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Il caso Sangiuliano espone l’Italia al ludibrio del mondo ma l’allineamento di Roma a Orban sull’Ucraina è ancora più grave

Imagoeconomica

L’America si interroga sul suo futuro nel duello tra Donald Trump e Kamala Harris, la Germania fa i conti con il risorgente pericolo neo-nazista, la Francia cerca di chiudere i conti con l’estrema destra di Le Pen formando un governo di sicuro orientamento democratico e l’Italia perde le sue giornate sul pruriginoso caso Sangiuliano-Boccia. Che tristezza. Ovviamente se si accertasse che sono stati spesi soldi pubblici per la signorina Boccia o che dalle sue mani siano passati documenti riservati sulla sicurezza nazionale, Sangiuliano, un vero campione di gaffe, meriterebbe solo una cosa: di essere cacciato dal Governo senza se e senza ma. Poi però finiamola lì e occupiamoci di cose più serie. Per esempio del lento scivolamento della posizione dell’Italia per l’Ucraina sulla linea del primo ministro ungherese Viktor Orban che tutti conoscono come scudiero dello zar russo Vladimir Putin in Europa. Venerdì al workshop di Villa d’Este la premier Giorgia Meloni abbraccerà Zelensky e cercherà di farsi perdonare, ma i fatti sono fatti e le chiacchiere stanno a zero. O l’Italia esce dall’ambiguità e sostiene l’Ucraina anche nell’uso di armi in Russia per difendersi dall’aggressore, come fanno gli Stati Uniti e mezza Europa, oppure la Meloni, che finora aveva mantenuto una linea ineccepibile su Kiev, avrà incrinato ancora di più la reputazione italiana all’estero. Ma per quale ragione? Se l’è chiesto anche il professor Angelo Panebianco in un lucidissimo editoriale sul Corriere della Sera. Perché Meloni ondeggia? Per cinguettare con Salvini, per assecondare la stanchezza e l’ipocrisia dell’opinione pubblica conservatrice o per strizzare l’occhio a Trump e un po’ anche a Putin? Quale che sia la ragione, c’è da vergognarsi, perfino di più del patetico caso Sangiuliano.

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