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Il Made in Italy passa l’esame dei Grandi. In crescita l’export verso Usa e Cina

L’export italiano conferma il proprio valore nei maggiori mercati del globo: gli USA rappresentano il secondo mercato di sbocco, con un export da 67,2 mld nella prima parte dell’anno, mentre in Cina siamo al quarto posto per volumi tra i paesi UE. Tuttavia, le sfide non mancano, economiche ma non solo

Il Made in Italy passa l’esame dei Grandi. In crescita l’export verso Usa e Cina

L’elezione del nuovo presidente degli Usa ha riacceso i riflettori sull’economia a stelle e strisce, la più grande del mondo. Con un PIL di 29.168 miliardi di dollari nel 2024, l’economia statunitense rappresenta il 26,5% del Pil mondiale e il 45,1% di quello delle economie avanzate, sorpassando l’Ue del 50,3%. Sebbene sia stata superata in termini di Pil totale dai dieci Paesi Brics+, l’influenza a livello globale e l’appeal per gli investitori rimangono inalterati.

In crescita l’export italiano negli Usa

L’Italia, in particolare, sta consolidando la propria posizione nel cuore dell’economia americana. Nonostante il complesso contesto internazionale, caratterizzato da tensioni geopolitiche e rallentamenti del commercio globale, l’export tricolore negli Usa ha registrato una crescita significativa negli ultimi anni. Secondo un’elaborazione dell’Ufficio Studi di Confartigianato su dati Istat, nel triennio 2021-2024 le esportazioni italiane oltreoceano hanno messo a segno un incremento cumulato del +36,1%. Gli Stati Uniti sono oggi il terzo partner commerciale dell’Italia, dopo Germania e Francia, con un interscambio di 93,1 miliardi di euro nei primi otto mesi dell’anno e ne rappresentano il secondo mercato di sbocco, con un export che nel 2024 vale 67,2 mld.

A trainare questa crescita sono soprattutto le Pmi (7,2 miliardi), in settori come food, moda, legno e mobili, prodotti in metallo, altre manifatture, tra cui gioielleria e occhialeria.

L’Italia è il primo esportatore europeo negli Usa di prodotti della moda con 5,1 miliardi – di cui 2,4 miliardi di abbigliamento e 2,7 mld di pelli – prodotti alimentari (4 miliardi), mobili (1,6 miliardi). Il Belpaese è, inoltre, il primo esportatore europeo negli Usa sia per la gioielleria (1,6 miliardi) che per le calzature (1,4 miliardi)

Tuttavia, le sfide non mancano. La concorrenza è sempre agguerrita e le incertezze economiche globali potrebbero influenzare negativamente il futuro. Ė quindi fondamentale continuare a investire in innovazione, sostenibilità e promozione del marchio Italia per consolidare i risultati ottenuti e affrontare le nuove sfide.

I rapporti italo-cinesi: l’export cresce a doppia cifra

Allo stesso tempo, la visita di Stato del Presidente Mattarella in Cina segna un nuovo capitolo nelle relazioni italo-cinesi. Dopo l’uscita dall’accordo sulla Nuova Via della Seta, Italia e Cina si sono infatti impegnate a ridefinire i termini della propria partnership. Con un potenziale di crescita ancora inesplorato, la Cina rappresenta una destinazione strategica per le imprese italiane. Il Dragone si posiziona tra le prime dieci destinazioni a livello globale per l’export, primeggiando in Asia e sono secondi solo agli Stati Uniti tra i mercati extra-europei. 

Dal canto suo, l’Italia è al quarto posto tra i Paesi UE per volume di esportazioni verso la Cina, preceduta solo da Germania, Francia e Paesi Bassi. Il 2023 ha visto un rafforzamento delle esportazioni italiane verso il gigante asiatico, con una crescita a doppia cifra del 16,8% che sia attesta sulla cifra di 19,2 miliardi di euro. A trainare la crescita sono stati soprattutto il settore farmaceutico (+192,1%), il comparto del tessile e l’abbigliamento (+14%). In flessione, invece, il settore delle sostanze e prodotti chimici (-11,4%) e quello dei mezzi di trasporto (-26,5%).

Le importazioni italiane dalla Cina hanno registrato un forte calo nel 2023, attestandosi a 47,6 miliardi (-17,8%). Una tendenza al ribasso che ha interessato praticamente tutti i settori, in particolare quello di computer, apparecchi elettronici e ottici (-16,5%), degli apparecchi elettrici (-6,9%), dei prodotti tessili (-23%), delle sostanze e dei prodotti chimici (-11,1%) e dei macchinari e apparecchiature (-20,1%), evidenziando una dipendenza sempre minore dell’Italia dalle importazioni cinesi in questi comparti.

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