa spin off de l’Erba del re di Luca Marchini.
Di seguito per i puristi che vogliono esercitarsi in cucina diamo comunque:
La ricetta del ragù classico bolognese depositata il 17 ottobre 1982 dalla Delegazione dell’Accademia Italiana della Cucina.
Ingredienti:
300 g di polpa di manzo (cartella o pancia o fesone di spalla o fusello) macinata grossa
150 g di pancetta di maiale
50 g di carota gialla
50 g di costa di sedano
30 g di cipolla
300 g di passata di pomodoro o pelati
½ bicchiere di vino bianco secco
½ bicchiere di latte intero
poco brodo
olio extravergine d’oliva o burro
sale, pepe,
½ bicchiere di panna liquida da montare (facoltativa).
Preparazione:
Sciogliere, in un tegame possibilmente di terracotta o di alluminio spesso, di circa 20 cm, la pancetta tagliata prima a dadini e poi tritata fine con la mezzaluna. Unire 3 cucchiai d’olio o 50 g di burro e gli odori tritati fini e far appassire dolcemente. Unire la carne macinata e mescolare bene con un mestolo facendola rosolare finché non “sfrigola”. Bagnare con il vino e mescolare delicatamente sino a quando non sarà completamente evaporato. Unire la passata o i pelati, coprire e far sobbollire lentamente per circa 2 ore aggiungendo, quando occorre, del brodo, verso la fine unire il latte per smorzare l’acidità del pomodoro. Aggiustare di sale e di pepe. Alla fine, quando il ragù è pronto, secondo l’uso bolognese, si usa aggiungere la panna se si tratta di condire paste secche. Per le tagliatelle il suo uso è da escludere. Questa è la ricetta” attualizzata” del vero Ragù alla bolognese, depositata il 17 ottobre 1982 dalla delegazione bolognese dell’Accademia italiana della cucina presso la Camera di Commercio di Bologna.
Procedimento:
Si scioglie nel tegame la pancetta tagliata a dadini e tritata con la mezzaluna; si aggiungono le verdure ben tritate con la mezzaluna e si lasciano appassire dolcemente; si aggiunge la carne macinata e la si lascia, rimescolando sino a che sfrigola; si mette 12 bicchiere di vino ed il pomodoro allungato con poco brodo; si lascia sobbollire per circa due ore aggiungendo, volta a volta, il latte e aggiustando di sale e pepe nero. Facoltativa, ma consigliabile, l’aggiunta, a cottura ultimata, della panna di cottura di un litro di latte intero.