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Il prezzo del gas crolla, l’inflazione cede il passo e la recessione spaventa di meno. Ecco perché

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Il prezzo del gas è in caduta libera e costante, toccando valori che non si vedevano dal 2021, ben prima della guerra in Ucraina e del successivo taglio delle forniture russe. Se fino a poco fa sui mercati energetici sembrava esserci una tempesta perfetta, è tempo di qualche schiarita con la normalizzazione dei prezzi. E gli effetti potrebbero essere visibili presto anche in bolletta. Anche le quotazioni del petrolio stanno virando al ribasso, contribuendo così a creare un cauto ottimismo tra gli operatori. Di conseguenza si sgonfia con più velocità del previsto l’inflazione che secondo molti “ha raggiunto il suo picco” nell’Eurozona.

Dopo tanto pessimismo sulle prospettive dell’economia globale arrivano dunque spiragli di fiducia. Il numero due del Fondo monetario internazionale, Gita Gopinath in un video pubblicato a margine dei lavori del Forum economico mondiale a Davos, ha affermato che l’inflazione “resta ancora molto alta”, ma nei principali mercati sembra aver “raggiunto il picco” e l’economia globale mostra “segnali di resilienza”. A discostarsi dal coro di voci pessimiste è stato anche il commissario Ue, Paolo Gentiloni, che ha ribadito come l’Unione europea potrebbe scontare solo una “contrazione limitata” nel primo trimestre dell’anno ed evitare una recessione profonda. Ma se tutti questi fattori hanno contribuito a creare un contesto più favorevole, la Bce mantiene lo zoccolo duro sui tassi: “Determinati ad agire”.

Con i prezzi del gas e petrolio in discesa e l’inflazione che molla la presa, a dispetto di alcune attese di un 2023 “nero”, lo spettro della recessione fa meno paura. Ma perché? Andiamo con ordine.

Perché il prezzo del gas è in picchiata?

Le quotazioni scendono dell’11% a 57,6 euro al megawattora, portandosi ai livelli di settembre 2021 e registrando una flessione del 24% dall’inizio dell’anno. Le cause sono tante e le spiega al Sole 24 ore Davide Tabarelli, presidente di Nomina Energia. Innanzitutto, i consumi sono scesi grazie alle temperature sopra la media e al calo della domanda dell’industria e delle centrali elettriche, passate in gran parte al carbone. Anche se l’inverno è agli inizi, come le temperature di questi giorni ci confermano, le previsioni sono “ottimistiche” e si pensa di tornare a temperature più miti, motivo per cui le quotazioni del gas sono sotto i 60 euro/MWh, 5 volte in meno dei picchi di fine agosto, ma ancora di gran lunga superiore alle medie lungo termine di 20 euro precedenti la crisi.

Il minor consumo durante le prime settimane dell’inverno comporta un maggior riempimento degli stoccaggi. I depositi europei sono molto più pieni di quanto avvenuto solitamente in questo stesso periodo negli scorsi anni, quando il dato si attestava normalmente tra il 60% e il 65% (oggi intorno al 70/80%).

Stoccaggi pieni, più Gnl e clima favorevole

A rassicurare, inoltre, c’è anche l’ampia l’interruzione della dipendenza dalla Russia e la disponibilità di gas liquefatto naturale per l’Europa, con la Cina che al momento non sembra intenzionata a fare concorrenza.

Poi c’è il vento. I picchi assurdi del prezzo di agosto (350 euro/MWh) furono dovuti anche dall’assenza quasi totale di produzione elettrica da vento nel Nord Europa, l’esatto contrario di quello che sta accadendo negli ultimi giorni, con una produzione in media in Europa superiore a 100 GW per la settimana chiusa il 15 gennaio. Mentre ad agosto era stata a 35 GW e un anno fa a 70 GW. Un’altra incombenza dei mesi passati, ora meno minacciosa, è il nucleare francese, le cui centrali sono tornate a produrre in gran quantità̀, grazie a una ripresa improvvisa che però non fa dormire sonni tranquilli e che potrebbe sempre riproporsi.

Ecco perché, guardando alla prossima stagione (autunno inverno 2023-24, ma si prepara in estate) diventano fondamentali le strutture di importazione Gnl che sono state realizzate a tutta velocità in Germania e Olanda, 4 rigassificatori, due per ciascuno, con l’ultimo tedesco che sta mandando il primo gas. Addirittura, il mercato non ha reagito ad un’improvvisa interruzione sui due nuovi olandesi, che durerà̀ fino al 30 di gennaio, a conferma della tranquillità̀ che domina fra gli operatori.

La Germania accelera sui rigassificatori. A che punto è l’Italia?

Preme al ribasso sulle quotazioni del gas, anche la decisione della Commissione Europea di muoversi sugli acquisti comuni. Consentirà di evitare la corsa agli acquisti per scorte della scorsa estate, che di fatto ha spinto i prezzi ai massimi storici con un impatto sull’inflazione che ancora stiamo scontando (oltre l’11%) e con impennata delle bollette. Un errore, questo, riconosciuto anche dalla Germania, per bocca del vicecancelliere tedesco e ministro dell’Economia Robert Habeck, che ha posto l’accento sull’urgenza di costruire altri 4 rigassificatori, oltre ai due appena completati, e che arriveranno entro quest’anno.

La velocità tedesca evidenzia il ritardo dell’Italia sui rigassificatori. L’esigenza di fare presto è legata anche al fatto che molta parte del gas importato ora arriva dall’Africa e va portato a Nord, nella Pianura Padana, dove serve. E per questo si deve accelerare sui rigassificatori. Quello di “Piombino sarà operativo entro maggio”, ha detto l’ad di Snam Stefano Venier in conference call giovedì 19 gennaio, aggiungendo che “con l’altro nuovo rigassificatore, previsto a Ravenna, garantirà elevata flessibilità all’Italia mentre la quota del gas liquido, salirà dal 20% al 40%”.

Inflazione: il peggio è davvero passato?

L’inflazione primaria ha probabilmente raggiunto il picco, ma alcune delle “componenti più vischiose” come il settore dei servizi sono ancora in aumento in alcuni paesi. Lo ha detto parlando con Bloomberg Tv a margine dei lavori del World Economic Forum a Davos Gita Gopinath, primo vicedirettore generale del Fondo monetario internazionale aggiungendo che il 2023 sarà un “anno difficile” anche se ci sono segnali di resilienza. Le nuove previsioni del Fmi per l’economia globale previste per la fine del mese – ha aggiunto Gopinath – non saranno molto dissimili da quelle pubblicate a ottobre.

“Dopo aver attraversato circa tre round di riduzione delle stime – ha proseguito – almeno questa volta non stiamo osservando un risultato peggiore. Sebbene la crescita globale toccherà il punto più basso quest’anno, poi ci sarà un miglioramento verso la seconda metà di quest’anno e poi nel 2024″.

Anche Confindustria sembra meno pessimista sul futuro. “Avremo un anno caratterizzato per i primi sei mesi da alcune difficoltà. Nel secondo semestre l’economia dovrebbe riprendere in maniera robusta. Temiamo però una frenata degli investimenti”, ha detto il presidente Bonomi a Radio 24.

Per quanto riguarda l’inflazione, il numero uno degli industriali stima “per la fine dell’anno un’inflazione intorno al 5-6%, se non ci dovesse essere un ulteriore aumento del prezzo del gas”. “La nostra è una inflazione da importazione dovuta alla fiammata dei costi delle materie prime, soprattutto energetiche”. Fino ad agosto “continueremo a scontare il picco di agosto 2022”, ha concluso.

Lagarde: “Recessione contenuta” ma la Bce non abbasserà i tassi

Sebbene l’economia nell’Eurozona stia andando meglio di quanto previsto, l’inflazione resta a livelli record e la Bce sembra intenzionata a perseguire la strada della politica monetaria restrittiva per tornare verso l’obiettivo di un’inflazione al 2% fissato dalla strategia dell’Eurotower.

Lo confermano le dichiarazioni di Christine Lagarde a Davos: probabilmente l’economia andrà incontro solo a una “piccola contrazione” nell’eurozona ma il 2023 “non sarà brillante” e l’inflazione “resta troppo alta”. Dunque, la Bce manterrà la rotta sui tassi “fino a quando saremo entrati in territorio restrittivo abbastanza a lungo per riportare velocemente l’inflazione al 2%. Non vediamo un disancoraggio delle aspettative, ma non possiamo rischiare”, ha concluso Lagarde.

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