Più lo mandi giù, più si tira su. E’ il prezzo della tazzina di caffè delle cafeterias americane, denuncia The Wall Street Journal. In questi giorni l’Arabica è in forte calo alla Borsa delle commodities di Chicago: 1,7640 dollari a libbra, assai al di sotto dei prezzi di luglio (2,219 dollari a libbra) quando siccità e parassiti pesavano sui raccolti brasiliani. Gli aumenti, insomma, sono finiti. Ma non nei bar di New York o San Francisco. La tazzina, dopo i ritocchi all’insù nei vari Starbucks, registra anzi nuovi rialzi. Un po’ come la benzina dalle nostre parti: gli aumenti corrono rapidi, i ribassi ci mettono assai di più.
La regola, per la verità, deve fare i conti con gli effetti della crisi economica. Negli Usa, i consumi di Natale vanno meglio di quanto faceva temere l’esito deludente del Black Friday, il tradizionale giorno d’avvio delle vendite natalizie. Sembra un disastro annunciato, al contrario il consuntivo di novembre, vendite on line comprese, chiude con una discreta ripresa. Cambiano, insomma, le abitudini dei consumatori. A danno, purtroppo, delle luci di Natale dei negozi sempre più poveri e disertati dai consumatori che vanno a caccia di sconti sui cataloghi di Amazon, che la merce la tiene in magazzini anonimi nei posti più tristi. E le luci di Manhattan sono assi più flebili.
Nell’Europa, depressa e frustrata, arriva assieme alla deflazione una buona notizia. Quest’anno, segnala il Fao Food Index, che misura l’andamento dei prezzi delle materie prime agricole, il cenone di Natale dovrebbe costare almeno il 5 per cento in meno. Anche la deflazione ha deciso di fare un regalo ai bambini: l’albero sotto cui verranno depositati i doni quest’anno costerà di meno. Merito del calo del petrolio, che alimenta le navi che trasportano i pini dalla Cina, anche in questo caso leader, o più ancora del tracollo del carbone che riscalda le serre del Drago.
Ma il vero risparmio riguarda la tavola. Scendono i prezzi di pollame e carne suina (entrambe il 14 per cento in meno di un anno fa) , soprattutto a causa dell’embargo nei confronti della Russia che ha provocato un surplus di offerta nei mercati del Vecchio Continente. Lo stesso vale per molto verdure: mai così a buon prezzo il tacchino e i contorni di Natale, dalle patate ai cavolini di Bruxelles, avverte l’agenzia delle Nazioni Unite (sensibile ai gusti delle famiglie anglosassoni).
Buone notizie per la torta fatta in casa: la massaia pagherà meno lo zucchero, il burro (addirittura -35 per cento) ed il latte. Anche in questo caso conta l’embargo che ha azzerato le esportazioni verso la Russia. Dulcis in fundo, è il calo pure l’uva passa (-40%) così come il resto della frutta secca.
Una grande festa cui partecipa, però, uno dei re delle feste: il cioccolato, spinto dalla crisi del cacao (colpito al cuore dall’epidemia di Ebola che si è accanita nelle zone dalle piantagioni più ricche). E sono salite le mandorle (più 20 per cento, a causa della siccità in California). Ma, a colpire al cuore i ghiottoni, sarà soprattutto la carestia di nocciole, vittime delle gelate in Turchia. Il cenone sarà meno caro ma, cari golosi, rassegnatevi al caro Nutella.