Dopo anni di dibattiti e controversie, il verdetto è finalmente arrivato: il Consiglio di Stato ha annullato il provvedimento dell’Autorità garante della concorrenza e il mercato (Agcm) riguardante il caso Eni Diesel+, confermando così l’assenza di pratiche commerciali scorrette nell’approccio pubblicitario dell’azienda.
Eni, colosso energetico di fama mondiale, ha visto respinta la tesi secondo cui avrebbe ingannevolmente promosso il proprio carburante Diesel+ come ecologicamente vantaggioso, al punto da ricevere una sanzione di 5 milioni di euro nel 2020. Il Consiglio di Stato ha giustamente riconosciuto l’infondatezza di queste accuse, stabilendo che Eni non ha ingannato i consumatori né ha messo in atto pratiche sleali.
Al centro della disputa c’era l’interpretazione del concetto di “green claim“, ovvero la promozione di prodotti come ecologici o a basso impatto ambientale. Eni ha sempre sostenuto che il suo Diesel+ contenesse una percentuale significativa di Hvo (biocarburante idrogenato) tale da renderlo effettivamente meno inquinante rispetto ad altri carburanti presenti sul mercato. Ora, con la sentenza del Consiglio di Stato, questa affermazione viene pienamente avvalorata, confermando che l’uso del termine “green” è legittimo anche per prodotti che, sebbene non siano a impatto zero sull’ambiente, rappresentano comunque un miglioramento rispetto alle alternative disponibili.
Questa decisione non solo ristabilisce la reputazione di Eni, ma ha anche un impatto più ampio sul dibattito ambientale e sulla trasparenza nel settore energetico. Essa conferma che le aziende possono fare affidamento su prove scientifiche documentate per promuovere i vantaggi ambientali dei propri prodotti, senza temere accuse infondate di “greenwashing“.
Inoltre, la sentenza del Consiglio di Stato sottolinea l’importanza di un approccio basato sui fatti e sulla scienza nella valutazione delle pratiche commerciali, specialmente quando si tratta di questioni ambientali. Eni, in particolare, ha dimostrato di essere all’avanguardia nella ricerca e nello sviluppo di soluzioni energetiche sostenibili, un impegno che ora viene riconosciuto e sostenuto anche dal più alto organo giudiziario del paese.
Infine, questa vicenda dovrebbe servire da monito per un uso responsabile dei “green claim” nel marketing aziendale, incoraggiando le imprese a essere trasparenti e accurate nella comunicazione dei benefici ambientali dei propri prodotti. Solo così si potrà costruire un futuro più sostenibile, in cui le aziende contribuiscano attivamente alla lotta contro il cambiamento climatico e alla tutela dell’ambiente.