Malgrado le reiterate assicurazioni sull’impegno alla semplificazione e alla trasparenza il Decreto Rilancio offre una palese contraddizione con questi propositi. All’articolo 26 si crea un nuovo veicolo finanziario, tramite nuovi intrecci societari, la cui natura pubblica fa tornare alla memoria la vicenda ingloriosa della GEPI, la Società per le Gestioni e Partecipazioni Industriali.
Chi ha più antica memoria infatti ricorderà che la Gepi nacque nel 1971, a seguito della Legge 184, che prevedeva la nascita di una società per concorrere al mantenimento ed all’accrescimento dei livelli di occupazione compromessi da difficoltà transitorie di imprese industriali mediante interventi, sulla base di piani di riassetto o riconversione, atti a comprovare la concreta possibilità del risanamento delle imprese stesse. Finalità non dissimili da quanto previsto dall’articolo 26 del Decreto Rilancio. Infatti venne allora creata la Gepi per evitare di disperdere gli interventi dello Stato in mille rivoli, concentrandoli nella GEPI medesima. Al pari di quanto prevede l’articolo 26 con l’istituzione del fondo per le PMI.
Nei fatti la Gepi (chiusa nel 1991) è stata una finanziaria pubblica costituita per il salvataggio, la ristrutturazione e la successiva vendita delle aziende private in difficoltà. Si narra che la GEPI sia costata alla collettività cifre ingenti mantenendo in cassa integrazione gli esuberi di personale ceduti dalle imprese in crisi, come FIAT, Montedison, SNIA, SIR, Marzotto. La Gepi di allora si fece carico di molte decine di migliaia di lavoratori trasferendoli in apposite sue società che ponevano in cassa integrazione per lunghi periodi i lavoratori medesimi. Nel linguaggio giornalistico di allora la GEPI era descritta come “lazzaretto”, “reparto di rianimazione”, “ambulatorio”, “rottamaio di aziende”.
Le disposizioni dell’articolo 26 del Decreto Rilancio hanno singolari assonanze con la storia della GEPI. Infatti detto articolo (rafforzamento patrimoniale delle medie imprese) istituisce (comma 12) il Fondo patrimonio PMI, che sottoscriverà obbligazioni o titoli di debito di nuova emissione sbrigativamente definiti “strumenti finanziari”, definizione incoerente con la definizione di “strumenti finanziari” contenuta all’articolo1, comma 47 del Testo Unico di finanza (Tuf) che esclude dall’elenco degli “strumenti finanziari”, oggetti di ogni possibile negoziazione, soltanto i “depositi bancari e postali”. Si auspica che in sede di conversione del decreto le Camere facciano chiarezza su siffatta definizione. In sintesi si tratta di fare assumere dal Fondo alcuni debiti (negoziabili al pari ogni strumento finanziario?) delle medie imprese che ne facciano domanda.
Si aggiunga che la gestione del Fondo è affidata alla società Invitalia o a società da questa “interamente“ controllate. Dunque una nuova Spa con consiglio di amministrazione, collegio sindacale e presumibilmente qualche dipendente. Invitalia o la eventuale società interamente controllata assume la veste del “Gestore” (comma 13). Sfugge il concetto di “interamente controllata” (anche tramite le più che note cascate societarie?). Si auspica, per evitare equivoci interpretativi, che in sede di approvazione parlamentare si faccia riferimento agli articoli del Codice civile (art.2359 e ss.) che disciplinano la materia del controllo societario.
Ma quanti saranno in concreto i Gestori Spa, i cui poteri li configurano come veri e propri imprenditori occulti delle imprese assistite? Attualmente le società controllate da Invitalia sono: Infratel Italia, Mediocredito Centrale, Italia Turismo e Invitalia Partecipazioni, e non tutte paiono adeguate a svolgere la funzione del gestore. Inoltre, Invitalia ha una partecipazione nella Sgr Invitalia Ventures; quest’ultima a sua volta dovrebbe essere la società alla quale il Governo ha affidato la gestione del miliardo di euro da dedicare a investimenti di venture capital, società a sua volta partecipata al 70% dalla Cdp Equity e al 30% da Invitalia Cdp Venture Capital sgr spa-Fondo Nazionale Innovazione (Fni).
E’ opportuno domandarsi se gli strumenti di venture capital rientrano fra “gli strumenti finanziari” di cui si è detto creando nel caso singolari intrecci finanziari. Ci si attende che anche su questo punto il dibattito parlamentare possa fare chiarezza facendo tornare nel dimenticatoio la ingloriosa GEPI.
Se il Prof Cavazzutti non dissipasse il tempo con giudizi tanto grossolani quanto idioti saremmo un popolo fortunato.
Nella Sua “gloriosa” e multiforme attività si distingue per aver realizzato un glorioso zero nel caso migliore e di aver dato sentenze senza fondamento per chi non ha fatto cento ma quello zero virgola di risposta alle missioni che i Governi ritenevano necessarie lo ha dato e non certo sperperando risorse.
Nonostante i pochi successi e i numerosi insuccessi il conto del Paese ha avuto un saldo positivo per le finanze pubbliche , misurando costi e benefici per lo Stato e ha contribuito alla realizzazione di obiettivi sia in campo economico che sociale ..
Evito di scendere in dettagli polemici ,pensando al povero Nino Andreatta .