Il Governo Conte sponsorizza nuovamente le nozze tra le reti di Tim e Open Fiber allo scopo di creare un’infrastruttura unica che riesca finalmente a imprimere una svolta nel processo di digitalizzazione del Paese.
Di ufficiale non c’è nulla, ma sono bastati i rumors e alcune conferme governative per scatenare nuovamente il gioco delle ipotesi sulla banda larga nazionale, riportando al centro dell’attenzione il rapporto di odio – amore tra le due società.
Ma andiamo con ordine. Nel pomeriggio di 17 settembre, il Premier Conte ha incontrato prima i vertici di Tim, il presidente Fulvio Conti e l’ad Amos Genish, poi il presidente di Open Fiber, Franco Bassanini.
Difficile pensare ad una semplice casualità o credere che due incontri del genere, uno dietro l’altro, non siano correlati. Tant’è che in base ad alcune indiscrezioni provenienti direttamente da fonti governative, durante questi faccia a faccia sarebbero stati affrontati temi come l’analisi di una eventuale integrazione tra la rete Telecom e quella di Open Fiber e la cessione di Sparkle, dossier sul tavolo dei vertici della compagnia di tlc.
L’Esecutivo Conte rimette dunque sul piatto l’ipotesi di creare una rete unica in fibra nell’ambito di un progetto più generale sull’intero settore delle infrastrutture. Ricordiamo che poche settimane fa, sulle pagine del Corriere, l’ad di Open Fiber, Elisabetta Ripa, si è detta disponibile ad un concetto di rete unica ma non di società unica, precisazione più che rilevante.
Tim, dal canto suo, ha già avviato ufficialmente il progetto di separazione della rete, anche se ad oggi, non ci sono ancora certezze su quali asset saranno al centro dello scorporo: rame, fibra, tutte e due?
Per quanto riguarda Sparkle invece, dopo la chiusura di Di Maio sulla vendita da parte di Telecom, le indiscrezioni parlano di una nuova opzione: Tim ha già avviato la ricerca di un compratore tramite un advisor e tra i “papabili acquirenti” potrebbe esserci la Cassa Depositi e Prestiti nella prospettiva di convogliare poi i cavi sottomarini internazionali in un’unica società della rete con Open Fiber.
Tra i temi trattati nel corso dei due incontri ci sarebbero poi le concessioni delle frequenze. Rimanendo sempre nel campo dei rumors, Palazzo Chigi vorrebbe rivedere il sistema di assegnazione delle frequenze, attualmente suddivise in 55 lotti tra Tim, Vodafone, Wind Tre e Iliad. Ma in “concessione” c’è anche la rete Infratel nelle “aree bianche” assegnata per 20 anni a Open Fiber.
“Il governo dimostra interesse nella rete e questo potrebbe risultare una spinta per le azioni di Telecom Italia”, hanno commentato gli analisti di Equita, che così hanno confermato la raccomandazione ‘Buy’ con target di prezzo a 0,85 euro. Gli esperti, però, hanno precisato: “al momento non vediamo segnali di una concreta convergenza” tra la rete di Telecom e quella di Open Fiber. Ma al mercato per il momento sembrano bastare le convergenze teoriche, tant’è che il titolo Telecom Italia si piazza per il secondo giorno consecutivo sul podio del Ftse Mib con un rialzo del 2,26% sopra quota 56 centesimi. In due giorni il bilancio è + 6,2%, segnale positivo che può essere accolto con un sorriso in casa Tim, ma che non cancella ancora le profonde difficoltà vissute negli ultimi mesi anche a causa della lotta intestina tra Elliott e Vivendì: -32% è il ribasso degli ultimi 6 mesi, -29% la performance a un anno.
Da sottolineare che sulla prestazione delle azioni ha inciso anche l’asta per il 5G. Dopo le prime assegnazioni avvenute la scorsa settimana, il Ministero dello Sviluppo economico non ha fornito indicazioni esatte sulle migliori offerte, ma ha indicato che il valore totale messo sul piatto per le frequenze 3,7 GHz è salito sopra il miliardo dai 786 milioni del giorno prima.”. La seduta di ieri nel frattempo, nella terza giornata della fase dei miglioramenti competitivi, si è chiusa con offerte vincenti complessive per 3,28 miliardi di euro.