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Il mal di Grecia affonda le Borse. Giù banche e assicurativi

L’attenzione è concentrata sul confronto di oggi fra il ministro greco delle Finanze, Venizelos, e i tecnici di Fmi, Ue e Commissione europea per verificare se Atene “merita” la prossima tranche di aiuti, indispensabile per evitare il default – Crollano Milano e tutte le principali piazze finanziarie europee, con perdite di oltre il 3% intorno alle 16

Il mal di Grecia affonda le Borse. Giù banche e assicurativi

IL MAL DI GRECIA AFFONDA I LISTINI. MILANO -2,07%
LO SPREAD DEI BTP RISALE A QUOTA 378 BP

Il fiasco dell’Ecofin in terra polacca e l’appello ai limiti della disperazione in arrivo da Atene all’eurozona per evitare il “cash crunch” della finanza pubblica pesano sulle Borse europee. A Milano l’indice FtseMib scende del 2,07% a 14246 punti con perdite diffuse fra tutte le blue chip. Non meno pesante la situazione (in peggioramento) nelle altre Borse del vecchio Continente: Londra -1,99%, Francoforte -2%. Parigi, la più esposta verso la Grecia, è sotto del 2,52%. Sul mercato dei titoli di Stato il Btp decennale soffre con il rendimento che sale di 7 punti base al 5,54%. Lo spread con il Bund decennale si allarga a 378 punti, dai 363 di venerdì.

VENIZELOS: “NUOVE TASSE SONO IMPOSSIBILI”
BANCHE EUROPEE DI NUOVO NELLA TEMPESTA

Le attenzioni sono concentrate sul confronto di oggi fra il ministro greco delle Finanze, Evangelos Venizelos, e i tecnici del Fondo monetario, dell’Unione europea e della Commissione Ue, la cosiddetta “troika”, che deve verificare se Atene “merita” di ottenere la prossima tranche di aiuti. Il problema è che senza quei soldi a metà ottobre le casse del governo greco saranno inesorabilmente vuote, salteranno pensioni e stipendi agli statali e il default sarà inevitabile. Le premesse sono tragiche. La Grecia e’ in ritardo sul programma di riforme concordato con la comunita’ internazionale, ha ammesso il ministro delle Finanze greco, Evangelos Venizelos. Ma, ha aggiunto, “non è possibile imporre nuove tasse”’.

E’ questo anche il parere di Bob Traa, rappresentante del Fmi all’interno della trojka, per cui Atene deve però varare subito “misure aggiuntive” (vedi privatizzazioni e tagli alla spesa pubblica, compreso il personale). Il ribasso ha colpito in avvio le banche e le assicurazioni, le aziende più esposte al rischio di una ristrutturazione del debito greco. Ma gli istituti italiani hanno reagito bene: Intesa ha ridotto attorno alle 12 il passivo a -0,39%, il Banco Popolare guadagna l’1,18%%, Ubi -0,2%. Banco Popolare dell’Emilia battezza il suo debutto nell’indice principale di Piazza Affari con un ribasso del 2,3%. Unicredit sale dell’1,87%, sostenuta dall’opposizione delle Fondazioni all’aumento di capitale. I problemi del settore riguardano l’intera Europa.

L’indice Stoxx del settore bancario scende del 2,4% trascinato all’ingiù dalle banche francesi, le più esposte vero la Grecia: Société Générale -5%, Bnp Paribas -3,5%. Ma fanno peggio Barclays -6,5% a Londra e Deutsche Bank -5% a Francoforte. Pesanti anche Mediolanum -2,4% e Azimut -3,8%. Generali è sotto dell’1%. Fra gli industriali scende Fiat che perde 2,3%, Fiat Industrial scende del 2,72%. Pesante Pirelli -3,96%.

IN CADUTA STM -4% DOPO INTERVISTA A WSJ
GLI SCANDALI PIEGANO FINMECCANICA -7%

In forte calo Stm-4,4 % dopo l’intervista rilasciata al Wall Street Journal dall’ad Carlo Bozotti. Il numero uno del leader europeo dei semiconduttori non indica (è una conferma) una data per il ritorno al break-even della jv St-Ericsson, anche se sottolinea che i primi positivi risultati della ristrutturazione si vedranno nella seconda parte del 2011. Bozotti sottolinea che Stm, con un miliardo di dollari di liquidità disponibile, ha le munizioni per operare nell’arena dell’m&a, ma le eventuali prede non saranno di certo europee. Tra gli obiettivi di Stm, infatti, c’è anche quello di bilanciare la struttura di costi ed attenuare l’impatto negativo derivante dalle oscillazioni dei mercati valutari, legati al fatto che la maggior parte dei costi, a differenza dei ricavi, è generata nell’area euro.

Nell’occhio del ciclone Finmeccanica, dopo il balzo in avanti della scorsa settimana sull’onda del piano di ristrutturazione del gruppo. Il titolo della holding perde il 7%; pesano le dimissioni dei manager già in contatto con Tarantini, citati nelle intercettazioni telefoniche del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi: Salvatore Metrangolo, consigliere di Seicos e presidente della Sistemi di software integrati (Ssi), precedute da quelle del direttore commerciale, Paolo Pozzessere. Mediobanca sale dello 0,2% a 5,62 euro. Mercoledì si riunirà il consiglio di amministrazione per approvare i risultati dell’anno fiscale 2010/2011. Il consensus degli analisti si aspetta una perdita, per il quarto trimestre fiscale, di 41 milioni di euro (dall’utile di 46 milioni dell’anno precedente) a causa di svalutazioni per 192 milioni di euro sui bond greci e sulla partecipazione in Telco.

Gli accantonamenti sulle perdite, ed è questa la buona notizia, dovrebbero ridursi del 19%, mentre il margine di interesse è previsto in crescita del 5% a 270 milioni di euro. Eni perde l’1,2% a 12,89 euro (valore rettificato dopo lo stacco del dividendo interinale) in scia alla debolezza di tutti i listini europei. Il brent intanto perde lo 0,4% a 111,75 dollari. La quotazione di oggi di Eni tiene contro dello stacco dell’interim dividend (anticipo sul dividendo) di 52 centesimi per azione. Venerdì il titolo aveva chiuso a 13,57 euro.

L’EUROPA NON E’ IL GIAPPONE. MA STA PEGGIO
L’ANALISI DELLO STRATEGIST DI CARMIGNAC

L’Europa non è il Giappone. Il Vecchio Continente non è in condizioni di galleggiare sui mari della crisi come dall’inizio degli anni Novanta fa Tokyo, grazie alla solidità del risparmio delle famiglie che sterilizza in parte l’economia del Sol Levante dal giudizio della finanza internazionale. E’ questo in sintesi il giudizio di Didier Saint-Georges, membro dell’Investment Committee di Carmignac Gestion, espresso in questa nota di cui riproduciamo una sintesi. Il rischio di “giapponesizzazione” delle economie sviluppate, e dell’Europa in particolare, è sulla bocca di tutti. Ognuno può vedere che i nostri governi rischiano di ripetere esattamente lo stesso errore commesso dalle autorità nipponiche nei primi anni ’90: sottovalutare il rischio di rallentamento congiunturale e le esigenze di capitalizzazione del settore bancario.

Il Giappone ha perso il decennio 1991-2000 perché il sostegno monetario e di bilancio è stato troppo a lungo esitante ed i bilanci delle banche, provati dallo scoppio della bolla immobiliare nell’arcipelago, si sono mantenuti per troppo tempo ad un livello sufficiente per sopravvivere, ma insufficiente per dare un forte impulso al rilancio. Ma l’analogia ha i suoi limiti. Il Giappone ha subito un rallentamento della crescita, ma il modello economico vi si è adattato. I cittadini hanno ridotto i consumi aumentando il risparmio, così permettendo al governo di finanziare un debito pubblico colossale. Al contempo, gli esportatori nipponici, già molto reattivi, hanno saputo cogliere le opportunità offerte loro sui mercati. La maggior parte dei paesi europei, invece, ha bisogno della fiducia della finanza internazionale per assorbire il debito pubblico mentre né gli Usa né la Germania sono in grado di assorbire l’export. Perciò, lo scenario “alla giapponese” non è applicabile alla situazione europea: l’eurozona dovrà trovare da sè le proprie soluzioni.

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