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Il patto Lega-M5S è pericoloso: meglio il governo di tregua

La svolta che si sta prefigurando per un governo Salvini-Di Maio provocherà disastri economici al paragone dei quali l’aumento dell’Iva sarebbe come un raffreddore rispetto alla broncopolmonite. Onore al presidente della Repubblica: ha cercato di evitare il pericolo proponendo un governo neutrale e dimostrando che la democrazia rappresentativa è più forte dei suoi nemici

Il patto Lega-M5S è pericoloso: meglio il governo di tregua

‘’Un governo di tregua è quello che ci vuole per certificare il loro insuccesso (della Lega e del M5S, ndr) e per poter iniziare a convincere i cittadini che i voti dati a formazioni estremiste sono non solo inutili, ma soprattutto dannosi per la democrazia perché basati su promesse impossibili da mantenere. Certo la tregua dovrebbe servire alle altre forze politiche, ed in particolare al PD, per chiarire cosa vuol essere in prospettiva e cosa significa oggi voler essere “di sinistra”. E’ questo un brano di un recente articolo di Ernesto Auci su FIRSTonline.

Questa sua considerazione – come tante altre contenute nel testo citato – era del tutto condivisibile e, per qualche ora, tutto lasciava credere che il decorso della crisi si incamminasse lungo quella strada. Le dichiarazioni del Presidente Mattarella, a conclusione delle consultazioni, erano scolpite sul bronzo. Il Quirinale aveva svolto ogni possibile verifica per dare vita ad una maggioranza e ad un governo, pur ribadendo dei vincoli a cui attenersi: 1) a nessun governo ‘’politico’’ sarebbe stata consentita l’avventura di andare a cercare una maggioranza, non precostituita, in Parlamento; 2) non sarebbe potuto rimanere in carica l’esecutivo presieduto da Paolo Gentiloni perché votato da un Parlamento diverso da quello eletto il 4 marzo; 3) non sarebbe stato corretto dare l’incarico a Matteo Salvini perché nel caso in cui non avesse ottenuto la fiducia avrebbe comunque dovuto gestire le elezioni anticipate, senza avere le caratteristiche di un governo di tregua (in questo passaggio Mattarella ha superato se stesso).

Poi la svolta: Di Maio e Salvini sono rinnovati i loro ‘’amorosi sensi’’ grazie alla (annunciata) benevola astensione di Forza Italia. Si vede che Berlusconi ha fatto propria la battuta di Groucho Marx, rilanciata da Woody Allen: ‘’Non mi iscriverei mai ad un club che avesse tra i suoi soci persone come me’’. Può essere, pertanto, che quando questo articolo sarà gentilmente ospitato da FIRSTonline, verrà annunciato che l’accordo per il governo del freddo, della fame e della paura è stato raggiunto. Approfitto quindi di questi ultimi attimi di libertà per esprimere tutto il mio sdegno nei confronti delle moltitudini di parlamentari di ogni colore, di commentatori, imprenditori, ‘’anime belle’’, che hanno fatto di tutto pur di evitare il voto anticipato, fino a raccomandarsi all’ex Cav (il quale avrà il suo tornaconto, ma sbaglia a fidarsi delle promesse dei ‘’nuovi barbari’’).

Certo, un miracolo può ancora succedere. Intanto, però, sono debitore di alcune scuse. L’esperienza compiuta durante una vita decisamente lunga mi ha insegnato che è doveroso ed onesto riconoscere i propri errori ed ammetterli. Nel 2015, me ne andai dal Ncd (non me ne sono mai pentito) perché i suoi parlamentari avevano contribuito ad eleggere Sergio Mattarella alla più alta carica dello Stato. Ero convinto che il neo presidente sarebbe stato un ‘’esecutore’’ delle decisioni di Matteo Renzi che era riuscito, con grande abilità, a portarlo al Quirinale.

Invece, in questi anni, Mattarella, in tutti i passaggi politici delicati, ha compiuto delle scelte che a me sono sembrate corrette, giuste ed opportune. Così è stato dopo la crisi del 4 dicembre, quando il presidente ha voluto assicurare la continuità della legislatura conferendo l’incarico a Paolo Gentiloni, il cui Governo non ha affatto perso tempo, ma ha provveduto a ricucire i rapporti con la Ue e con i partner europei ed internazionali ed individuato, nel campo delle politiche sociali, soluzioni in grado di dare risposte a problemi e a difficoltà reali, senza smantellare le riforme del mercato del lavoro e delle pensioni, nonostante la canea indecorosa scatenata dalle opposizioni.

E’ stata, tuttavia, la gestione del quadro politico emerso dopo il voto del 4 marzo, a mettere in evidenza le doti da statista di Sergio Mattarella. Il presidente ha condotto in modo ineccepibile le consultazioni per la formazione di una maggioranza e di un governo, come se immaginasse che i partiti, sedicenti vincitori nelle urne, si sarebbero incartati da soli. L’idea di promuovere la costituzione di un esecutivo ‘’neutrale’’ (in verità ‘’tecnico’’, anche se questo è divenuto un aggettivo proibito) avrebbe allontanato dal potere forze pericolose per la stabilità dei conti pubblici e per i tradizionali obblighi europei ed internazionali del nostro Paese. Magari sarebbe stata soltanto una questione di mesi (che in politica, tuttavia, possono significare molto): ma per tutto questo tempo non avremmo più sentito parlare di abolizione della legge Fornero e del jobs act, della istituzione del reddito di cittadinanza e della flat tax (made by Salvini-Borghi), di nuove leggi contro la corruzione o di quant’altro ha riempito le discariche a cielo aperto, durante la campagna elettorale.

I talk show, che hanno caldeggiato la resa del Pd al M5S, si sono messi a sostenere che sarebbe un danno gravissimo per le famiglie italiane il probabile incremento dell’Iva dal 2019, nel caso in cui non fosse possibile garantire la sterilizzazione delle relative clausole. Ben più seri e negativi, invece, saranno i disastri economici e sociali di un esecutivo sovranpopulista, a confronto dei quali un aumento del costo della vita (in un’epoca in cui si è fatto di tutto per creare un’inflazione artificiale) è paragonabile ad un banale raffreddore rispetto ad una broncopolmonite.

Ma nel condurre a conclusione la crisi, il contributo più importante di Mattarella è stato un altro: l’aver dimostrato che quando le istituzioni esercitano i loro poteri legittimi, la democrazia rappresentativa è più forte dei suoi nemici. Per troppi anni la politica italiana si è lasciata sottoporre alla gogna mediatico-giudiziaria-populista, al di fuori di ogni regola propria dello Stato di diritto; l’isteria di un moralismo d’accatto si è trasformata in un regime ossessivo.

La Presidenza della Repubblica è un organo monocratico; chi svolge quella funzione, in sostanza, decide da solo secondo la legge fondamentale della Repubblica (e senza consultare nessuno attraverso la piattaforma Rousseau). Se l’operazione del Quirinale fosse andata in porto anche chi sbandiera 11 milioni di voti avrebbe dovuto prenderne atto. Purtroppo, sembra che gli ‘’sfascisti’’ riescano a segnare in zona Cesarini. Sono curioso, alla fine, di conoscere chi sarà la persona ‘’terza’’ la quale farà ‘’per viltade’’ la grande accettazione di guidare un esecutivo siffatto. Una volta questi personaggi venivano definiti ‘’Quisling’’ (collaborazionisti).

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