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Il Food è un affare e si “laurea” al Politecnico di Milano

Ripartire dall’eredità di Expo per innovare un settore centrale per l’economia, tra i più grandi protagonisti del Made in Italy. Con questa motivazione, il Politecnico di Milano ha istituito a partire dall’anno accademico 2019-2020 un nuovo corso, in lingua inglese, di laurea magistrale in Food Engineering.

“La nuova – spiegano dall’ateneo milanese – rappresenta un percorso formativo unico nel suo genere a livello nazionale: un contenitore di competenze politecniche interdisciplinari e trasversali che formerà ingegneri alimentari in grado di risolvere i problemi e innovare la catena di valore dell’intera filiera.

Il corso risponde alle richieste di innovazione provenienti dal mondo delle imprese e alla necessità di potenziamento di un settore sempre più strategico per lo sviluppo economico del sistema paese”.

Il laureato in Food Engineering, nelle intenzioni del Politecnico (che per il corso si avvale della collaborazione di 7 partner del settore: Esselunga, Goglio, Granarolo, Nestlé, Number1, Unilever Italia, Unitec), sarà uno specialista a 360 gradi di tutta la filiera dell’industria alimentare, un professionista in grado di ricoprire incarichi qualificati in quello che è uno dei settori più in forma di tutta l’economia italiana, trainato non solo dalla fama mondiale della cucina nostrana ma anche da tutti i prodotti del made in Italy.

L’industria del cibo in Italia, come già riportato su First&Food, corre infatti più del Pil nazionale: anzi molto di più, perché stando ai dati del Food Industry Monitor recentemente pubblicati, nel 2018 mentre l’economia del Paese rallentava (nel 2019 è prevista una crescita appena dello 0,1/0,2%), quella dell’industria agroalimentare (considerando tutti i protagonisti, anche la distribuzione e il packaging) è cresciuta del 3,1%.

Una crescita che continuerà secondo le stime anche nel 2019 allo stesso ritmo, nonostante le incertezze legate alle guerre commerciali tra Usa, Unione europea e Cina. Anzi, secondo un’analisi Coldiretti basata su dati Istat, le esportazioni di cibo made in Italy nel mondo a febbraio hanno fatto registrare un balzo record, del +10%, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

L’alimentare tricolore ha raggiunto così i 2,9 miliardi di euro di export in un solo mese, grazie a un incremento triplo rispetto a quello delle esportazioni totali, fermo al +3,4%. E anche negli Usa del protezionista Donald Trump, è riuscito a crescere del 17%.

“Il legame con il territorio, l’artigianalità e l’innovazione nei processi produttivi – ha spiegato Carmine Garzia, coordinatore del Food Industry Monitor e docente alla Unisg – sono le principali determinanti della crescita redditizia delle aziende del comparto, sia per quanto riguarda la redditività delle vendite (ROS), sia per quella del capitale investito (ROIC)”. 

Secondo il Food Industry Monitor, che analizza i dati economici e competitivi di 823 aziende (il 71% delle società di capitali operanti nel settore), per un fatturato aggregato di circa 63 miliardi di euro, i migliori comparti negli ultimi 9 anni sono stati farine, surgelati, caffè, olio e vino.

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