I primi impegni del presidente del Consiglio Mario Monti hanno riguardato quello che potremmo chiamare il fronte esterno: l’Europa, gli incontri prima con Barroso e Van Rompuy a Bruxelles, e quelli di oggi a Strasburgo con Merkel e Sarkozy. Nonostante le tempeste che continuano ad attraversare i mercati, Monti non ha potuto che riscontrare la fiduciosa attesa dei suoi interlocutori. Del resto se l’Italia ha bisogno dell’Europa, anche l’Europa ha bisogno dell’Italia. Naturalmente, anche per i molteplici impegni internazionali, si è potuto constatare la forte coesione tra Palazzo Chigi e il Quirinale confermato dalla visita resa ieri da Monti al presidente Napolitano.
Da domani però torna in primo piano il fronte interno: i rapporti con i partiti di una maggioranza composita e pertanto (per definizione) tutt’altro che coesi tra loro. Eppure Monti sa che senza il sostegno della politica il suo governo sarebbe destinato a fare poca strada. Non a caso in questi giorni, grazie agli opportuni contatti con il presidente della Repubblica, ma anche con i presidenti di Camera e Senato, Monti ha cercato di trovare per il suo governo la rete protettiva e il sostegno delle istituzioni. Perché sa bene che i provvedimenti che il governo dovrà prendere (quelli che non contengono lacrime e sangue, ma rilevanti sacrifici) dovranno passare tempestivamente all’approvazione del Parlamento. Per questo Fini e Schifani si sono preoccupati di assicurare le opportune corsie preferenziali per le misure del governo. Ma se il fronte istituzionale appare per Monti sufficientemente garantito, non altrettanto si può dire per quello più squisitamente politico, o per meglio dire partitico.
Pensiamo per esempio alla scelta dei sottosegretari che dovrebbe essere definita in questo fine settimana. E’ vero, anche questa volta la scelta sarà fatta tra esponenti “tecnici”. Ma non è affatto detto che i partiti (in particolare il Pdl per quanto riguarda alcuni dicasteri come la Giustizia) non vogliano mettere bocca. E scegliere tecnici così detti di area, può essere anche più difficile che scegliere politici puri. Vedremo se basteranno i contatti bilaterali di Monti e Catricalà con i segretari dei partiti. Prevedere incontri collegiali tra forze politiche che continuano a rinfacciarsi il passato può diventare infatti una scelta azzardata. Naturalmente difficoltà possono venire, sempre sul fronte dei partiti, anche per quanto riguarda la definizione delle misure da intraprendere per contrastare la crisi e sostenere la crescita.
Non c’è dubbio infatti che patrimoniale (per quanto contenuta) e nuove tasse possono fare insorgere il centro-destra, così come provvedimenti su flessibilità in uscita e sistema delle pensioni, possono incontrare forti resistenze nel centro-sinistra. E lo scontro all’interno del Pd tra il liberal Bianco e il responsabile economico Fassina, non è certo un buon segnale. Quel che è certo è che Monti dovrà mediare e non poco Del resto su questa materia il neo presidente del Consiglio ha già dimostrato di saperci fare. Ma le difficoltà maggiori per il governo Monti potrebbero arrivare a metà gennaio quando la Corte costituzionale si pronuncerà sull’ammissibilità del referendum sulla legge elettorale.
Qualunque possa essere il giudizio della Consulta il problema di mettersi alle spalle il Porcellum tornerà in primo piano. E qualcuno (se la sentenza sarà di ammissibilità) potrebbe tornare a chiedere le elezioni anticipate per evitare il referendum. Come peraltro è accaduto altre volte nella storia politica della nostra Repubblica. Non sarebbe cosa sbagliata se, fermo restando il comune impegno a sostenere l’Esecutivo, i partiti (Pdl e Pd soprattutto) provassero a trovare una soluzione comune che restituisca agli elettori il diritto di scegliersi i parlamentari. Di buon auspicio sono le aperture in proposito del vicepresidente dei senatori del Pdl, Quagliariello. Se questo confronto si avviasse ne beneficerebbe anche il Governo.