“Niente allarmismi. Siamo a gennaio, in pieno inverno, e fenomeni come quelli di questi giorni sono normali, anche se non accadono ogni anno. Ed è anche normale che nevichi al Sud, perché quando il gelo arriva dalla Siberia sono le regioni adriatiche a essere le più colpite. Da sempre”. Non molti di noi ricordano o hanno visto la neve in spiaggia in Salento, eppure è già capitato: a garantirlo è Gianmaria Sannino, climatologo di Enea, che spiega anche come “questo freddo era ampiamente previsto non solo dal meteo ma ancora prima dalle simulazioni climatiche stagionali”, uno strumento che fornisce informazioni di dettaglio e ad ampio raggio, che sarebbe molto utile ad autorità ed agricoltori ma che “non è ancora sufficientemente conosciuto ed utilizzato”.
OCCHIO AI PREZZI, SPECULAZIONE IN AGGUATO
Non essendo dunque ancora attrezzata per prevedere queste situazioni, che così anomale non sono, a rimanere in ginocchio è stata soprattutto l’agricoltura, con ingenti danni causati dall’ondata di gelo specie nelle regioni del Sud: “La conta dei danni al momento è impossibile – spiega Lorenzo Bazzana, responsabile economico di Coldiretti – ma possiamo tranquillamente parlare di centinaia di milioni di euro. Che per il consumatore finale significano possibili aumenti sostanziosi dei prezzi di frutta e verdura, anche a causa della speculazione”.
“Andando a vedere i dati storici è vero che fenomeni di questo tipo sono già capitati anche al Sud – ammette Bazzana – ma non era questo il trend degli ultimi anni e poi un conto sono le temperature e un conto è un metro di neve, che causa danni non solo al raccolto ma anche alle strutture”. Per non parlare dei trasporti, resi impossibili per giorni e che hanno provocato solo in Puglia una diminuzione della consegna di prodotti agroalimentari del 70%: “Questo non significa una riduzione del 70% della produzione – precisa il responsabile di Coldiretti -, ma che in quei giorni il 70% non è stato consegnato, considerando anche il danno indiretto a prodotti, come quelli caseari, regolarmente confezionati ma non potuti appunto essere trasportati”.
Meno produzione e difficoltà di trasporto significano ovviamente aumento dei prezzi, in particolare dei prodotti di stagione ovvero ortaggi (carciofi, rape, cavolfiori, cicorie, finocchi, radicchi e scarole quelli da campo “ma anche zucchine e pomodori nelle serre”, assicura Bazzana) e agrumi, parte dei quali però in questo periodo dell’anno sono già stati raccolti. Il consumatore deve preoccuparsi? Sì, e Coldiretti spiega perché: “L’aumento dei prezzi all’ingrosso c’è già stato in questi giorni, con rialzi corposi tra il 50 e il 100%. Questo però non giustificherebbe un eventuale raddoppio dei prezzi al dettaglio, sui banchi dei supermercati, anche perché la riduzione può essere compensata dall’acquisto da altre regioni italiane o dalle importazioni”.
Prendiamo ad esempio il carciofo, tra i più apprezzati ortaggi di stagione, che all’origine può costare circa 30 centesimi e al banco circa 1 euro. Se dovesse arrivare a costarne per esempio 2, non c’è neve e gelo che tengano: “No. In questi giorni il suo prezzo all’ingrosso può essere salito, mettiamo, a 50 centesimi, ma il fattore moltiplicatore non si ripercuote su tutta la filiera: mi aspetto dunque che al banco possa costare 1,30 euro, ad esempio, ma non di certo 2 e cioè il doppio del solito. Quella sarebbe speculazione e dovrebbero intervenire Guardia di Finanza e polizia annonaria”.
NIENTE ALLARMISMI MA PERICOLO CLIMA RESTA
Speculazioni dalle quali dovremo sempre più guardarci, in tempi di cambiamenti climatici. Perché se è vero che un inverno molto freddo ci può stare e anche il mondo agricolo dovrebbe essere sempre più in grado di informarsi e attrezzarsi, è innegabile che il riscaldamento globale espone il pianeta a dei rischi e al proliferare di fenomeni estremi, dalla neve alla siccità, alle alluvioni e a tutto ciò che può mettere in ginocchio un sistema produttivo e dunque un mercato. “Intanto – spiega ancora Sannino di Enea – possiamo dire che per l’inverno il peggio è passato: le simulazioni danno un febbraio nella norma e un inizio di primavera più mite della media”.
“Però il 2016 – continua Sannino -, oltre che essere stato l’anno più caldo di sempre, davanti al 2015 e in sequenza a tutti gli anni dal 2010 ad oggi, è stato anche il primo anno nella storia dell’uomo, cioè in 800mila anni, in cui in tutti i giorni dell’anno si è superata nel mondo la soglia delle 400 ppm (parti per milione) di CO2. Non era mai successo, è un record inquietante che rende ancora più decisivi gli accordi internazionali tipo COP21”. La Conferenza di Parigi sui cambiamenti climatici ha stabilito che l’aumento della temperatura non deve superare i 2 gradi rispetto all’era pre-industriale, ovvero 150 anni fa circa.
In questo periodo di tempo, a seconda delle aree (i poli sono stati più colpiti) il termometro è già salito in media di oltre 1 grado, provocando quello che tutti conosciamo come global warming con effetti che possono anche riguardare la nostra quotidianità, dalle ripercussioni sulle coltivazioni allo smog, dall’afa alle tempeste tropicali. “Il tetto si è fissato a 2 gradi perché 1 è già stato raggiunto – spiega l’esperto di Enea -, ma potrebbe non bastare. I tre temi principali rimangono i trasporti, i termosifoni a gas (proprio in questi giorni, per il freddo, in Italia si è raggiunta la domanda record di 400 milioni di metri cubi, ndr) e in generale la produzione di energia, che avviene ancora per la maggior parte da fonti fossili”.