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Il Milan vince il derby, il Napoli incanta, la Juve delude

Sito Ac Milan

Un sabato pazzesco. Gli anticipi della quarta giornata hanno offerto spettacolo e colpi di scena a ripetizione, con risultati clamorosi e destinati a far parlare per diversi giorni. A dominare la scena Zlatan Ibrahimovic, eroe di un Milan che vince il derby e scappa in vetta alla classifica in solitaria, ma anche il resto non scherza. Alzi la mano chi, alla vigilia, si sarebbe aspettato che il Crotone potesse fermare la Juventus, che il Napoli fosse in grado di polverizzare l’Atalanta, o che la Lazio potesse crollare in quel modo a Genova contro la Sampdoria. Insomma, è successo davvero di tutto e ora, in attesa che la Roma completi il giro delle “sette sorelle” all’Olimpico contro il Benevento (ore 20.45), è il caso di riepilogare l’accaduto.

Partiamo dal derby di Milano, che dopo oltre 4 anni di attesa torna a colorarsi di rossonero. Il fatto che sia successo proprio nell’anno in cui si è deciso di puntare su Ibrahimovic (dall’inizio s’intende) non è certamente un caso: lo svedese, di rientro dopo il Covid, ha regalato una prova sontuosa, condita da due gol, decine di giocate utili e, in alcuni casi, difficili, ma soprattutto un cuore enorme. Ridurre il Milan solamente a Zlatan però sarebbe sbagliato, oltre che ingeneroso: 20 risultati utili consecutivi, infatti, non possono dipendere da un solo uomo, per quanto fondamentale. Molti meriti vanno anche a Pioli, capace di costruire dalle macerie una squadra bella, divertente e, soprattutto, maledettamente efficace, nella quale può cambiare gli interpreti (Ibra a parte) senza perdere il prodotto finale. 

Il suo Milan ha saputo aggredire l’Inter sin dall’inizio, sfruttando le sue debolezze difensive su ambo le fasce, in particolare dalla parte di un Kolarov davvero disastroso. Il serbo ha prima mandato dal dischetto Ibra per un fallo evitabilissimo (12’, lo svedese ha poi segnato sulla ribattuta di Handanovic), dopodiché, 4’ più tardi, si è perso nuovamente il numero 11 rossonero per il raddoppio. Qui urge spostare il mirino dall’altra parte e chiedersi se Conte, al netto delle numerose assenze, non abbia sbagliato qualche valutazione di troppo. La fascia sinistra dell’Inter è apparsa sin dall’inizio fragile e confusa e anche la manovra offensiva, nonostante Lukaku (suo il gol della bandiera al 28’) e Hakimi in grande spolvero (maluccio invece Lautaro), non è stata efficace come in passato.

Gli otto gol presi in quattro partite sono davvero troppi, in più si ha la sensazione che il sistema di gioco non valorizzi al massimo la rosa: emblematico il caso di Eriksen, spumeggiante con la Danimarca e fantasma in nerazzurro. Urgono correttivi, proprio come in casa Juve, dove bisogna fare i conti con un amaro pareggio in quel di Crotone, il secondo consecutivo dopo quello di Roma (il 3-0 sul Napoli, come tutti sanno, è arrivato a tavolino). Ma se all’Olimpico c’era l’attenuante di un avversario forte, ieri, con il massimo rispetto per la squadra di Stroppa, non si può certo dire lo stesso. Ai bianconeri mancavano giocatori importanti, questo è vero, però la soluzione pensata da Pirlo (3-4-2-1 con la sorpresa Portanova al posto di Cuadrado) non ha funzionato, tanto che sono stati i calabresi a sbloccarla per primi: un fallo ingenuo di Bonucci ha permesso a Simy di portare i suoi sul clamoroso 1-0 già al 12’. 

Una bella azione sull’asse Kulusevski-Chiesa-Morata sembrava poter rimettere le cose a posto (21’, tap-in facile facile dello spagnolo), ma la Signora non è mai davvero riuscita a cambiare marcia, rischiando anzi di subire ancora. L’ulteriore complicazione di una partita già insidiosa è arrivata poi al 60’, quando l’arbitro Fourneau ha espulso Chiesa per un fallo su Cigarini: un’ingenuità che costerà cara a Pirlo, che contro il Verona sarà ancora più in emergenza. Ecco, paradossalmente lì si è vista la miglior Juve, proprio come già accaduto a Roma dopo il rosso di Rabiot, con il palo colpito da Morata e un gol dello stesso spagnolo annullato per un fuorigioco di centimetri. A guardare i bianconeri viene quasi da pensare che sia stato un bene (per loro s’intende) che il Napoli non si sia presentato a Torino, perché gli azzurri attualmente sembrano molto più in palla.

Le vittorie con Parma e Genoa non erano bastate a dissipare i dubbi, ma il 4-1 di ieri sull’Atalanta è tutta un’altra cosa. La squadra di Gattuso ha letteralmente asfaltato l’undici di Gasperini, impresa quasi impossibile per chiunque, quantomeno con queste modalità. Al Napoli invece è bastato solo un tempo, concluso con un poker firmato da un rinato Lozano (doppietta), Politano e dallo straripante Osimhen, sin qui uno dei migliori acquisti del campionato. Il nigeriano aumenta le potenzialità di una rosa ampia e variegata, da non sottovalutare in chiave scudetto. Gasperini invece è tornato a casa con una sconfitta che dovrà farlo riflettere: va bene fare turnover in vista della Champions ma forse, considerando che l’avversario di mercoledì sarà il Midtjylland, si poteva anche fare in misura minore. 

Appunto che invece non riguarda Inzaghi, costretto a fare i salti mortali per mandare in campo una Lazio credibile, purtroppo per lui senza riuscirci. Il 3-0 rimediato a Genova contro la Sampdoria del “romanista” Ranieri apre ufficialmente la crisi biancoceleste, ma le colpe, più che dell’allenatore, sembrano essere della società, incapace di rinforzare la squadra a dovere. I gol di Quagliarella, Augello e Damsgaard hanno messo definitivamente a nudo i limiti della rosa, tanto che la trasferta di martedì a Dortmund, più che suscitare gioia per un obiettivo inseguito per anni, crea ancora più malumori e preoccupazioni. Il sabato di campionato va così in archivio con una classifica stravolta, che vede il Milan solo al comando a punteggio pieno, proprio come con Capello nella stagione 1995/96. Altra squadra e altri tempi, ci mancherebbe, ma a sentire Ibrahimovic (“crediamo nello scudetto” ha tuonato dopo il derby) non si direbbe… 

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