Da pochi giorni è disponibile in tutte le librerie online un lavoro importante e unico nel suo genere, anche considerando lo scenario internazionale: Alle due sponde della Cortina di ferro. La cultura del dissenso e la definizione dell’identità europea nel secondo Novecento (1956–1991). Si tratta di un vero e proprio atlante del dissenso per quel che concerne le aree prese in considerazione: quella italiana e francese, a occidente, e l’area slava orientale dell’ex-Unione Sovietica (Russia, Bielorussia, Ucraina).
Lo studio è stato condotto da un’equipe di studiosi, a maggioranza femminile, coordinato da Teresa Spignoli, professore associato di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Firenze e Claudia Pieralli, ricercatrice senior di Slavistica (Letteratura Russa) nello stesso ateneo.
Il team di autori è composto anche da Federico Iocca, Giuseppina Larocca e Giovanna Lo Monaco. Interessante anche il sito web creato da questa equipe di studiosi: Le culture del dissenso, raggiungibile qui.
La ricerca sviluppa l’analisi delle varie forme di dissenso lungo tre direttrici, che sono anche le tre parti in cui il corposo libro (pp. 474) è suddiviso, quella geografica, quella dei canali di diffusione e quella della ricezione. Vediamo più in dettaglio i contenuti di queste tre parti.
La prima parte, “La geografia del dissenso” censisce i gruppi e i movimenti di dissenso letterario, l’attività editoriale, le iniziative e gli eventi nei due ambiti geografici.
La seconda, “I canali del dissenso” sviluppa l’analisi dei media di diffusione dei movimenti di contestazione letteraria e culturale. Tra questi, in occidente, la esoeditoria (riviste in ciclostile, case editrici underground, centri culturali, eventi) e, nell’area sovietica, le forme di autopubblicazione e diffusione clandestina tipiche del Samizdat, dello Tamizdat, e del Magnitizdat. Infine sono considerati i luoghi di ritrovo, non istituzionali, di diffusione della cultura alternativa e anti-establishment.
La terza parte, “La ricezione del dissenso” è dedicata alla riflessione sulle forme e i contenuti del dissenso sovietico e sul suo impatto all’interno dell’ambiente culturale italiano e francese.
Uno dei momenti più alti del rapporto dell’occidente con la cultura del dissenso sovietico avviene proprio nel nostro paese per merito di un editore visionario, Giangiacomo Feltrinelli. È la casa editrice di Feltrinelli, nel 1957, a dare luce a un’opera come il Dottor Zivago di Boris Pasternak, della quale l’editore intuisce subito il valore, non solo politico, ma anche letterario. L’anno dopo Pasternak, pressoché sconosciuto in Occidente, si aggiudicherà il Premio Nobel della Letteratura, lanciando in orbita la casa editrice Feltrinelli. Pasternak sarà costretto a rinunciare all’alta onorificenza su pressioni dello stesso Nikita Krusciov. Si tratta di uno dei casi più clamorosi dell’editoria italiana e non solo di questa.
Nel citato volume sul dissenso Giuseppina Larocca e Alessandra Reccia dedicano due contributi al caso del Dottor Zivago. Li offriamo integralmente ai nostri lettori, qui di seguito .
Interessante anche il contributo di Giovanna Lo Monaco proprio sulla casa editrice Feltrinelli. La Feltrinelli è stata una delle case editrici più attive nel portare ai lettori studi e autori della controcultura e della contestazione in Occidente. La Feltrinelli ha anche pubblicato molto del dissenso sovietico nel corso degli anni Sessanta e Settanta. Il contributo della Lo Monaco ne dà conto in dettaglio. Buona lettura!
Il caso editoriale del Dottor Živago
di Giuseppina Larocca
AUTORE: Boris Leonidovič Pasternak
ANNI DI REDAZIONE: luglio 1946 — dicembre 1955
ANNO DI PRIMA PUBBLICAZIONE: 1957 (traduzione di Pietro Zveteremich)
CASA EDITRICE: Giangiacomo Feltrinelli LUOGO DI EDIZIONE: Milano
PRIMA EDIZIONE IN LINGUA RUSSA: Doktor Živago, Mouton, Bruxelles 1958
Scritto tra il luglio del 1946 e il dicembre del 1955, Doktor Živago fu composto negli anni in cui Pasternak era stato escluso dagli ambienti letterari ufficiali. Inizialmente pensato con il titolo di Ragazzi e ragazze, con lo scopo di documentare in dieci capitoli i quattro decenni che vanno dal 1902 al 1946, il romanzo fu il risultato di una profonda crisi provocata dalla guerra e dalla delusione delle speranze di rinnovamento della Russia (cf. lettera di Boris Pasternak alla cugina Ol’ga Frejdenberg datata 5 ottobre 1946, Pasternak 1987: 343).
Le vicende editoriali che portarono alla prima edizione del testo furono veramente tumultuose. Nell’inverno 1955–1956, una copia dattiloscritta definitiva del romanzo fu consegnata a Znamja, che in precedenza aveva pubblicato le poesie inserite nel Doktor Živago, e a Novyj Mir con cui nel 1947 Pasternak aveva firmato un contratto, poi annullato. Nel contempo si verificarono una serie di circostanze fortuite che favorirono la pubblicazione del romanzo in tamizdat.
Nel marzo del 1956 giungeva in Unione Sovietica Sergio D’Angelo, giovane giornalista inviato del Partito comunista italiano e incaricato da Giangiacomo Feltrinelli di trovare opere letterarie che potessero suscitare l’interesse del pubblico occidentale. D’Angelo venne a sapere della conclusione del romanzo di Pasternak tramite emittenti radiofoniche straniere e, dopo essersi precipitato a Peredelkino a casa dello scrittore, gli chiese l’autorizzazione di pubblicare il romanzo in Italia. Dopo un primo momento di esitazione, Pasternak accettò.
Conosciute le intenzioni dello scrittore, le autorità sovietiche manifestarono il loro disappunto e nel settembre 1956, in un contesto generale di agitazione e di pressioni liberali, rigettarono la pubblicazione del romanzo in patria: Novyj Mir, diretta da Konstantin Simonov, restituì il manoscritto al suo autore, insieme a una lettera in cui venivano fornite un’analisi del romanzo e le ragioni del rifiuto (anche Znamja era concorde). Il rifiuto convinse Pasternak della necessità e dell’importanza di dare alle stampe il manoscritto all’estero, operazione che, nonostante le prime difficoltà, fu avviata al ritorno di D’Angelo in Italia.
Il 13 giugno 1956 il manoscritto fu consegnato a Pietro Zveteremich, che preparò per Feltrinelli un’entusiastica recensione interna. Alla fine di giugno, Pasternak firmò il contratto di traduzione affidata a Zveteremich (su suggerimento di Lo Gatto, Pasternak propose in un secondo momento Angelo Maria Ripellino).
Le trame dell’edizione si infittirono e la situazione si fece sempre più complicata nei mesi avvenire. Il’ja Ėrenburg aveva comunicato a Feltrinelli il rifiuto di Novyj Mir, le pressioni da parte della autorità sovietiche si fecero sempre più forti e Pasternak, persuaso da D’Angelo su esplicita richiesta della compagna Ol’ga Ivinskaja, inviò un telegramma a Feltrinelli chiedendo la restituzione dell’esemplare, bisognoso di «importanti migliorie». Come sospettarono gli stessi D’Angelo e Pasternak, l’editore milanese non dette seguito al messaggio e neppure alle successive pressioni da parte del PCI per tramite di Mario Alicata. Nel contempo mostrarono interesse per il romanzo anche l’editore polacco Opinie che, tuttavia, non riuscì a dare alle stampe il manoscritto; anche il francese Gallimard e l’inglese Collins si erano mossi invano per acquisire i diritti di traduzione.
Dopo una serie di vicende che videro protagonisti Vittorio Strada, Aleksej Surkov (segretario dell’Unione degli scrittori sovietici), lo stesso Feltrinelli e Zveteremich, il romanzo fu pubblicato per la prima volta in Italia e in italiano il 15 novembre 1957 con una tiratura di 3.000 copie (nello stesso anno conobbe almeno nove ristampe). L’opera era preceduta da un’introduzione dell’editore in cui si riassumevano le vicende della pubblicazione. L’edizione italiana venne presentata il 22 novembre 1957 all’hotel Continental di Milano.
In seguito all’edizione del manoscritto in Italia molte case editrici occidentali destarono interesse per la pubblicazione del romanzo in lingua russa, fra le prime la francese de Proyart, a cui Pasternak aveva consegnato una nuova versione corretta (l’episodio fu motivo di attrito tra la casa editrice francese e Feltrinelli), e l’olandese Mouton, che alla fine riuscì a spuntarla all’insaputa di Feltrinelli e a licenziare il romanzo nel settembre 1958, quando venne distribuito ai visitatori russofoni presso il padiglione del Vaticano dell’Esposizione universale di Bruxelles.
Ormai confermatosi successo mondiale e fra i casi letterari più importanti del XX secolo, Il dottor Živago non finì di emanare la sua forza e fece aggiudicare al suo autore il premio Nobel per la letteratura, riconoscimento che Pasternak rifiutò, intimato dall’allora segretario Nikita Chruščëv.
Bibliografia
Alicata, M., Sul caso Pasternak, Editori Riuniti, Roma 1958.
D’Angelo, S., Il caso Pasternak. Storia della persecuzione di un genio, Bietti, Milano 2006.
Fleishman, L., “Živago e il poeta”, in Fleishman, L. (ed.), Boris Pasternak, traduzione di M. Graziosi, Il Mulino, Bologna 1993: 329–362.
Fleishman, L., “Lo scandalo del Nobel”, in Fleishman, L. (ed.), Boris Pasternak, traduzione di M. Graziosi, Il Mulino, Bologna 1993: 363–397.
Fleishman, L., “Vstreča russkoj ėmigracii s ‘Doktorm Živago’: Boris Pasternak i ‘cholodnaja vojna’”, Stanford Slavic Studies, 38, 2009.
Mancosu, P., Živago nella tempesta. Le avventure editoriali del capolavoro di Pasternak, traduzione italiana di F. Peri, Feltrinelli, Milano 2015.
Pasternak, B., Le barriere dell’anima. Corrispondenza con Ol’ga Frejdenberg (1910–1954), a cura di L. V. Nadai, Garzanti, Milano 1987.
Garzonio, S., “Pietro Zveteremich e la pubblicazione del ‘Dottor Živago’”, in Parysievicz Lanzafame, A. (ed.), Pietro A. Zveteriemich, l’uomo, lo slavista, l’intellettuale, Università degli studi di Messina, Messina 2009: 73–86.
Garzonio, S. — Rečča, A. (eds.), “Doktor Živago”: Pasternak. 1958. Italija, Reka vremen, Mosca 2012.
Il caso politico e letterario del Dottor Živago
di Alessandra Reccia
Nel novembre del 1957 Giangiacomo Feltrinelli pubblicava in anteprima mondiale il romanzo di Boris Pasternak Il dottor Živago: il primo best seller dell’allora nascente industria editoriale italiana. Sergio D’Angelo, giornalista italiano di Radio Mosca e talent scout, ingaggiato da Feltrinelli, nel 1957 aveva portato in Italia il manoscritto del romanzo, che intanto attendeva una regolare edizione sovietica. La pubblicazione in URSS fu però bloccata dalla censura per motivi politici, ma l’editore milanese, allora iscritto al PCI, decise comunque di mandare il libro in stampa, scatenando l’ira dei comunisti sovietici e italiani. Chruščëv in persona decise di intervenire, invitando Togliatti a intimarne la pubblicazione. Il risultato fu la fuoriuscita di Feltrinelli dal PCI e uno scoop editoriale senza precedenti. In circa due mesi furono stampate 30 edizioni del libro.
Il giro economico legato ai diritti d’autore fu enorme. Il libro, infatti, fu tradotto in moltissime lingue straniere e ne fu ricavato un film che ebbe un grande successo presso il pubblico. Recensioni e discussioni su rotocalchi e quotidiani contribuirono poi a farne un caso mediatico. Ma, dietro le immagini stereotipate e i toni da guerra fredda, serpeggiava un discorso più profondo che riguardava le sorti dell’Unione Sovietica, la cui storia influenzava, anche se indirettamente, la vita politica e culturale italiana. Per questo, tra censura, persecuzioni, storie di spionaggi editoriali, edizioni contrabbandate e traduzioni, il romanzo, oltre a produrre un enorme giro d’affari, fu alla base di un’accesa, e per nulla schematica, discussione politica e ideologica.
In Italia una delle questioni più dibattute fu il rapporto Živago-Rivoluzione. Già i redattori di Novyj Mir, censurando la pubblicazione, avevano tacciato di antisovietismo l’autore, a causa del contenuto “controrivoluzionario” del romanzo. Mario Alicata, che presiedeva la Commissione culturale del PCI, sostenendo le scelte sovietiche, giudicò «inopportuno» il romanzo, perché all’indomani del XX Congresso questo libro «schiettamente politico e, per il tono e l’accento, apertamente controrivoluzionario» (Alicata 1958: 4) avrebbe sostenuto «l’offensiva politica e ideologica» attuata nel mondo capitalistico, «per trasformare l’autocritica di determinati errori compiuti dal XX in un attacco contro la rivoluzione socialista e il socialismo come sistema» (ivi: 7). Al contrario Gianni Toti, giornalista e sindacalista della CGIL, in rotta con il partito in seguito all’invasione sovietica di Budapest, ne consigliò la lettura a tutti i lavoratori comunisti.
Si capisce, dunque, che il “caso Pasternak” contribuì a inasprire le spaccature provocate all’interno della sinistra dopo i fatti del 1956. Dentro quest’orizzonte si collocano anche le letture di Carlo Muscetta, Italo Calvino e Cesare Cases, in quegli anni tre comunisti “einaudiani”, i quali lasceranno le rispettive tessere del PCI tra il 1956 e 1959, proprio in relazione ai fatti d’Ungheria. Per ragioni diverse, questi criticarono il romanzo dal punto di vista estetico come un’opera tutto sommato incompleta, in bilico tra le grandi narrazioni ottocentesche e la dissoluzione del romanzo europeo novecentesco. Tuttavia, non negarono il valore dell’opera e il significato critico che essa assumeva per l’ideologia e l’estetica marxiste, proprio a partire dalla lettura che in essa si dava degli eventi e degli sviluppi rivoluzionari.
Alberto Moravia, invece, individuava, quale elemento centrale della trama, il rapporto “squilibrato” tra uomo e storia, concludendo che il romanzo raccontasse di vite piegate, travolte da una forza superiore e ostile. Più articolata, la lettura di Franco Fortini teneva conto della complessità del problema che si presentava alla società sovietica, la quale aveva il difficile compito di valutare il senso e l’importanza dell’esperienza rivoluzionaria all’indomani della presa di coscienza collettiva dei crimini di Stalin. Pasternak indicava al lettore socialista una via per uscire dall’empasse. Il dubbio legittimo sul comunismo, data la realtà oppressiva della società sovietica, veniva affrontato rileggendo alla luce del presente la storia rivoluzionaria.
In ambienti liberali, invece, il discorso verteva per lo più su due questioni: la prima riguardava il dibattito dei marxisti sull’opera, di cui si criticava la pratica di mascherare dietro ragioni estetiche i discorsi politici e ideologici; la seconda riguardava invece la funzione antisovietica del libro. Lionel Abel arrivò a dichiarare di non apprezzare un granché il romanzo, ma di trovarlo ciononostante indispensabile per il significato antisovietico che rivestiva. Per Padre Floris di Civiltà Cattolica, l’anticomunismo dell’opera era direttamente connesso al messaggio spirituale di Pasternak.
Più interessante e articolata la lettura di Nicola Chiaromonte, antifascista esule negli Stati Uniti e intellettuale anticomunista, il quale intervenne sullo Živago in polemica tanto con quelli che sostenevano un atteggiamento antisovietista tout court, quanto con quelli che auspicavano letture “neutrali” basate su meri criteri filologici e letterari. Tra questi ultimi vanno citati intellettuali quali Tommaso Landolfi, Guido Piovene e Pietro Citati, i quali tentarono di separare il discorso estetico da quello ideologico.
Come altri casi letterari riguardanti opere russo-sovietiche, quello di Pasternak si caratterizza, nello scenario della nascente industria culturale, per essere intimamente connesso alle vicende storiche e politico-culturali dell’Italia.
Bibliografia
Alicata, M., Sul Caso Pasternak: un articolo di M. Alicata; una lettera del Novij Mir, Editori Riuniti, Roma 1958.
Calvino, I., “Pasternak e la rivoluzione”, Passato e Presente, maggio-giugno 1958: 360–367.
Cases, C., “Dibattito sul Dottor Zivago”, Il Ponte, 6, 1958: 850–854.
Chiaromonte, N., “Il “Dottor Živago” e la sensibilità moderna”, in Chiaromonte, N., Credere non credere, Rizzoli, Milano 1971: 163–183.
Floridi, U. A., “Un messaggio di resurrezione dalla Russia cristiana”, Civiltà Cattolica, 18 gennaio 1958: 180–187.
Fortini, F., “Rileggendo Pasternak”, in Fortini, F., Verifica dei Poteri. Scritti di critica e di istituzioni letterarie, Il Saggiatore, Milano 1965: 287- 309.
Landolfi, T., “Il romanzo di Pasternak”, in Maccari, G. (ed.), I russi, Adelphi, Milano 2015: 276–279.
Moravia, A., “Visita a Pasternak”, Corriere della Sera, 11 gennaio 1958.
Muscetta C, “Gli eredi di Protopov”, in Muscetta, C., Gli eredi di Protopov. Dissensi, consensi, indignazioni, Lerici, Roma 1977.
Pasternak, B., Il dottor Živago, traduzione italiana di Pietro Zveteremich, Feltrinelli, Milano 1957.
La casa editrice Feltrinelli e la cultura del dissenso
di Giovanna Lo Monaco
La casa editrice, fondata a Milano da Giangiacomo Feltrinelli nel 1954, si distingue per la specificità del programma editoriale, elaborato dallo stesso Feltrinelli e caratterizzato da un forte impegno politico ispirato ai valori dell’antifascismo e agli ideali comunisti, nonché dall’obiettivo di contribuire alla formazione culturale dei lettori.
Inizialmente vicino al PCI, Feltrinelli si discosta progressivamente dalle “direttive” culturali del partito e in special modo dopo la pubblicazione de Il dottor Živago dello scrittore russo Boris Pasternak nel 1957, all’interno della collana “Narrativa”. Quello del Dottor Živago diviene un caso editoriale di rilevanza internazionale che — assieme al successo del Gattopardo, pubblicato nello stesso anno e nella stessa collana — permette alla Feltrinelli di diventare rapidamente una delle case editrici più riconosciute in Italia e all’estero.
Feltrinelli pubblica il romanzo in anteprima mondiale e direttamente in traduzione italiana, ben prima dell’edizione in lingua originale, ostacolata da Mosca a causa della non conformità del libro ai dettami del realismo socialista, avvertita come un affronto all’ideologia del regime (cf. Mancosu 2015). Le vicende editoriali del libro, a tratti simili a quelle di una spy story, rivelano la profonda ingerenza della politica di quegli anni — in questo caso esercitata dall’URSS direttamente o indirettamente tramite il PCI — sulle iniziative culturali. In tale scenario, la battaglia per la pubblicazione del romanzo di Pasternak coincide per Feltrinelli con una aperta protesta a favore della libertà d’espressione e con una rivendicazione dell’autonomia della cultura dalla politica.
Feltrinelli pubblica anche altre opere rilevanti di autori russi spesso sconosciuti al pubblico italiano, tra cui Nella sua città di Viktor Nekrasov nel 1955, che costituisce una svolta nella letteratura sovietica verso stilemi occidentali; nel 1958, sotto il titolo Tramonto, raccoglie le opere letterarie, teatrali e cinematografiche di Isaak Babel’, giornalista e collaboratore di Ėjzenštejn, fucilato per spionaggio sotto la dittatura di Stalin; nel 1961 pubblica Una spanna di terra di Grigorij Baklanov che aveva avuto una storia editoriale contrastata in patria per ragioni ideologiche. Altro scrittore russo di rilievo introdotto in Italia da Feltrinelli è Evgenij Evtušenko, di cui viene pubblicato La stazione di Zimà e altri versi nel 1962, primo di una serie di titoli dello stesso autore editi da Feltrinelli.
La scelta dell’editore ricade generalmente su scrittori in aperto dissenso con il regime o su altri che, pur rimanendo nell’alveo istituzionale sovietico, dimostrano di non essere perfettamente allineati alla rigida politica culturale da esso imposta, vittime anch’essi, in forme e misure differenti, della censura e delle pressioni del partito, come nel caso di Evtušenko. La selezione delle opere letterarie sembra generalmente orientata a promuovere una prospettiva critica nei confronti della politica dell’Unione Sovietica e si coniuga in questo senso con la pubblicazione di alcuni saggi della collana “Attualità” — si vedano in particolare gli Scritti politici del leader ungherese Imre Nagy pubblicati nel 1958 — in cui si discute dell’assestamento dell’URSS dopo Stalin e si fa spazio un complessivo ripensamento della tradizione socialista.
Sin dall’inizio della sua attività la casa editrice si preoccupa di far conoscere al pubblico italiano la letteratura contemporanea internazionale, in particolare attraverso le collane “Narrativa” e “Le Comete”, entrambe dirette da Valerio Riva, e dal 1960 con “I Narratori”. I titoli stranieri vengono selezionati, da un lato, secondo strategie commerciali, dall’altro, proponendosi di alimentare il clima di rinnovamento e sprovincializzazione che pervade il Paese durante gli anni Cinquanta e Sessanta, avanzando una proposta culturale innovativa. Tra questi si segnalano le opere ascrivibili all’area del Nouveau roman francese, come Ritratto d’ignoto. Tropismi. Conversazione e sottoconversazione di Nathalie Sarraute (1959), autrice che con Feltrinelli pubblicherà anche altri titoli, e Invito a Pranzo di Claude Mauriac nel 1961, ma anche i testi degli autori tedeschi del Gruppo 47, pubblicati soprattutto grazie all’iniziativa di Enrico Filippini.
Filippini si occupa in particolare della traduzione e dell’edizione di testi fondamentali come Il tamburo di latta di Günter Grass (1962) e Le congetture su Jacob di Uwe Johnson (1961); nel 1962 sovrintende, in qualità di redattore, alla pubblicazione di un’antologia di autori tedeschi contemporanei intitolata Il dissenso, a cura di Hans Bender, che suscita non poche polemiche. Attraverso la pubblicazione di questi testi viene “importato” il modello del romanzo sperimentale, del tutto distante dalla narrativa che diremmo genericamente di stampo “tradizionale” promossa fino a quel momento dalla casa editrice, in consonanza con la dominante culturale del tempo.
In Italia i principali promotori del romanzo sperimentale, denominato “antiromanzo”, sono gli autori del Gruppo 63, i cui testi trovano particolare accoglienza proprio nella collana “Le Comete”, a fianco dei corrispondenti antiromanzi stranieri: tra i titoli presenti nella collana, pubblicati tra il 1963 e il 1965, si ricordino Capriccio italiano di Edoardo Sanguineti, Come si agisce di Nanni Balestrini, La narcisata e La controra di Alberto Arbasino, L’oblò di Adriano Spatola e Il parafossile di Giorgio Celli, ma anche le antologie La scuola di Palermo, a cura di Alfredo Giuliani, che raccoglie testi di Michele Perriera, Roberto Di Marco e Gaetano Testa, e, soprattutto, la prima antologia del Gruppo 63, che raccoglie i testi degli autori intervenuti al convegno fondativo del Gruppo (Gruppo 63. La nuova letteratura, a cura di N. Balestrini e A. Giuliani).
Altri testi rilevanti della Neoavanguardia come Fratelli d’Italia di Arbasino, Il giuoco dell’oca di Sanguineti e Tristano di Balestrini vengono accolti in differenti collane, tra cui “I Narratori”; la collana di saggistica “Materiali” ospiterà invece — in modo quasi esclusivo — gli scritti teorici e critici del Gruppo, tra cui Avanguardia e sperimentalismo di Angelo Guglielmi (1964), Certi romanzi di Arbasino (1964), Ideologia e linguaggio di Sanguineti (1965) e Ordine e disordine di Fausto Curi (1965), nonché gli atti del convegno sul romanzo sperimentale organizzato dal Gruppo 63 nel 1965 (Il romanzo sperimentale. Palermo 1965, a cura di N. Balestrini). Anche la collana “Poesia” ospita diverse raccolte degli autori della Neoavanguardia come Triperuno di Sanguineti (1964), I rapporti di Porta (1966), Lezione di fisica e Fecaloro di Pagliarani (1967) e Povera Juliet e altre poesie di Giuliani (1965).
Con il suo sostegno editoriale, Feltrinelli si presenta di fatto come il principale promotore della nuova letteratura d’avanguardia e della rivoluzione culturale propugnata dal Gruppo 63. L’editore si era dimostrato interessato alle forme letterarie sperimentali già con la pubblicazione di Le piccole vacanze (1957) e L’anonimo lombardo (1959) di Arbasino; una svolta decisiva si verifica quando nel 1962 Feltrinelli diventa l’editore de Il Verri, la rivista diretta da Luciano Anceschi che costituisce la prima sede di aggregazione dei membri della futura Neoavanguardia, e accoglie Balestrini tra i collaboratori, mentre Giorgio Bassani, uno dei maggiori oppositori del Gruppo, che fino a quel momento si era occupato della redazione romana e delle pubblicazioni di narrativa, lascia la casa editrice (Cesana 2010: 341–353).
L’idea stessa di fondare il Gruppo 63 nasce negli uffici milanesi della Feltrinelli a opera di Valerio Riva, che si preoccuperà principalmente della promozione editoriale, di Filippini, che propone per primo la formazione di un gruppo simile al Gruppo 47 (cf. Fuchs 2017: 47–82), e di Balestrini, che sarà il principale organizzatore dei lavori collettivi. Uno dei “centri operativi” del Gruppo sarà invece costituito dalla libreria romana di Feltrinelli in via del Babuino.
Tra il 1967 e il 1969 Feltrinelli contribuisce, assieme ad altri editori, alla sponsorizzazione e al finanziamento della rivista Quindici, ideata dal Gruppo 63 nel tentativo di legare la propria battaglia culturale ai movimenti giovanili. Il sostegno a Quindici rappresenta l’ultimo episodio significativo dello sposalizio tra la casa editrice e i letterati del Gruppo, che si indebolisce dopo l’allontanamento di Riva e di Filippini — in concomitanza con la svolta politica radicale di Feltrinelli verso la fine degli anni Sessanta — e può dirsi concluso quando nel 1972, dopo la morte di Giangiacomo, anche Balestrini lascia la Feltrinelli.
Nonostante le resistenze nei confronti della letteratura beat americana da parte dei grandi editori italiani del periodo, sottolineate più volte da Fernanda Pivano anche in riferimento alla Feltrinelli, la casa editrice si dimostra in qualche modo interessata al fenomeno. Nel 1960 era già comparso nelle “Comete” I sotterranei di Jack Kerouac, una delle prime opere della beat generation pubblicate in Italia, con una prefazione di Fernanda Pivano; nel 1964 Feltrinelli pubblica nella stessa collana la prima antologia di successo in Italia della poesia della beat generation, Poesia degli ultimi americani, curata dalla stessa Pivano.
È soprattutto dalla metà degli anni Sessanta, tuttavia, che risulta più evidente l’intenzione di Feltrinelli di avvicinarsi al movimento beat — che si stava sviluppando come movimento sociale e politico proprio in quel periodo — con la scelta di accogliere volumetti di poesia e prosa beat italiane all’interno della collana “Edizioni di Libreria”. Dei titoli di letteratura beat previsti per la pubblicazione da Fernanda Pivano, incaricata della curatela, vengono tuttavia stampati solamente I denti cariati e la patria di Antonio Infantino e l’Antologia del Beatnik’s clan di Monza, mentre rimangono inediti, tra gli altri, i testi di alcuni dei protagonisti del movimento come Carlo Silvestro, Gianni Milano, Renzo Angolani e Poppi Ranchetti.
Nel 1966 Feltrinelli affida a Fernanda Pivano il compito di preparare il Numero unico di protesta dei giovani, altro testo che non verrà pubblicato e che avrebbe dovuto contenere i programmi dei vari gruppi del movimento, un’antologia di poesie e prose beat, e La collana dei fiori, un collage con dati e ritagli di giornale sugli scontri del movimento con la polizia (cf. Pivano 1976: 88–89; Echaurren -Salaris 1999: 65–66). L’appoggio più significativo del grande editore al movimento giovanile è probabilmente rappresentato dalla pubblicazione dell’ultimo numero di Mondo beat, in segno di solidarietà al movimento beat milanese dopo la dura repressione della polizia, per il quale Feltrinelli scriverà di suo pugno un intervento, con lo pseudonimo di “Gigi Effe”.
Si deve a Feltrinelli anche l’edizione italiana del noto opuscolo Della miseria dell’ambiente studentesco (1967), scritto da Khayati Mustapha e pubblicato a cura dell’Internazionale Situazionista, considerato il manifesto delle proteste nell’università di Strasburgo. Il volumetto si inserisce tra le numerose edizioni feltrinelliane di opuscoli dedicati alle lotte politiche in ambito nazionale e internazionale che rientrano nelle “Edizioni di Libreria”. Creata nel 1966, la collana comprende piccoli fascicoli venduti unicamente al bancone delle librerie Feltrinelli — per diminuire i costi di distribuzione — accanto ai gadget della rivoluzione, come, ad esempio, le spille con il simbolo del movimento per la pace; tra i titoli più significativi vanno ricordati Documenti dell’occupazione del Liceo Parini (1968), Lotta studentesca al liceo Einstein di Milano (1968), Rivoluzione dell’università (1969) e Che Guevara: esempio di internazionalismo proletario (1967) di Fidel Castro, e Persiste la minaccia di un colpo di stato in Italia dello stesso Giangiacomo Feltrinelli.
Con la creazione nel 1970 della collana “Franchi Narratori”, ideata e diretta da Balestrini assieme ad Aldo Tagliaferri — che ne assume la piena direzione dopo il 1972 — la casa editrice dimostra di saper cogliere i cambiamenti di tendenza nel sistema letterario, ma anche di saper recepire tempestivamente i mutamenti politici che caratterizzeranno i movimenti di dissenso degli anni Settanta, all’interno dei quali le tematiche politiche sono legate strettamente a quelle riguardanti la sfera personale. La collana accoglie infatti testi definiti “irregolari” che si presentano come forma di denuncia dei problemi attuali della società attraverso il racconto in prima persona di soggetti emarginati e ritenuti “scomodi” rispetto al sistema produttivo e culturale, come drogati, disoccupati, immigrati, disobbedienti politici, fuorilegge e omosessuali. Va segnalata tra i titoli la presenza di Diario di un omosessuale di Giacomo Dacquino (1970), Alice i giorni della droga (1972) e L’evasione impossibile di Sante Notarnicola (1972; cf. Vadrucci 2010).
Il programma della Feltrinelli — portato avanti grazie al contributo determinante dei suoi collaboratori — rappresenta complessivamente un importante tentativo di promuovere una rivoluzione politica e culturale dall’interno dell’industria editoriale ufficiale, utilizzandone strumenti e strategie, e senza dimenticare le esigenze di mercato. Oltre alle scelte di redazione derivano da questa impostazione anche una particolare articolazione del sistema di produzione e distribuzione, interamente gestito dalla stessa Feltrinelli, e l’ideazione di una catena di librerie organizzate come centri di svago, per andare incontro a un nuovo modello di fruizione della cultura (cf. Cesana 2010: 16–17). Dopo la morte del fondatore, la casa editrice continua a distinguersi per il particolare orientamento editoriale, ma perde progressivamente il carattere militante dei primi anni di attività.
Bibliografia
Cesana, R., “Libri necessari”. Le edizioni letterarie Feltrinelli (1955–1965), UNICOPLI, Milano 2010.
Echaurren, P. — Salaris, C., Controcultura in Italia 1966–1977, Bollati Boringhieri, Torino 1999.
Fuchs, M., Enrico Filippini editore e scrittore: la letteratura sperimentale tra Feltrinelli e il Gruppo 63, Carocci, Roma 2017.
Mancosu, P., Živago nella tempesta. Le avventure editoriali del capolavoro di Pasternak, Feltrinelli, Milano 2015.
Pivano, F., C’era una volta un beat, Arcana, Roma 1976.
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