Si è conclusa la manifestazione Ro.ME Museum Exhibition alla quale ha partecipato un’ampia rappresentanza di istituzioni pubbliche e private e di persone che gravitano intorno all’ampio settore della cultura. In qualità di partecipante e di osservatore ritengo che ci sia una considerazione stimolante che emerge chiaramente. Mi riferisco alla conferma dell’evidente domanda e offerta di benessere culturale e di bene culturale (“cose immobili e mobili che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà.”) necessari a far progredire ed evolvere una comunità, un popolo e una nazione.
La misura del benessere culturale e calcolata dal Rapporto Benessere equo e sostenibile (BES) e dal World Happiness Report. Questi indicatori di fatto sono alternativi e complementari al “semplice” PIL (prodotto interno lordo) e offrono una rappresentazione delle realtà sociale più completa.
A parte le modalità di misurazione, è importante concettualizzare sulle due dimensioni principali del benessere culturale: da un lato la domanda pulsante di cultura che sfocia sia nei consumi correlati alle arti ma anche all’intrattenimento, al turismo e a tutte quelle merceologie ad alto valore aggiunto esperienziale e dall’altro l’offerta produttiva di imprese culturali attive a generare studi, manufatti, artefatti e servizi.
Questi ambiti collettivamente sono raffigurabili nella Cultural Class di individui, di persone e di organizzazioni impegnate e impiegate a consumare, produrre e diffondere questi saperi e conoscenze culturali: concettualmente parte di questa Cultural Class potrebbe essere assimilata alla Creative Class identificata dal prof Richard Florida sulla base delle professioni “pienamente coinvolti nel processo creativo”.
La risultante è un complesso modello che integra domanda e offerta e che alimenta sincronicamente il patrimonio culturale e quindi la produttività. Questi temi sono prioritari e fortemente intrecciati con l’agenda 2030 e con il tema della sostenibilità.
Il conseguimento è progresso culturale nel quale la cultura ricopre il fondamentale ruolo di agente del cambiamento sociale dato che impatta direttamente sulle conoscenze e sul benessere esistenziale e cognitivo delle persone e contribuisce attivamente a costruire la realtà circostante e il futuro prossimo.
Il punto di ricaduta di tutto il discorso, il beneficio principale, deve essere la piena soddisfazione del benessere culturale. Il futuro del benessere culturale dovrebbe essere un avvenire prospero e lungimirante di nuove “coltivazioni” e di nuove “proposte” capaci sia di preservare sia di continuare a sviluppare la nostra conoscenza, alimentare il nostro spirito e stimolare la nostra intelligenza cognitiva.
Per scendere alla parte esecutiva però abbiamo bisogno di nuove competenze organizzative e di una managerializzazione di questo settore che, con i benefici del PNRR, deve diventare più performante e più preparato. Gli ambiti più importanti sono sicuramente la storia e la memoria del passato, ma anche la catena del valore e la gestione delle risorse materiali e immateriali disponibili da rilanciare per il futuro. Gli ambiti della formazione saranno fondamentali, ma sarà altrettanto rilevante importare acquisire maggior competenze in ambito di progettazione strategica, di governance delle organizzazioni complesse e di alleanze pubblico/privato.
Il compito degli uomini di cultura è più che mai oggi quello di seminare dei dubbi, non già di raccogliere certezze. Norberto Bobbio
All the best!