Frutta secca, lenticchie, uva, melagrana e peperoncini sono considerati a Napoli i cinque indispensabili portafortuna da mangiare a Capodanno per propiziarsi l’anno a venire. In Francia il numero addirittura si moltiplica a 13. Ma ritornando alle tradizioni, di evidente derivazione borbonica, delle tavole napoletane di fine d’anno c’è da dire che la frutta secca ha da sempre avuto nel corso dei secoli un carattere scaramantico. Per i Romani era un simbolo beneaugurante per onorare i matrimoni. Sempre i Romani ma prima di loro anche i Greci attribuivano particolare potere propiziatorio alle lenticchie, che con la loro forma appiattita richiamavano idealmente le monete e quindi prefiguravano, in certo qual senso, ricchezze a venire. Una usanza protrattasi fino in epoca medievale e oltre, era quella di regalare all’inizio del nuovo anno, la scarsella, ovvero una borsa di cuoio da legare alla cintura che conteneva, appunto, lenticchie che avrebbero dovuto trasformarsi in monete per tutto l’anno. Anche il peperoncino ha una lunga storia: da quando fu sbarcato in Europa, dalle Caravelle di Cristoforo Colombo, è stato adottato in Italia Meridionale per difendersi dal malocchio (usanza ereditata dai popoli sudamericani che fabbricavano con i peperoncini amuleti e talismani capaci di combattere la negatività) ma nelle campagne meridionali gli hanno conferito un altro valore aggiunto: quello di scongiurare le infedeltà coniugali. Anche l’uva ha grandi proprietà beneauguranti, così come le lenticchie, richiama al significato delle monete e dell’oro, e per questo è componente indispensabile delle tavole natalizie e dei cenoni di capodanno, e dalla Spagna è arrivata l’abitudine, per gli innamorati italiani, di mangiarne 12 acini, uno per ogni mese che verrà, promettendosi eterno amore.
Lo diceva anche Maometto “Mangiate il melograno vi terrà lontano dall’invidia e dall’odio”, ma ancor prima del Profeta, questo frutto era apprezzato dagli egizi e considerato dai Greci una pianta sacra a Giunone e Venere. Le spose romane usavano anche intrecciare tra i capelli rami di melograno, come simbolo di fertilità e ricchezza.
Fatta questa premessa appare evidente che sulle tavole di fine d’anno non può mancare il “Folloviello” Sorrentino. Perché se sono cinque i prodotti scaramantici napoletani il Folloviello o “Follarello” o “Fogliarello” ne è un gran concentrato.
Si presenta come un fagotto vegetale legato con fili di raffia, uno scrigno verde che, come un vaso di pandora, racchiude tutto ciò che si può auspicare di bello e di buono per il nuovo anno. L’involucro è composto da foglie di agrumi serrate molto fitte, l’interno racchiude un ripieno di uva passa moscatella, fichi secchi, buccia di arancia candita, tagliata a cubetti.
Il procedimento di preparazione vuole che l’uva o i fichi siano bolliti del vino bianco e successivamente miscelati con l’arancia candita e successivamente avvolti nelle fioglie di limoni, che nella penisola sono particolarmente grandi perché gli alberi qui sono secolari, mediante un filo fatto di fibra vegetale.
Probabilmente il nome dei follovielli deriva dal latino folium volvere (avvolgere nelle foglie) oppure da “follare”, vale a dire “pigiare”, in quanto i fagottini di foglie sono legati molto strettamente per non far uscire il liquido profumato che si crea con l’essicazione e soprattutto l’aroma e il fantastico sapore che le foglie di limone riscaldate conferiscono al ripieno grazie agli oli che si diffondono con il calore all’interno della confezione facendo esplodere in bocca una montagna di sapori. Ma c’è anche una terza teoria che farebbe derivare il nome da “folliculus”, parola che vuol dire sacchetto, guscio usato per riporvi il Fòllaro, che storicamente è il nome di una moneta di bronzo o rame, coniata a Salerno sotto il regno normanno di Roberto il Guiscardo e battuta a Sorrento sotto il Duca Sergio II. La trasformazione del nome da Follaro a “Follariello” esprimeva nel diminutivo anche il significato del piccolo saporito e profumato fagottino.
Ad ogni modo, i Follovielli, che risalgono ad epoca romana, ma all’epoca, venivano confezionati con foglie di vite o di platano, sono rimasti ancora oggi nell’uso corrente delle festività della penisola sorrentina e si accompagnano con noci, nocciole, fichi secchi, castagne essiccate e simili, definiti anticamente nel loro insieme “ sciòsciole“, un gergo di cui si è persa memoria, che sta per cose da sgranocchiare fra parenti e amici.
Dire Folloviello oggi è dire Deia, una piccola azienda artigianale di Piano di Sorrento il cui nome corre gelosamente di gourmet in gourmet, e si trasmette agli amici come ci si passa informazioni su qualcosa che abbiamo scoperto e vogliamo conservare intatta da qualsiasi forma di contaminazione commerciale.
Pochi metri quadrati per la dolceria e la gelateria (solo da asporto, non servono coni gelato e questo la dice lunga sulla loro formazione culturale) l’azienda, a conduzione familiare, si trova in un vicoletto, Via Cavoniello 10, che si fa difficoltà a individuare e che sbuca su Corso d’Italia a Piano di Sorrento. A guidare l’azienda oggi sono i fratelli Iaccarino, Giovanni e Aldo, che hanno ereditato dal padre ex grossista di prodotti ortofrutticoli, frutta e verdura una attività di commercializzazione di fichi secchi e altre cose natalizie tipo noci e datteri. L’azienda nasce nel 1984 ma Giovanni Iaccarino, il primogenito, subentrato nel 1996 le imprime una forte accelerazione verso la dolceria di qualità. Gira, si informa, si fa una rapida cultura, più che dei prodotti e delle materie prime, con i quali era cresciuto, dei processi di lavorazione artigianale. I fichi secchi, un tempo venduti indistintamente sfusi, a peso, ora diventano piccoli capolavori di sapori, vengono combinati con diversi ingredienti e spezie e sottoposti a raffinate lavorazioni, tutte rigorosamente manuali, con o senza cioccolato. Studia anche forme eleganti di confezionamento che impreziosiscono i contenuti. Contemporaneamente si concentra sulla gelateria, la sua vecchia passione, “cosa molto più complessa, dice, nella quale uno non finisce mai di perfezionarsi” frequenta i corsi di specializzazione della Carpigiani Gelato University la più importante scuola di gelateria in Italia, punto di riferimento per gelatieri, imprenditori, chef e pasticceri, alla quale si rivolgono più di 2000 persone da ogni parte dl mondo che frequentano le lezioni in italiano, inglese, francese, spagnolo, tedesco, giapponese e russo, tenute dai grandi maestri della gelateria italiana.
Per quanto riguarda le materie prime Giovanni dichiara senza remora che il Km 0 è una opzione molto avvertita nella sua azienda, ma la qualità assoluta è invece l’imperativo. “Le materie prime che usiamo vengono ricercate in base alla loro bontà per il loro utilizzo, senza correre appresso a grandi nomi o presidi, ovvero se un prodotto è valido per la nostra realizzazione e il risultato è ottimale prendiamo quello lì”. E così nella sua costante ricerca di prodotti in Italia e all’estero ha scoperto una qualità di fichi in Turchia che per lui – che se ne intende – sono il “numero uno mondiale”, e per le Mandorle ha trovato nella zona di Malaga, in Spagna, un produttore straordinario.
Ovviamente gli agrumi, le noci, le amarene sorrentine, non si mettono minimamente in discussione, l’intensità di sapore che assumono in costiera è unica e imbattibile ed è quello che dà il valore aggiunto alle loro lavorazioni.
I suoi Follovielli sono un marchio registrato coperto da copyright. A incoronare il «folloviello», sorrentino, tra i giacimenti golosi del «mangiare meridiano», e consacrarlo così nel patrimonio di sapori del Mezzogiorno d’Italia, c’è anche una pubblicazione curata da Davide Paolini.
«Per i nostri prodotti utilizziamo l’uva di Pantelleria- spiega Giovanni – che grazie alle sue proprietà consente di ottenere un prodotto di elevata qualità. È possibile usare anche acini provenienti dall’Argentina, ma con risultati meno graditi ai palati più esigenti. L’uva giunge nel nostro laboratorio già essiccata. Poi viene cotta per pochi minuti in recipienti con vino bianco portato all’ebollizione». Il procedimento prosegue, ancora, con il raffreddamento dell’uva e la mescolatura con pezzetti finissimi di arancia candita. La pasta di uva e arancia così ottenuta viene quindi avvolta nelle foglie di limone intrecciate a spina di pesce e infine avvolte da nastri di raffia. L’involtino d’uva è ora pronto per un ultimo passaggio in forno. Certo è che il Folloviello, al pari della Treccia di Sorrento, del Provolone del Monaco dei monti lattari, del limone Femminiello, delle arance bionde, delle noci e dell’olio, dei gamberetti di Crapolla rappresenta una identità gastronomica e un patrimonio di sapori unico nel suo genere e non imitabile.
Otre ai Follovielli il piccolo laboratorio di Via Cavoniello a Piano di Sorrento, produce anche una infinita quantità di Fichi secchi – sono le loro radici – nei più diversi accostamenti. Qui la fantasia di Giovanni non conosce limiti. E possiamo trovare Fichi secchi al naturale, al naturale farciti con noce o con mandorla, fichi secchi infarinati, fichi secchi cotti aromatizzati, fichi secchi cotti mandorlati, fichi a coppie cotti aromatizzati e imbottiti con mandorle tostate, o con gherigli di noce, o con nocciola tostata, fichi cotti mandorlati ricoperti di cioccolato fondente, o di cioccolato bianco, fichi naturali ricoperti di cioccolato fondente guarniti con mandorla perlata, o coperti di cioccolato bianco guarniti con mandorle tostate, fichi al naturale ricoperti di cioccolato bianco e guarniti con ciliegina candita, o ancora pasticcio di fichi ricoperto di cioccolato fondente guarnito con tondino d’arancia candida. E si può andare avanti per molto con tutta la frutta nostrana e internazionale disidratata. La professionalità di Giovanni si riscontra anche nelle confezioni sia semplici che di lusso in cui viene riportata sempre la data di inizio e di fine produzione oltre alla data di scadenza per avere la certezza di poter godere di tutto il loro concentrato di aromi. E ovviamente sono presenti in produzione tutti i dolci della tradizione natalizia napoletana, il pizzico di mandorle, le sapienze, i quaresimali, i roccocò e i biscotti alle noci Insomma se si vuole festeggiare il capodanno coniugando gusto e scaramanzia da Giovanni c’è solo l’imbarazzo della scelta.
Deia Snc
Dolcezze Artigianali Sorrento
Via Cavoniello, 10,
80063 Piano di Sorrento NA
Tel: 081 532 1577