Sale la protesta delle campagne. In tutta Europa, dalle pianure olandesi alla Germania, si diffonde la protesta dei trattori. Ma lo stesso vale per la Polonia o la Romania o per la penisola iberica. Infine, anche l’Italia è scesa in campo per brandire il forcone della protesta contro i nemici vecchi e nuovi. Primo tra tutte il Green Deal, cioè la politica di Bruxelles che pure mira a conciliare ambiente ed agricoltura, con scarso successo, a detta del mondo agricolo. Una porzione crescente del mondo agricolo vive la transizione “verde”, a partire dall’auto elettrica, come un sopruso imposto dall’alto a carico dell’agricoltura. “Perché dovremmo essere noi a pagare per le vostre Tesla?” recitava al proposito un cartellone esposto a Berlino durante la protesta che ha paralizzato per una settimana la capitale e che promette di ripetersi presto. La vettura di Elon Musk, naturalmente, ha il valore di uno dei tanti simboli “contro”. Si protesta contro tutto, incluse le 50 norme del Green Deal che dovrebbero aprire la strada all’Europa verde, ma vengono contestate per la carne coltivata, le farine di insetti, le troppe tasse, il caro gasolio, e la nuova politica agricola comune che prevede l’obbligo di avvicendamento delle colture nel nome della tutela ambientale e della sostenibilità. Perché produrre sempre le stesse cose minaccia la biodiversità e depaupera il terreno. Ma cambiar rotta all’improvviso stravolge i conti delle imprese agricole. E, di conseguenza, di tutta la filiera. Di qui le manifestazioni e i blocchi stradali che si registrano in molti Paesi europei da parte degli agricoltori che protestano contro le misure dei governi sul settore.
Proteste agricole: dalla Francia alla Germania passando per i Paesi Bassi
Si protesta in Francia, dove si piange la prima vittima degli scontri, ma anche in Romania, Polonia e nella penisola iberica. Gli agricoltori tedeschi sono in lotta da dicembre, quando il governo federale ha approvato un bilancio che cancella diversi sussidi e benefici agricoli vecchi di decenni. In questo modo si sarebbero potuti risparmiare 480 milioni di euro. In seguito, Berlino ha deciso di ammorbidire i piani, rendendo graduali i tagli ai benefici per paura di contestazioni politiche.
Non stupiscono nemmeno i fenomeni di rigetto come quello che ha ribaltato il quadro politico dell’Olanda. Nel giugno del 2022 il governo guidato da Mark Rutte si è adeguato ad una decisione della Corte suprema che imponeva di ridurre i contributi all’allevamento dl bestiame con l’obiettivo di ridurre del 30% le emissioni di gas di origine agricola. Una mossa utile per ridurre la percentuale di azoto nell’aria, quattro volte superiore alla media europea. Ma di fronte alla prospettiva di eliminare tra i 10 e i 15 mila capi di bestiame è esplosa la protesta culminata nella revisione del piano azoto, tuttora in discussione. Nel frattempo, però, è cresciuto il fronte della protesta culminato nell’affermazione di un nuovo partito, il BBB, decisivo per l’affermazione del leader di estrema destra Gert Wilders.
La rivoluzione olandese: una lezione per i governi
Una lezione che i capi di governo non hanno ignorato. Quel che è successo nei Paesi Bassi rischia di ripetersi altrove a mano a mano che si avvicina la data del voto europeo. Non a caso le proteste sono seguite con molta apprensione dai governi che guardano all’agricoltura con occhio attento anche se i lavoratori agricoli rappresentano solo il 2% della forza lavoro globale. Cifra però che sale di quattro volte se si considerano tutti gli aspetti legati al territorio. Ma l’impatto psicologico (e politico) è ancor più elevato come dimostrano le cifre in gioco.
Secondo uno studio dell’Ocse sulla politica agricola di 54 Paesi, il sostegno al settore ha raggiunto nel 2022 la cifra record di 851 miliardi di euro, più del doppio dell’anno Duemila. In questa classifica l’Unione europea figura dietro a Svizzera, Corea del Sud e Giappone ma anche a Cina, India e Stati Uniti: non c’è potenza che non assegni un ruolo strategico a questo settore tanto più tutelato quanto più viene percepito fragile.