X

Il cervello in un vassoio: il primo passo dell’intelligenza organoide. Convergenza tra biotecnologie e informatica

Freepik

Qualche settimana fa in una intervista al tecnologo Marco Moretti, autore del recente libro, Futuro. un viaggio nel futuro, le scienze e tecnologie emergenti e scenari di potenziale tecnocrazia digitale pubblicato da goWare, abbiamo visto come alla base delle ondate innovative del futuro c’è la convergenza delle discipline e la collaborazione tra scienziati e tecnologici di differente formazione. 

Le conoscenze settoriali andranno ad arricchirsi reciprocamente per raggiungere nuovi traguardi conoscitivi e dare vita a scienze di sintesi e collaborative. È quello che si sta già intravedendo nell’osmosi tra biotecnologie e informatica. Questa confluenza di conoscenze e di pratiche porterà a qualcosa che oggi potrebbe apparire sbalorditivo: un bio computer, cioè un computer biologico fatto di cellule e componenti elettronici integrati.

Un bio computer è un complesso ed efficiente sistema di calcolo che riesce a riprodurre artificialmente i processi cognitivi e di apprendimento del cervello umano. Affinché l’intelligenza artificiale possa arrivare a superare la capacità dell’intelligenza biologica collettiva deve poter fare affidamento sulla potenza di calcolo offerta dal computer biologico che va oltre anche quella resa disponibile dal computer quantico, al quale si sta già lavorando e che certamente lo precederà. 

Si potrebbe dire che il computer biologico, o più correttamente un dispositivo neuromorfico, è l’evoluzione del computer quantico in una nuova generazione di macchine.

Non è certo qualcosa che vedremo a breve termine, ma già ci sono dei risultati apprezzabili in questa direzione.

Brainoware

Per esempio c’è già Brainoware, un primo sistema neuromorfico ideato e messo a punto dai ricercatori delle università dell’Indiana Bloomington, della Florida e di Cincinnati e da quelli del Children’s Hospital Medical Center della città dell’Ohio.

Brainoware è un organoide cerebrale ibrido, una sorta di mini dispositivo costituito da una piccola struttura neurale coltivata in vitro con cellule staminali umane e da una circuiteria che gli è connessa e gli invia stimolazioni elettriche per poi interpretare l’attività neutrale dell’organoide sollecitata da tali stimoli.

Gli organoidi sono modelli in vitro più sofisticati e accurati degli organi e dei tessuti umani o animali. Grazie a questa loro natura hanno la potenzialità e la capacità di rivoluzionare, per esempio, lo studio e il trattamento delle malattie. Ma sono molto efficienti anche in altri campi, come le scienze cognitive e l’apprendimento.

Gli scienziati che lavorano sul progetto Brainoware hanno creato un sistema di riconoscimento vocale e di calcolo di tipo neuromorfico supportato da cellule cerebrali che infondo al sistema efficienza, velocità e potenza di elaborazione con un basso consumo energetico a paragone di quello richiesto, per compiti simili, dalle tradizionali macchine elettroniche. 

Il basso consumo energetico in rapporto alle prestazioni è uno dei maggiori punti di forza del sistema neuromorfico.

Il benchmark con le reti neurali di silicio 

I creatori di Brainoware hanno condotto un benchmark tra la prestazione di una rete neurale tradizionale e quella di Brainoware con due tipologie di test, il primo neurolinguistico e il secondo matematico.

Il test linguistico doveva accertare la capacità del sistema di individuare i suoni vocalici della lingua giapponese traendoli da 240 clip audio registrate da otto differenti locutori. Dopo l’allenamento dell’algoritmo di apprendimento, Brainoware si è fortemente efficientizzato passando dal 51% di accuratezza al 78%. In questo test ha nettamente superato il sistema neurale basato sul silico in precisione e velocità di esecuzione.

Nel test matematico, i ricercatori hanno cercato di far predire ai sistemi una mappa di Hénon, che è un modello matematico di un sistema caotico. 

Qui, Brainoware si è rivelato leggermente meno preciso rispetto alle reti neurali basate su silicio, ma il tempo di addestramento è stato del 90% inferiore del concorrente.

L’intelligenza organoide

Questa ricerca si è svolta nel solco di una road map dell’intelligenza organoide preparata da un team internazionale facente capo alla Johns Hopkins University di Baltimora.

I 40 scienziati coinvolti nel progetto si propongono di sviluppare un sistema organoide ultraefficiente che possa risolvere problemi che vanno oltre le capacità dei computer convenzionali. 

È questo un obiettivo a cui lavorano anche i team dei computer quantistici.

Non ci sono solo questioni tecnologiche sollevate da questa nuova sfida scientifica. Il computer biologico solleva anche una miriade di problematiche neuroetiche collegate all’impiego su larga scala di organoidi celebrali di tipo staminale per scopi computazionali.

La determinazione dei 40 scienziati a sviluppare una tecnologia che esplori le potenzialità dell’intelligenza organoide ha trovato espressione in una dichiarazione di intenti, detta “The Baltimore Declaration”. 

In questo documento i firmatari chiedono alla comunità scientifica internazionale: “di esplorare il potenziale delle colture cellulari organoidi del cervello umano per far progredire la nostra comprensione di quest’ultimo e favorire la nascita di nuove forme di biocomputing senza misconoscere le implicazioni etiche di questi processi”.

Il cervello in un vassoio

Il documento continua così:

“L’intelligenza organoide può generare applicazioni diverse e di vasta portata in grado di avvantaggiare l’umanità e il nostro pianeta e capace anche di stimolare lo sviluppo dello studio dell’intelligenza organoide come disciplina scientifica collaborativa. Questa scienza promette di fare luce sulla fisiologia delle funzioni cognitive umane come la memoria e l’apprendimento. Presenta opportunità rivoluzionarie nel calcolo biologico e ibrido con il potenziale di superare le stringenti limitazioni del calcolo basato sul silicio. Offre inoltre la prospettiva di progressi senza precedenti delle interfacce tra cervello e macchine. Infine, l’intelligenza organoide potrebbe consentire innovazioni nella modellazione e nel trattamento dei disturbi neurogenerativi che causano un carico di malattie immense e crescenti a livello globale”.

Niente allarmi: lo sviluppo dell’intelligenza organoide in tecnologia commerciale di massa richiederà decenni. Rimarrà a lungo una faccenda da laboratorio. Non arriverà così presto sui nostri tavoli il cervello in un vassoio su un letto di cavi.

Questa portata è ancora nel dominio della fantascienza.

. . .

Fonti:

Michael Peel, Scientists use brain-like tissue in advance for ‘biocomputing’ research, “The Financial Times”, 11 dicembre 2023 

Peter Hess, Scientists invent ‘Brainoware’ computer that uses human neurons and tech hardware – as they move one step closer to merging man and machine, “The mailonline”, 11 dicembre 2023

Clive Cookson, Scientists target ‘biocomputing’ breakthrough with use of human brain cells, in “The Financial Times”, 28 febbraio 2023

Categories: Tech