I prezzi del petrolio, dopo la giornata di lunedì, continuano a salire. Alle 13 il prezzo del petrolio europeo, il Brent, è di 82,35 dollari al barile, +1,68% rispetto a inizio anno mentre quello americano (WTI) ha raggiunto i 75,67 dollari al barile (+2,11%).
I titoli delle società petrolifere sono tutti in positivo nelle piazze finanziarie mondiali grazie al rimbalzo della materia prima e in scia ai conti pubblicati dal colosso inglese BP. Saipem guadagna il 4,5% in Borsa ed è la migliore del Ftse Mib mentre Tenaris e Eni registrano un rialzo di oltre l’1%. Il sottoindice Oil&gas dello Stoxx600 sale dell’1% guidato, come si diceva, dal +5% di BP a Londra che ha registrato conti record nel 2022 con un utile netto di 27,7 miliardi di dollari, un dividendo di 24 centesimi e il piano di acquisto di azioni proprie per 2,75 miliardi di dollari.
L’aumento del prezzo del petrolio è derivato da varie situazioni. Da un lato incide la decisione di Saudi Aramco di aumentare i prezzi verso i clienti asiatici, considerando che la Iea, l’agenzia internazionale per l’energia, ha stimato che circa metà della domanda globale di petrolio per quest’anno proverrà dalla ripresa delle richieste dalla Cina. Un altro fattore che contribuisce a spingere i prezzi è lo stop ai flussi di petrolio dell’oleodotto Kirkuk-Ceyhan in seguito al terremoto che ha colpito ieri la Turchia. L’oleodotto trasporta oltre 450.000 barili dal nord dell’Iraq al porto mediterraneo di Ceyhan in Turchia.
Russia: 25 miliardi di deficit, peggior dato dal 1998
La mancanze di entrate dal settore energetico – colpito dalle sanzioni occidentali – combinato con l’aumento della spesa militare per la guerra con l’Ucraina ha fatto registrare alla Russia un buco di bilancio di 1.760 miliardi di rubli (25 miliardi di dollari), il più grande deficit dal 1998. Rispetto a gennaio 2022, le entrate fiscali da petrolio e gas sono crollate del 46% mentre c’è stato un aumento del 59% della spesa a causa della guerra in Ucraina.
Inoltre, il prezzo dell’Urals, che è una miscela di greggio degli Urali, del delta del Volga e della Siberia viene scambiato notevolmente al di sotto del prezzo di riferimento. Il prezzo medio registrato è di 49,48 dollari al barile, il più basso da dicembre 2020.
Per coprire il deficit il governo russo ha dichiarato di aver venduto 3,6 tonnellate di oro e 2,3 miliardi di yuan dal fondo sovrano. Putin corre dunque ai ripari e sembra aver chiesto un piano, entro fine mese, su come valutare il prezzo del petrolio russo per compensare l’effetto negativo delle sanzioni sulle entrate di bilancio.
Intanto scende il prezzo del carburante
L’embargo europeo ai prodotti raffinati provenienti dalla Russia, entrato in vigore lo scorso 5 febbraio rientra nell’ultimo pacchetto di sanzioni alla Russia. Contrariamente a quanto si temeva, non ha fatto aumentare, al momento, il prezzo del diesel che, anzi, registra un calo alle stazioni di servizio. Eni ha ridotto di 1 centesimo il prezzo suggerito della benzina e di due centesimi quello del diesel. Stesso intervento anche da parte di Tamoil.
Il prezzo medio praticato della benzina in modalità self è ora di 1,873 euro/litro (1,876 il dato precedente), mentre il prezzo medio del diesel self è di 1,891 euro/litro (contro 1,898). Al servito i prezzi superano ancora i 2 euro a litro con la benzina ferma a 2,016 euro/litro e il diesel a 2,036 euro/litro.
Il prezzo del Gpl oscilla tra gli 0,79 e lo 0,82 mentre il prezzo medio del metano auto si colloca tra i 1,960 e 2,219.