In soli dieci anni il volto del Brasile, il gigante economico che da solo produce la metà del Pil del centro e sudamerica (Messico escluso), è completamente cambiato tanto da proiettare il paese sulla scena globale come un nuovo attore con cui confrontarsi.
“Il Brasile è forse il paese che ha tratto i maggiori benefici da quando è apparsa la sigla BRIC – spiega Rubens Barbosa, ex ambasciatore brasiliano negli Usa e presidente del Consiglio sul commercio estero. L´inclusione del Brasile accanto a Cina, India e Russia ha proiettato il paese verso una posizione che normalmente impiegherebbe anni per essere raggiunta. Su proposta del Brasile, il gruppo è stato istituzionalizzato e si riunisce regolarmente creando un fatto internazionale di rilievo per il peso economico e politico dei quattro paesi, ai quali si è aggiunto adesso il Sudafrica”.
Settima economia del mondo, secondo le previsioni del Fmi, entro la fine dell´anno il Brasile supererà il Regno Unito portandosi al sesto posto nel mondo e puntando diretto alla top five: gli analisti prevedono che entro il 2020 scavalcherà anche Francia e Germania.
Nonostante le enormi diseguaglianze che ancora caratterizzano fortemente la società brasiliana, il gigante economico può contare su fondamenta solide: durante gli anni ´90, il governo di Fernando Cardoso ha rimesso in carreggiata il paese, in ginocchio dopo 21 anni di regime militare e tre decenni di inflazione fuori controllo.
Le politiche economiche del socialdemocratico Cardoso, austerità fiscale, inflazione controllata e tassi variabili, ridiedero fiducia ai mercati, ma soprattutto al paese che nel 2002, con una svolta storica, elesse l´ex sindacalista Inácio Lula da Silva.
Lula implantò una serie di importanti programmi sociali allo scopo di redistribuire la ricchezza nel paese: promesse che l´attuale presidente Dilma Rousseff ha rilanciato annunciando l´obiettivo di sradicare la miseria nei prossimi tre anni di mandato.
Nell´ultima decada intanto, la Bolsa família che fornisce contributi economici alle famiglie in difficoltà, gli aumenti salariali al di sopra dell´inflazione e la forte crescita dell´economia hanno permesso a circa 40 milioni di cittadini di lasciarsi alle spalle la povertà ed entrare a far parte della nuova classe media: attualmente infatti il 50% dei 190 milioni di brasiliani possiede un reddito medio.
Le riserve internazionali inoltre, che raggiungono i 350 miliardi di dollari, mettono il Brasile al riparo dalle crisi globali (il Pil crescerà nel 2011 del 4% circa), mentre gli scambi commerciali sono in continua espansione: la Cina è diventata il principale partner, superando gli Stati Uniti.
Sul piano internazionale il Brasile ha ormai raggiunto lo status di attore principale. Nonostante che la richiesta, avanzata recentemente da Dilma, di diventare membro permanente del Consiglio di Sicurezza dell´Onu, non si sia ancora concretizzata, in pochi anni il Brasile ha aumentato enormemente il proprio peso; già membro del G20, il gigante verdeoro ha recentemente aperto 40 nuove ambasciate in Asia, Africa e America centrale, oltre ad esercitare il suo soft power nelle questioni africane e mediorientali.
Le sfide del futuro però si preannunciano impegnative: l´apparato statale ha bisogno urgente di ammodernamento e il paese si attende le riforme strutturali che ancora ingessano la competitività e snelliscano l´infernale burocrazia: dal fisco alle pensioni, dal lavoro alla politica, senza dimenticare le infrastrutture, la cui carenza è come un cappio al collo per il futuro sviluppo della nazione.