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Il calvario di Mps: lo scandalo dei derivati, l’uscita di scena di Mussari, i guasti della politica

Il caso Alexandria, con lo scandalo dei derivati messi in campo dal vecchio management del Monte dei Paschi per nascondere le perdite di bilancio degli anni scorsi, travolge la più antica Banca d’Italia e spinge il suo ex presidente, l’avvocato-banchiere Giuseppe Mussari a lasciare anche il vertice dell’Abi con effetto immediato.

La decisione di Mussari è maturata all’improvviso ma i presupposti per una fine rovinosa dell’avvocato calabrese e trapiantato a Siena c’erano tutti.  Dopo un inizio brillante sia in politica, nelle file dei Ds senesi, che nella professione , dove era diventato presidente dell’unione penale di Siena, Mussari ha cominciato a muovere i primi passi della carriera di banchiere diventando prima presidente della potentissima Fondazione Monte dei Paschi e poi presidente della banca stessa. Ed è qui che sono cominciati i guai che hanno finito per travolgerlo. Anche se – questo va detto – Mussari paga probabilmente errori che non sono stati tutti i suoi ma uno sui tutti: quello di essersi circondato da un team manageriale al Monte del tutto inadeguato e soprattutto di un direttore generale come Antonio Vigni, manager locale vicino all’Opus Dei, che è stato il principale responsabile della gestione della banca ma che ha combinato un guaio dietro l’altro tra cui quello, fatale, del contratto Alexandria sui derivati per nascondere le perdite di bilancio.

Le prime ombre su Mussari sono fatalmente derivate dall’acquisizione dell’Antonveneta: sembrava l’ultimo tram possibile per una banca come Mps che non voleva condannarsi a banca puramente regionale ma fu un boomerang, nonostante l’operazione fosse stata approvata anche dalla Banca d’Italia. Antonveneta fu pagata a prezzi stratosferici e fu acquistata senza nemmeno uno straccio di due diligence. L’indagine della procura di Siena che cerca di capire se l’operazione fu accompagnata da un giro di tangenti a politici e intermediari – e nella quale Mussari non risulta indagato – contribuì non poco a indebolire l’immagine del presidente dell’Abi fino a metterne in discussione nell’estate scorsa, una volta lasciati gli incarichi al Monte, anche la sua conferma al vertice dell’Abi stessa.

Va da sé che i pessimi risultati di bilancio del Monte hanno gettato benzina sul fuoco ma anche l’abnorme esposizione della banca in titoli di Stato italiani ha accentuato l’immagine di un istituto allo sbando nel quale Mussari, sempre più distratto dagli impegni romani in Abi, evidentemente non riusciva a controbilanciare la rovinosa gestione di Vigni e della sua squadra.

Il caso Alexandria, che potrebbe avere anche risvolti penali e che può portare ad un’azione di responsabilità dell’attuale Mps contro la vecchia guardia, è la goccia che fa traboccare il vaso. Secondo quanto è stato finora possibile capire il Monte dei Paschi, attraverso il suo direttore generale e il suo direttore finanziario, avrebbe siglato nel 2009 tre contratti in derivati con banche d’affari (Deutsche Bank, JP Morgan e Nomura) per spostare in avanti partite finanziarie in perdita che avrebbero potuto avere un impatto molto negativo sul bilancio della banca. Se ne sono accorti, nella revisione dei conti pregressi, i nuovi manager della banca – Alessandro Profumo e Fabrizio Viola – che già erano stati costretti a ricorrere ai Monti bond per rafforzare la patrimonializzazione dell’istituto.  Nelle prossime ore il cda di Mps vaglierà la situazione e poi affronterà l’assemblea straordinaria ma le dimissioni di Mussari dall’Abi sono lontane dal chiudere il caso e aprono anche la via alla successione al vertice della Confindustria delle banche. Ma questo è forse l’aspetto minore di un caso di mala gestione che è già costato molto al Monte dei Paschi e che dimostra, una volta di più, quanti danni possa la politica fare quando si infila nei sentieri della finanza e della banca.

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