Ogni secondo che passa, incluso questo, il vostro sistema nervoso centrale è il laboratorio di milioni di reazioni chimiche, di cui voi, peraltro, nemmeno vi accorgete. Sono il linguaggio utilizzato dal cervello per ricevere, elaborare e trasmettere informazioni.
Il cervello è stato a lungo concepito come una macchina. Visto che ogni idea è figlia del suo tempo, René Descartes l’aveva paragonato a una pompa idraulica, Sigmund Freud a un motore a vapore, Alan Turing a un computer. Come si può ben immaginare, Turing è quello che ci è andato più vicino. Il cervello non è esattamente un computer, ma l’analogia fra i due è innegabile.
Tutti e due trasmettono informazioni per mezzo di messaggi elettrici. È vero che nel computer i messaggi sono digitali (espressi nella matematica binaria di zero e uno) e nel cervello analogici (espressi in un arco variabile di millivolts). Ma la questione è più complessa, perché se la somma dei messaggi analogici supera un certo livello, il neurone “fa fuoco” e trasmette un impulso elettrico ai neuroni collegati. Se invece il livello non viene superato, nulla accade. È un messaggio binario anche questo: sì o no, acceso o spento.
Tutti e due calcolano. Ma se il computer ha una struttura seriale, ovvero calcola secondo una sequenza preordinata, il cervello opera in modalità parallela, eseguendo una grande mole di calcoli in contemporanea. In compenso, i microprocessori per le applicazioni grafiche (chiamati GPU) adottano già una tecnologia parallela.
Tutti e due hanno bisogno di energia: il computer sotto forma di elettroni, il cervello sotto forma di ossigeno e glucosio.
Tutti e due hanno una memoria espandibile: al primo basta aggiungere o sostituire banchi di memoria fatti di silicio, al secondo è sufficiente moltiplicare le connessioni sinaptiche attraverso lo studio, l’esercizio e la ripetizione.
Tutti e due si sono evoluti nel tempo: il computer a un ritmo esponenziale, raddoppiando ogni due anni la propria capacità di calcolo, mentre il cervello di Homo sapiens – originato dal primitivo cervello dei primitivi invertebrati – ci ha messo 500 milioni di anni e, negli ultimi 50mila, non è cambiato granché. Di fatto, si tratta dello stesso modello di base che voi, gentili utenti, avete in dotazione.
Per secoli e millenni si è creduto che il cervello umano – ad esclusione del periodo dell’infanzia, quando impariamo a parlare e a camminare – fosse sostanzialmente statico e immutabile. Che un danno fisico al cervello fosse impossibile da riparare, neanche in parte. Che un ragazzo indietro negli studi dovesse fare i conti con invalicabili limiti cognitivi, alimentando così generazioni e generazioni di ineguaglianze sociali. Si credeva che cattive abitudini e dipendenze fossero fardelli da portare a vita, o che una persona di ottant’anni non potesse mantenere la memoria di una di cinquanta.
Invece, soltanto a partire dagli anni settanta del Novecento, abbiamo scoperto che è vero tutto il contrario: il cervello è in costante cambiamento. Anzi, il cambiamento è alla base stessa dei suoi meccanismi. Gli effetti di questa proprietà, anche chiamata plasticità cerebrale, vanno al di là dell’immaginabile. Il cervello è un potente computer, asincrono e parallelo ma che, per di più, è capace di riadattare da solo il proprio hardware.
L’hardware cerebrale, fondamentalmente composto da atomi e molecole arrangiati in maniera ingegnosa, impacchetta circa 86 miliardi di neuroni in un encefalo di un chilo e mezzo. Siccome ogni neurone può fare fuoco e inondare di segnali migliaia di neuroni adiacenti anche 200 volte al secondo, c’è chi ha stimato che il cervello possa eseguire fino a 38 milioni di miliardi di operazioni al secondo. Quella storia che gli esseri umani usano soltanto il 10% del proprio cervello è una fandonia totale. Ma il bello è che riesce a fare tutto questo, consumando neppure 13 watt/ora. Nessun supercomputer al mondo può ancora battere la capacità di calcolo di un cervello umano (considerate che sono “calcoli“ anche la vista, l’udito o l’immaginazione) tantomeno la sua straordinaria efficienza energetica. E questo è solo l’inizio.
Quasi tutte le cellule del corpo umano nascono e muoiono, incessantemente. Tutte fuorché le cellule neuronali, le uniche che la accompagnano lungo il cammino dell’esistenza, dal primo all’ultimo giorno della sua vita. A conti fatti sono loro a produrre quel che voi siete. La personalità, le capacità e il talento, l’erudizione e il vocabolario, le inclinazioni e i gusti, perfino i ricordi del passato sono in qualche modo scritti nella personale architettura neuronale. Talmente personale che non esiste al mondo un cervello uguale al vostro, neppure se voi aveste un gemello o una gemella.
Ebbene, la suddetta macchina è perfino in grado, entro certi limiti, di correggere i difetti del proprio hardware. Quando un’area cerebrale viene incidentalmente danneggiata, il cervello è spesso capace di riprogrammarsi, di spostare altrove i collegamenti mancanti e in sostanza di aggiustarsi da solo. E se questo accade talvolta su grande scala (come nel caso di perdita della vista, quando le aree cerebrali inutilizzate si mettono al servizio di altri sensi), accade continuamente su piccola scala perché, con l’invecchiamento, molti neuroni muoiono e non tornano più. Però i neuroni rimasti in vita sanno come fare a riorganizzarsi cosicché l’età che avanza non abbia conseguenze fatali. Non ditelo a un processore di silicio, dove un solo transistor difettoso può arrestare l’intero marchingegno.
Quando si parla di riorganizzare le sinapsi però, le stimate 150mila miliardi di connessioni fra neuroni, il cervello non ha bisogno di fronteggiare un’emergenza. Lo fa da solo, spontaneamente.
L’influenza di un neurone su ognuno delle centinaia di neuroni collegati può essere molto forte, molto debole o in qualsiasi grado intermedio, a seconda della solidità e della forza di ciascuna sinapsi. C’è anche una sorta di regola, enunciata dallo scienziato canadese Donald Hebb, nel 1949: «Neurons that fire together, wire together». I neuroni che fanno fuoco insieme si accoppiano e rafforzano il reciproco legame. È in questo modo che il cervello si riorganizza continuamente: creando nuove sinapsi, rafforzando quelle vecchie, tagliando via quelle che non servono più. Un gran numero di funzioni cerebrali, a cominciare dall’apprendimento, dipende da questo costante aggiustamento delle connessioni sinaptiche e dalla loro forza, solidità.
Insomma, al contrario di quel che si è creduto per secoli, il cervello umano è tutt’altro che statico e immutabile:
* in alcuni casi è in grado di auto-ripararsi;
* qualsiasi bambino “indietro negli studi” può imparare a imparare. Basta insegnargli come fare e, invece di mortificarlo, incoraggiarlo;
* una qualsiasi cattiva abitudine, per sgradevole o veniale che sia, può essere abbandonata. Una dipendenza anche grave, come quella acuta da gioco, può essere controllata e sottomessa;
* una signora anziana può mantenere la memoria di un giovane adulto, se non smette di apprendere e di sforzarsi cerebralmente;
* all’opposto, anche una condizione di stress prolungato, se non addirittura una sindrome da stress post-traumatico, produce cambiamenti indesiderati e di lungo termine alle connessioni cerebrali.] Attenzione: in qualche caso, un imperfetto funzionamento della macchina cerebrale può implicare patologie o altre risposte indesiderate che sono fuori dalla portata, semplicemente divulgativa, di questo manuale e che richiedono consigli e cure da parte di professionisti specializzati.
L’utente di un cervello funzionante può scoprire che, quasi sempre attraverso una volizione – una presa di volontà – è in grado di modificare, aggiustare, sintonizzare almeno in parte la propria configurazione sinaptica. Che poi, detta in soldoni, vuol dire la propria vita.
In attesa di fare la conoscenza di qualche alieno di un’intelligenza superiore, il cervello di Homo sapiens resta la cosa più complessa, stupefacente e fantastica dell’universo.
È la complessità che rende quei neuroni capaci di produrre il pensiero, l’intelligenza e la memoria, tutte fatte su misura per ciascun utente. È stupefacente che una simile macchina biologica superi ancora largamente, per capacità di calcolo ed efficienza, tutte le macchine del mondo. È fantastico farci un giro.