Amc ha annunciato, nella mattinata americana di giovedì 3 giugno, l’intenzione di vendere 11,55 milioni di azioni per raccogliere liquidità per 722 milioni di dollari. Il denaro dovrebbe servire per investimenti e nuove acquisizioni, oltre che per pagare una parte dei debiti. L’annuncio pubblicato sul sito della Sec è stato accompagnato da un avviso: “Nelle circostanze attuali”, si legge, l’acquisto è consigliato solo a persone “preparate a correre il rischio di perdere, del tutto o in larga parte, i soldi investiti”.
La catena di cinema AMC, che ha guadagnato il 95% e da inizio anno circa il 3000%, al momento perde il 17%, dopo aver annunciato l’intenzione di mettere in vendita oltre 11,5 milioni di azioni. La scorsa settimana, gli investitori con posizioni short sul titolo hanno stimato una perdita di 1,23 miliardi di dollari con un rally oltre il 116%. Ma secondo i dati di S3 Partners, giovedì hanno perso 2,8 miliardi di dollari in una giornata.
“Nelle circostanze attuali l’acquisto è consigliato solo a persone preparate a correre il rischio di perdere, del tutto o in larga parte, i soldi investiti”. Con una pubblicità del genere, direte voi, correrebbe il rischio di un flop perfino Apple. Ma ci vuole ben altro per scoraggiare le “scimmie”, come vengono definiti gli azionisti che, a frotte, hanno contribuito a dar vita alla storia più pazza (per ora) di una pazza stagione dei mercati finanziari ubriacati dalla pioggia di liquidità: la resistibile ascesa di Amc, la più importante catena di cinema del mondo, forte di 950 multisale in Usa ed in Europa ove si proiettano 10.500 film al giorno. Ma la trama più eccitante, in questi giorni, riguarda la sorte della società, protagonista del clamoroso schema Ponzi della storia finanziaria.
Partiamo da un flash back, come in un thriller che si rispetti. Nonostante il warning imposto dalle autorità l’ultimo aumento di capitale è andato a segno nel giro di poche ore: 587,4 milioni di dollari raccolti a tambur battente che vanno ad aggiungersi ad altri 658,7 milioni entrati nelle casse della società. “In tutto – esulta il ceo Adam Aron – fanno oltre 1.246 milioni con cui potremo far fronte agli attacchi e cogliere le opportunità sul mercato”.
Certo, come in ogni battaglia che si rispetti, ci sono delle vittime: le azioni di Amc giovedì hanno perduto il 17% sotto la pressione dei venditori. Ma chi se ne importa? Ai prezzi di giovedì, il titolo Amc vanta un aumento del 3.000% circa da inizio anno, di cui più del 2.000% accumulato nell’ultimo mese.
Mercoledì scorso l’azione ha messo a segno un allungo del 95% in pochi minuti. La ragione? L’annuncio di un regalo a tutti i soci, vecchi e nuovi, purché si iscrivano al club degli azionisti: pop corn gratis per tutti. Al cinema naturalmente. Come se piovesse dal cielo che, nelle pubblicità via twitter, è percorso da un aereo che sorvola lo skyline di Manhattan trascinando lo striscione: “Con Amc, volando fin sulla Luna!”.
Ecco l’ultima frontiera del capitalismo per tutti o, se preferite, l’ultima battaglia dell’America libertaria contro i signori di Wall Street. Dopo lo scontro su Game Stop, i piccoli azionisti radunati attorno alle chat di Reddit, si sono schierati in difesa della catena di cinema destinata a sicura rovina secondo gli hedge fund al fondo di una crisi senza rimedio: aumenta la concorrenza dello streaming, calano gli incassi, tante sale sono destinate a chiudere dopo i danni inferti dalla pandemia. Insomma, una preda da sbranare a suon di vendite allo scoperto, specie dopo che la cinese Dalian, già primo azionista, ha abbandonato la partita.
LEGGI ANCHE: GameStop o game over per gli investimenti finanziari di massa?
Invece no, hanno gridato legioni di azionisti “fai da te”, probabilmente gli stessi che stanno comprando a piene mani le azioni di Blackberry e di Game Stop, altri titoli nel mirino dei gestori hedge. Ma stavolta la sfida presenta alcune novità. anche qualcosa di nuovo, anzi molto di nuovo per più ragioni.
Primo, perché i protagonisti non sono ragazzi di primo pelo cresciuti a pane ed Internet. Il vero eroe della partita è Adam Aron, un signore di 66 anni che guida la società dal 2016 e che vanta alle spalle una carriera di tutto rispetto. Secondo, per le dimensioni: Amc conta ormai 3,2 milioni di azionisti, per lo più soci di fresca data cresciuti quest’anno a mano a mano che il titolo toccava quote da vertigine: oltre 60 dollari contro una stima media degli analisti di 5,11 dollari, peraltro in rapida discesa.
Senza peraltro impressionare più di tanto Aron, 66 anni, vecchia volpe del mercato che alle spalle ha una lunga milizia come ceo dei Philadelphia ’76, il team della Nba che lui risvegliò con un robusto taglio del prezzo dei biglietti e come amministratore del consorzio di Vail, Colorado, in cui si guadagnò la fama di signore dello sci d’America. Etichetta all’apparenza più nobile di quella di “Re delle scimmie”, i day traders che, sottolinea in un tweet, “Sono i padroni di Amc, ed io lavoro per loro”.
Ed è questa la terza novità: il board, stavolta, non è lo spettatore di uno scontro tra Davide e Golia, bensì il nostro Aron è il generale che guida la rivolta contro i gestori, tutti al ribasso, al punto che, caso quasi unico, tra i primi venti azionisti, infatti, non figura un solo fondo di investimento. Un generale astuto, che usa con grande malizia le armi a sua disposizione. “Aron non ha alternative – dice uno dei nemici, il gestore Eric Hadler di Mkm – tenersi stretti gli azionisti che ha e aggiungerne di nuovi”. E così, nel bel mezzo di questa folle ascesa, Amc ha inventato la carta fedeltà per gli azionisti: basta iscriversi al club per ricevere ricchi premi. A partire dal secchio ricolmo di pop corn al cinema, per proseguire con una serie di prime gratis. Poca roba, ma pur sempre qualcosa per un pubblico che di roba “free” ne vede proprio poca.
E’ una strategia folle, così folle che, almeno per ora ha funzionato devastando non solo le casse di diverse firme di Wall Street ma anche gli equilibri degli Etf investiti nell’indice Russell 2000, quello dedicato alle medie e piccole imprese ove figurano sia Amc che Game Stop. Intanto il popolo dei day traders che comunica via Reddit ha riempito di ingiurie e minacce i siti degli analisti più scettici che hanno ricevuto vignette in cui gli esperti, piegati in due, subiscono la legge dello scimmione alle sue spalle.
Aron, certo, non approva certi metodi. Ma tanto per far capire da che parte sta, ha deliberato un lascito di 50 mila dollari alla fondazione “per la difesa dei gorilla di montagna”. Intanto sviluppa il suo piano di battaglia. Gli analisti gli suggeriscono di abbassare i debiti e di chiudere una parte delle sale perché non riuscirà a guadagnare più di 330 mila dollari a cinema (media pre-pandemia) o ad aumentare vendite di bibite e panini (6 dollari a spettatore).
Lui fa l’esatto opposto. Il denaro che affluisce nelle casse del gruppo servirà per nuove acquisizioni. Il suo tallone d’Achille? Quello di ogni schema Ponzi. Prima o poi i soci smetteranno di comprare, anzi venderanno per riscuotere il ricco capital gain. E non sarà possibile far fronte alle richieste Ma, spera Aron, quel momento non è ancora arrivato e forse non arriverà mai se, caso improbabile, la catena diventerà così importante da imporsi alle Majors.
E nel frattempo, in omaggio alla vecchia regola che un grande debitore è più forte di uno piccolo, il manager ha costruito una macchina da guerra che non sarà semplice smontare: un valore di Borsa di circa 29 miliardi di dollari detenuto da 3,2 milioni di soci agguerriti, espressione di quell’anarco-azionismo che comincia a spaventare l’America del Big Business. Vola il Dodgecoin, la moneta virtuale che, a detta del suo estimatore Elon Musk, “altro non è che una truffa”. A fine mese si annuncia l’Ipo di Robin Hood, la piattaforma zero commissioni prediletta dai piccoli speculatori, cioè le scimmie che danzano ai piedi del Gorilla.
Non è spericolato l’investimento, è stata spericolata la mossa degli HF di sfornare 2 miliardi e passa di azioni sintetiche. Arriverà il momento in cui dovranno rimangiarsele e li vi sarà lo short squeeze. Buon appetito.