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Il gas, la Sardegna e il Green deal del Governo

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La decarbonizzazione è una buona cosa ma la transizione energetica va gestita con saggezza. Anche in quelle aree d’Italia che dalle attività carbonifere traggono vantaggi economici ed occupazionali. Non sono solo affermazioni di principio, ma valutazioni politiche, sindacali, indirizzate al governo, impegnato con il suo green new deal. 

È la Sardegna, ormai, il territorio di eccellenza per misurare il passaggio verso un sistema alternativo alle fonti fossili. Il sindacato, oltre alla politica ed agli imprenditori, vuole essere protagonista e in queste ore si fa interprete di una modifica graduale dei sistemi di produzione industriale. Una posizione da considerare attentamente, alla luce delle non poche riserve avanzata da più parti sul reale successo della campagna green del governo.  

Oltre ai recenti dati Enea sugli alti livelli di uso delle fonti tradizionali, in Sardegna si dibatte da tempo sulla opportunità di dotare l’isola di una moderna rete di metanodotti. Investimenti e politica camminano, però, su binari diversi. Si costruiscono rigassificatori, in molti comuni si interrano tubi, si fa sistema intorno a finanziamenti regionali e statali, ma le riserve di ambientalisti e grillini ogni tanto spingano sentire. L’ultimo monito al governo, ma in positivo, a considerare la specificità della Sardegna, è del segretario della Cgil Maurizio Landini, che sposa in pieno la necessità di far usare metano ai sardi. 

“E’ un elemento di transizione importante per la specificità della Sardegna che subisce anche anche i ritardi che si sono accumulati in questi anni”, ha detto a Pula ad una assemblea della sua organizzazione. È vero: l’isola è l’unica Regione italiana dove il gas naturale non è mai arrivato. Governi nazionali e regionali hanno dibattuto per anni su come creare infrastrutture di trasporto e distribuzione urbana scontrandosi sempre sugli alti costi. 

All’avvio del passaggio alle rinnovabili, le posizioni in campo si sono radicalizzate tra chi dice no al metano e chi – apprezzandone utilità e benefici – chiede che il gas sia reso disponibile. La Sardegna, d’altra parte , nel mezzo della transizione o del green new deal del Conte 2, in pochi anni dovrebbe restare fuori dal metano e dal carbone. Un paradosso che ovviamente non può soddisfare  nessuno, essendo ben noto che l’uso del gas accompagnerà in maniera complementare il passaggio alle rinnovabili. 

“Gestire la transizione energetica dal carbone senza mettere in discussione la possibilità di sviluppo di tutte le aree, comprese quelle della Sardegna e puntare sulle energie rinnovabili e sulla sostenibilità ambientale”, ha detto   Landini. L’Europa ha obiettivi ambiziosi che l’Italia deve centrare senza sacrificare posti di lavoro. Il punto, dice il segretario della Cgil riferendosi ancora più in dettaglio alla Sardegna, è come si gestisce questa transizione considerando la situazione per la sua dimensione, per i ritardi che si sono accumulati in questi anni e per gli elementi di complessità che toccano migliaia di lavoratori.  

Analisi condivisibile in uno scenario assai mutevole con tutti i rischi legati ai traguardi di decarbonizzazione al 2030. Non è realistico immaginare un’uscita dalle fonti tradizionali in pochi anni. Ridimensionarne il peso va bene, ma il caso Sardegna ci dice che territori molto vasti reclamano fonti tradizionali come il gas. Il Ministro dell’Ambiente, del resto, ha dato parere di compatibilità del progetto del metanodotto sotterraneo di 580 chilometri per il trasporto di gas liquefatto. Una bretella di alta tecnologica che quando erogherà  il gas nelle case e nelle aziende dell’isola farà  risparmiare 400 milioni di euro di costi energetici.

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Categories: Politica