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“Il Museo dialogante”: intervista agli autori del nuovo libro

Opera Kapoor

Ci sono tantissimi libri sui musei e sulla museologia. Il vostro libro su cosa si distingue?

Umberto Avanzi – L’idea del libro parte molto tempo fa con una serie di ricerche di mercato in alcuni musei pubblici e privati. Con queste ricerche ho imparato che  le istituzioni museali nella loro attività non possono prescindere da una conoscenza approfondita dei loro fruitori La caratteristica più interessante del libro è  proprio il tema dell’ascolto per instaurare un vero dialogo con il visitatore che abbandonando un ruolo passivo diventa visit-attore.

Matteo Mocchi –  Un aspetto interessante, poi, è la poliedricità di questo libro. Siamo tre persone molto diverse con esperienze differenti: Umberto è un ricercatore, Emanuele è un manager e io sono un designer. Ci siamo incontrati a un evento sui musei d’impresa edal quel momento abbiamo iniziato a ragionare sui contenuti e poi a scrivere. Ciascuno con un proprio taglio, un proprio stile, un proprio punto di vista. Penso che un altro aspetto distintivodel libro sia questa diversità che accredita al testo un valore aggiuntivo.

Emanuele Sacerdote – Vorrei aggiungere che c’è un altro elemento di unicità: questo libro volutamente esce durante la pandemia. L’intenzione è di fornire dei contenuti che potrebbe stimolare i musei a trovare delle nuove aree di crescita e di sviluppo. L’oggetto libro è lui stesso un dialogo: la nostra speranza è di accedere e ravvivare nuovi dialoghi per allargare il dibattito. 

Interessante. Se il solco tracciato è il dialogo e l’ascolto quali sono le soluzioni che proponete?

Umberto Avanzi –  Innanzitutto il filo conduttore del libro è il metodo, nel senso che tutti i nostri contributi parlano di processo e di metodo di lavoro. Il punto d’ingresso è la valutazione e l’analisi del contesto esistente con la finalità di rivedere e riprogettare la proposta museale in un’ottica più efficace. Il fulcro è la progettazione, la strategia e visione del concept-museale includendo altri elementi che possono arricchire la proposta e l’offerta. Le nostre soluzioni sono: co-creazione, relazione e restituzione.

Ecco parliamo di queste tre parola chiave: co-creazione, relazione e restituzione. Mi potete dare le vostre definizioni?

Umberto Avanzi – Co-creazione: parola forse abusata e inflazionata nell’era dei social media. Non si tratta semplicemente di tener conto di vissuti ed aspettative del fruitore dell’opera d’arte e neppure di realizzare mostre e gallerie che “mettano in scena l’arte” affidando al visitatore un ruolo attivo/interattivo Il libro è ricco di esempi dove i fruitori non diventano semplicemente dei visit-attori, ma possono contribuire attivamente alla realizzazione di collezioni e mostre trasformandosi quindi in visit-autori.

Il libro

Matteo Mocchi – Oggi più che mai è impensabile immaginare che una nostra azione non abbia alcun effetto e in una società iper-connessa come la nostra il concetto di “relazione” può sembrare scontato.A tal punto da renderci a volte più egoisti che mai. Spesso ciò che manca alle relazioni è l’autenticità: considero la relazione un dialogo portatore di significato e di valore per tutti coloro che sono coinvolti dal dialogo stesso. Un dialogo aperto, fluido e, soprattutto, responsabile.

Emanuele Sacerdote – Restituzione. Mi piace pensare che la restituzione da un punto di vista filosofico sia come la salvezza, ma non voglio dare una lettura “morale.” La forte spinta che ispira la restituzione è una combinazione tra il sentimento filantropico, la continuità e la responsabilità. Il principio che sottende la restituzione è l’aggiunta allo scopo museale principale ed esistente di altri scopi pro-sociali, pro-culturali e pro-filantropici a positivo impatto sociale. Il museo si trasforma in super-luogo e in super-vettore di mediazione, di produzione e di restituzione aumentando la sua capacità attrattiva e attraente, teatralizzando, estendendo e arricchendo nuovi discorsi, nuovi percorsi e nuovi linguaggi.

Mi fate un esempio rappresentativo di queste soluzioni.

Umberto Avanzi– Il più importante esempio è il Museum of BrokenRelationship   Nato da un’idea di una coppia di artisti che, a seguito della fine della loro relazione amorosa nel 2006, decisero di creare prima una mostra e poi un museo degli oggetti che avevano rappresentato momenti di vita condivisi. In seguito, il museo ha incoraggiato chi aveva vissuto la fine di un rapporto a donare gli oggetti significativi della loro relazione alle due sedi del museo a Zagabria e Los Angeles

Matteo Mocchi – In occasione dell’apertura della nuova sede nel 2016, il London Design Museum ha invitato la collettività a co-curare una sezione del museo dando vita al Crowdsourced Wall, una parete allestita con oggetti selezionati dal pubblico su una piattaforma online. Un’operazione attraverso cui instaurare una nuova relazione capace di coinvolgere anche un pubblico più giovane, interessato ai new media ed alle tecnologie. Una relazione in cui, come dichiarato dal direttore Deyan Sudjic “il mondo virtuale serve per creare un dialogo che deve approdare al luogo fisico”.

Emanuele Sacerdote – Museo della Carta di Pescia. Il valore aggiunto è estremamente elevato, il focus progettuale è molto restituente e l’impatto sociale e valoriale è potenzialmente positivo. Dal recupero archeologico di un brand storico, alla messa in produzione di nuove produzioni, al contributo sociale per la creazione di lavoro di nuove competenze e di vecchie tradizioni. Memoria, identità e restituzione!

Cosa prevedete per il prossimo futuro in ambito museale?

Umberto Avanzi – Il covid 19 ha imposto di trasformare il problema (chiusura dei musei) in una opportunità: grazie all’inevitabile ricorso al digitale i musei nel futuro non saranno più gli stessi. Basta pensare come digitale modificherà rendendolo più immersivo lo scambio fra opera d’arte e visitatore, moltiplicherà la possibilità di visite anche a distanza da parte di un pubblico sempre più vasto, faciliterà l’accesso nei depositi dei musei a tesori nascosti, intensificherà la relazione e co-creazione fra istituzione e pubblico. L’altra grande opportunità potrebbe essere rappresentata da nuovi fondi e investimenti provenienti dal Recovery Fund.

Matteo Mocchi – Confido in un grande entusiasmo capace di rimuovere la polvere che spesso caratterizza alcune logiche museali a favore di un approccio più dinamico e coinvolgente. Per riprendere un’immagine di Calvino che mi è sempre piaciuta, diciamo che forse è giunto il momento di spalmare un po’ più di marmellata su questa solida fetta di pane.

Emanuele Sacerdote – Ritengo che i consumi culturali ed esperienziali riprenderanno a pulsare con vigore non appena torneremo apoter socializzare e uscire. Ho la sensazione che in questo tempo di chiusura molti musei abbiamo ragionato sul futuro e siano pronti ad affrontare le nuove sfide con rinnovata creatività e strategia. Ritengo che il tema del digitale sia prioritario, ma che debba essere progettato con dei presupposti e dei modelli di business diversi da prima. Adesso è il momento di innovare. Per cogliere lo spunto di Umberto sul Recovery Fund già adesso si vedono dei segnali con l’utilizzo dei musei per la somministrazione dei vaccini (ndr, Hangar Bicocca).

Foto autori

Immagine di copertina: Untitled di Anish Kapoor

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