“La storia tende a ripetersi. Purtroppo…”. Sorride il premio Nobel Robert J Shiller, ospite a Milano alla convention di Kairos Partners, quando parla di bolle e di recessione (“l’abbiamo avuta nel 2000, poi sette anni dopo, nel 2007. Ora sono giusto passati altri sette anni”). Ma non nasconde che la dinamica dei prezzi, sia sul mercato azionario che obbligazionario, gli ispira una certa cautela.
“I prezzi sono molto alti, ho già visto questa dinamica in passato e mi preoccupa. Non è una previsione, lo stato presente può andare avanti per chissà quanto. Ma negli Usa, nonostante la ripresa dell’economia, regna un certo nervosismo: il livelli dei tassi, troppo basso, condiziona “l’istintività degli investimenti” a tutti danno degli animal spirits dei mercati, vittime del perdurare di tassi troppo bassi. Intanto gli indicatori del mercato consigliano una certa prudenza, anche se il Cape a quota 26 è ben al di sotto dei livelli toccati negli anni dell’euforia (fino a 43).
Una situazione anomala, una sorta di new normal su cui indaga il professore di Yale che individuò per primo, negli anni Novanta, “L’esuberanza irrazionale” (titolo del suo best seller”) che stava alle spalle della corsa del mercato azionario. Non a caso il titolo della relazione presentata a Milano era: “Che cosa c’è di insolito nei mercati di oggi”, ovvero come muoversi in un mondo narcotizzato dai bassi tassi di interesse che incidono sulla ricerca di opportunità.
E’ l’ultimo sviluppo degli studi che Shiller ha dedicato alla comprensione della dinamica dei mercati, culminato nei modelli dedicati alla comprensione dell’andamento dei listini (oggi tendenti verso l’alto) e del mercato immobiliare. Modelli matematici sviluppati da uno studioso che diffida delle soluzioni meccaniche e tecniche.
“I miei colleghi accademici – spiega – tendono a sopravvalutare il valore della teoria dell’efficienza dei mercati. In realtà, non esiste il mercato perfetto”. A condizionare le scelte degli investitori e la direzione dei mercati è la psicologia, a sua volta frutto di complesse interazioni che si sviluppano nel tempo: la Bolla del 2000 ha spinto in alto le Borse, ma la stessa corrente ha poi provocato la bolla immobiliare. E così via.
E oggi? La situazione, per molti versi, appare soddisfacente. L’economia americana è in piena ripresa ed i mercati, dopo le riforme delle regole, offrono migliori garanzie. L’Europa, dopo il Quantitative Easing, può affrontare e vincere la sua battaglia contro la deflazione. Non preoccupa nemmeno la il diverso orientamento tra la Fed, che dovrà aumentare i tassi (meglio prima che dopo), e la Bce. “Nonostante gli annunci dell’anno passato, i tassi americani sono scesi a livelli molto bassi. E poi un’Europa più forte è un vantaggio per tutti”.
Ma a complicare la situazione è la “crescita della disuguaglianza, ormai una realtà di fatto che è un problema centrale per la società americana” che si sta riflettendo nelle dinamiche degli investimenti, assai al di là degli effetti immediati sui mercati. “Alcuni pensano che l’unico rischio sia quello che misuriamo sul mercato azionario. Dimenticatevelo: ce ne sono molti altri. Qualcosa di grande succederà, non so che cosa e non so quando accadrà, ma sarà rivoluzionario per la società. Abbiamo davanti un’enorme incertezza». “Le diseguaglianze ci sono sempre state, ma negli ultimi anni sono cresciute in una maniera pericolosa”.
A cui lo studioso tenta di dare risposte concrete. E’ sua l’idea di un’assicurazione obbligatoria sul tenore di vita, che protegga l’individuo dai rischi legati alla perdita del posto di lavoro o di gravi rovesci finanziari.
In sostanza, il mondo del 2015 è all’apparenza un posto più sano che in passato. Ma le bolle che hanno arricchito l’1 per cento della popolazione stanno provocando effetti collaterali inquietanti che vanno disinnescati in tempo. Una missione difficile che cadrà soprattutto sulle spalle del successore di Barack Obama. Ma chi sarà? “Posso indicare il mio candidato favorito: Marco Rubio, il più sensibile alle tematiche verdi”. E poco conta che Rubio, repubblicano della Florida, sia poco più che un outsider.