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Il petrolio aspetta la Fed ma il vaccino spinge oro e rame

Il rally di novembre perde slancio dopo la revisione delle stime dell’Agenzia per l’Energia ma potrebbe riprendere dopo le dicisioni della banca Usa. Rimbalza l’oro, corrono i metalli e il frumento va alle stelle

Il petrolio aspetta la Fed ma il vaccino spinge oro e rame

Il rally può attendere. Il petrolio, appena varcata la soglia dei 50 dollari al barile, ha perso la spinta al rialzo sull’onda della speranza di un forte recupero della domanda mondiale. Al contrario, a gelare le attese ci ha pensato l’Agenzia Internazionale dell’Energia che ha tagliato le stime sottolineando che l’impatto di qualsiasi vaccino sulla domanda si vedrà solo tra qualche mese. 

Non a caso l’Opec + ha rinviato all’inizio di gennaio l’incontro già previsto in settimana per rivedere al rialzo le quote di produzione. Per il cartello, comunque, la crescita dei consumi sarà più modesta di quanto previsto a novembre: meno di 6 milioni di barili al giorno (5,9 milioni) rispetto ai 90 milioni di barili attuali, in calo di quasi dieci milioni dal livello del 2019. 

“Le incertezze rimangono elevate, soprattutto intorno al sviluppo della pandemia Covid-19 e il lancio dei vaccini – si legge nel report dell’Agenzia internazionale dell’energia – così come per i comportamenti dei consumatori”.

S’interrompe  così, almeno per ora, il rally di novembre quando il settore energy ha messo a segno un rialzo del 24 per cento trainando con sé le materie prime industriali + 14% e quelle agricole +5%.

 In cambio, stamane rimbalza l’oro, confermando il trend in atto sui mercati: ogni segnale di ripresa coincide con un incremento del petrolio che a sua volta mette in moto rame e metalli ferrosi. A loro volta queste commodities si muovono in controtendenza rispetto al dollaro: ogni calo della valuta Usa è stato seguito dall’aumento delle quotazioni delle commodities.

 Di qui la sensazione che la corsa al rialzo del greggio possa ripartire dopo la conclusione mercoledì del vertice della Fed: i mercati, prima di rilanciare gli acquisti, attendono conferme sulle strategie a breve della banca centrale Usa. 

 La domanda cinese resta in grado di sconvolgere  le previsioni pessimistiche: gli ultimi dati giunti dalla Cina hanno confermato la fame di petrolio del colosso asiatico, con una domanda che, stando ai calcoli Bloomberg, sarebbe cresciuta di circa l’8,4% anno su anno. E nel mondo delle materie prime agricole, torna a salire il frumento, lunedì in forte calo a causa delle voci su una tassa che andrebbe a colpire le esportazioni della Russia, ancora oggi il granaio del mondo. La manovra fiscale, pensata per calmierare i prezzi domestici, potrebbe di fatto ridurre l’offerta globale, in un momento dove gli acquisti cinesi sono elevati. Venerdì il future di riferimento del grano era arrivato sui massimi dell’ultimo anno e mezzo. Ma qui entrano in gioco, assieme alla spinta dalla Cina, i problemi del clima: l’effetto della “Nina” che sconvolge il Sud del mondo è all’origine dell’incremento dei prezzi della soia (+11 per cento in un mese) e del cotone (+7).

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