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Il governo tedesco a Google: svelate l’algoritmo

Il ministro federale della Giustizia e Tutela del Consumatore del Governo Merkel Heiko Maas punta il dito contro Google. Secondo il suo punto di vista, BigG avrebbe una posizione tale da non garantire la libera concorrenza, anzi andrebbe proprio a danno dei competitor. La scelta di valorizzare o meno un contenuto, con una posizione più alta nell’elenco dei risultati per una determinata ricerca – sempre secondo il ministro tedesco – permette a Google di tenere sotto controllo le informazioni e le fonti che le distribuiscono.

Da parte sua, il motore di ricerca risponde che rivelare la “ricetta” che lo ha reso così popolare ed utilizzato equivale ad un regalo illegittimo dei propri segreti aziendali ai suoi concorrenti. Inoltre – fa notare un portavoce di Google – il tema è stato già esaminato per 8 anni negli Stati Uniti e in Europa e le autorità di regolamentazione hanno concluso che gli algoritmi di Google non vengono utilizzati per prendere di mira i propri concorrenti.

C’è da dire, tra l’altro, che si tratterebbe non tanto di “ricetta”, ma di un esiguo numero di ingredienti. Ogni anno Google apporta, al proprio algoritmo, circa 500/600 cambiamenti scarsamente significativi, la maggior parte dei quali sono ben documentati e talvolta annunciati e descritti dagli stessi sviluppatori. Quando la modifca è sostanziale, cosa che avviene più raramente, anche i risultati delle ricerche possono differire di molto da quelli del passato, valorizzando o penalizzando contenuti che prima si trovavano in posizioni diametralmente opposte.

I componenti che rientrano nel processo di ricerca e nella pagina dei risultati sono molti e Google li elenca in maniera più che trasparente in una pagina apposita (vedi link a fine articolo). Tra questi c’è il cosiddetto “PageRank“, sistema brevettato per stabilire un ordine di priorità e pertinenza in funzione delle parole chiave digitate dagli utenti. Dov’è quindi il lato oscuro, segreto e incoffessato del meccanismo? Semplicemente nei parametri di ciascun componente grazie ai quali Google si riserva di poter modificare il peso di ciascuna pagina e l’effettiva corrispondenza alle richieste dell’utente.

In effetti, finora, la possibilità di intervenire dinamicamente sull’ordine di priorità dei risultati ha garantito ai naviganti una certa immunità da contenitori di pubblicità indesiderata, corrispondenze inopportune, malware e perfino spam. Conoscere l’algoritmo o parte di esso equivale infatti ad avere gli strumenti per “scalare la classifica“. Situazione chiaramente sfruttata dai più spregiudicati per raggiungere le prime posizioni mascherando i contenuti non corrispondenti alle richieste dei navigatori.

Google stessa, in questa sfida al top, ha seguito un lungo iter migliorando la propria velocità di risposta e adeguando i risultati alle aspettative degli utenti. Nel periodo in cui a farla da padrone era il motore di ricerca Altavista ideato dalla Digital Equipment Corporation che in soli 0,7 secondi offriva già la cosiddetta “SERP”, puntò tutto sul minimalismo della grafica e sulla pertinenza dei risultati arrivando ad essere apprezzato tanto dagli informatici quanto dagli utenti che da poco si erano avvicinati al mondo di Internet.

Il ministro tedesco è però determinato: “Non abbiamo paura di Google, ma come Stato abbiamo delle responsabilità, Google ha il 95 per cento di quota di mercato dei motori di ricerca, è una percentuale eccezionale. Il suo potere sui consumatori e gli operatori sui mercati è straordinario, e la concorrenza, secondo noi, deve svilupparsi come libera concorrenza. Una quota del 95 per cento vuol dire dominio monopolista, non libera concorrenza”. “In caso estremo – conclude Maas – se non si raggiungerà un compromesso con l’azienda Usa, la Germania chiederà alla Ue misure eccezionali e coercitive, e si riserva di farlo anche unilateralmente a livello nazionale“.


Allegati: Come Google indicizza i contenuti di Internet

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