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Il post Cinema: Rimetti i nostri debiti

Rimetti i nostri debiti                                                                                                                                    ****
Esiste una violenze diretta, evidente, tangibile, visiva e una sottile, subdola, rarefatta e diffusa. La differenza tra le due può consistere nell’impatto, nell’attimo in cui si manifesta, nella frazione di tempo che impiega ad arrivare ai nostri recettori fisici e psicologici e, successivamente, venire collocata nella zona morale di competenza. Infatti, non sono pochi i casi, le circostanze, dove la violenza può essere giustificata, compresa, accettata come legittima e necessaria. Quando avviene che i comportamenti, i linguaggi violenti assumono la dimensione quotidiana, sociale e culturale si forma la cultura della violenza che, a tratti, sembra tanto diffusa anche nella nostra società.

Ti tutto questo si parla, e si vede, nel film di Antonio Morabito Rimetti i nostri debiti, da ieri in distribuzione su Netflix, il primo film italiano originale non seriale prodotto dalla piattaforma on line. La storia riguarda due personaggi, Marco Giallini e Claudio Santamaria in grandissima forma, che si occupano di recuperare crediti insoluti per conto di una banca. Si trovano a che fare con tutto il versante peggiore della natura umana che spazia dall’avidità alla cattiveria gratuita, dove nel mezzo si intravvede la crisi economica capace di piegare le gambe anche a chi è animato della migliore buona volontà per uscirne. La figura di Giallini è particolarmente rasposa, aggressiva, di grande efficacia nel rendere insopportabile quel ruolo, quel genere di attività – un lavoro ? – che, per certi aspetti di cui si parla, può anche apparire giusta e necessaria. Santamaria invece assume le vesti della parte buona, del lato migliore, della natura umana: attento e comprensivo, che prova ad essere diverso da quello che è ma non ci riesce. I dialoghi tra loro e con altri protagonisti (il professore e la cameriera) sono semplicemente perfetti, riescono a dare tutti gli elementi sufficienti e necessari a tratteggiare persone che partecipano alla vicenda e la arricchiscono con la loro forte umanità. Tutto credibile, efficace, immediatamente intellegibile.

La storia si dipana con le immagini di una certa Roma che rimane sul fondo, crepuscolare, un po’ distaccata e dipinge un fondale adeguato al contesto narrativo. Da sottolineare un attentissimo lavoro sulle luci e sulla fotografia, uno stile efficace quanto adatto alle modalità di visione (lo streaming televisivo) proprio della piattaforma Netflix. Forse un lieve eccesso di sensibilità derivata da troppo Hopper, largamente metabolizzato sia nelle immagini classiche dei disegni e dipinti, nonché sul grande schermo. Una piccola nota a margine sull’audio: la presa diretta di microfoni funziona se utilizzata alla perfezione, altrimenti spesso ne esce una mescola rumori non facilmente percettibili.

Il film di Morabito merita grande attenzione e rimette al centro la qualità del cinema italiano che c’è, esiste, ma che spesso in nome di brutali politiche commerciali viene sacrificato al botteghino. Merita una riflessione più approfondita l’approccio al post- cinema, questa nuova era di produzione e distribuzione che non vede più la classica sala cinematografica al suo centro. Rimetti i nostri debiti non lo vedremo sul grande schermo ma comodamente seduti sulle nostre poltrone, oppure in viaggio su un tablet. È stato detto dallo stesso Morabito che è “meglio essere su Netflix in novanta paesi piuttosto che sparire dopo alcuni giorni in poche sale”. Si tratta di qualcosa del tutto diverso rispetto al passato. È presto per esprimere giudizi e, al momento, si intravvedono solo vantaggi. Intanto, ci accontentiamo di apprezzare, nelle migliori condizioni possibili, un lavoro di alta qualità, di rara attenzione stilistica.

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